Occhi vuoti d’anima
Occhi che aspettano di essere riempiti
Che esistono in funzione di chi li fissa
Che una volta sono occhi amati
Un’altra occhi desiderati
Ovvero curiosi, divertiti, umiliati, piangenti
Ma sempre e soprattutto vuoti d’anima.
Non mi perderai mai
Non mi libererò mai di te
Non ti tolgo niente
Tutto quello che non dai assassina e strazia
Profezie
Promesse
Maledizioni
Sereno lutto, il silenzio.
Fame di diabetico, il bisogno d’amore, sete di alcolizzato
Gangrena
Non amata imputridisce carne
L’animo si abitua al delirio
Fame_sete, allegre compagne di chi discende nel proprio inferno
Divorano la mente
Popolano la carne
Prevalgono come neve che assidera abbracciando senza la crudele pietà dei sogni
Ribellione è seppellire il proprio cuore.
Moana Pozzi è un VHS sgranato dal ricordo manuale di un adolescente a cui non piaceva il calcio.
E’ stata bella, bella e troia, in un tempo in cui gli uomini potevano essere maiali restando gentiluomini e le donne a cui piaceva il sesso erano ancora puttane.
Ha fatto del suo essere porca un mestiere e ha saputo vivere quel tempo rivendicando il diritto di poter provare piacere nel fare cose che le altre donne potevano fare solo con mariti sovrappeso in letti stanchi di lenzuola che sapevano di sudore, calzini e canottiere Cagi anche d’inverno.
I suoi uomini sono stati giocattoli. Sex toys, non gigolò. C’è una soluzione di continuità fra questi due concetti: il gigolò è un uomo che sa dare piacere mantenendo la sua ars amatoria collegata allo spirito, che ha trovato una donna che gli chiede di essere amata anche se per finta, che gli chiede di essere accompagnata a cena e fatta sentire come ci si può sentire con un uomo che sa essere elegante prima di essere scopata da quello stesso uomo, che non indossa né calzini né canottiera, il toy boy è un uomo che dà il piacere che la donna gli viene chiesto da una donna che si domanda se la sua attrezzatura manterrà le promesse.
Tardelli, Craxi, gli altri uomini con cui si dice che sia stata – ma non lo si sa e non sarebbe da gentiluomini saperlo – hanno provato la terribile angoscia che si prova quando si incontra una donna come lei.
Il sesso fine a se stesso, il sesso che si consuma per piacere, il sesso senza altro che il sesso, il sesso che diventa competizione perché si sa di non essere soli fra quelle gambe, che quelle gambe sono come il cielo stellato: un multiverso che ospita mille uomini contemporaneamente anche se provengono da tempi profondamente diversi, è pura angoscia.
Lascia amarezza, solitudine e rabbia perché un uomo, se è un uomo come Craxi, o come Tardelli, un uomo che ha una vita oltre ciò che separa le gambe dal busto, pretende che la sua vita sia apprezzata insieme alle virtù amatorie, pretende che le sue capacità fisiche diventino una esperienza erotica unica perché la donna che sta amando è capace di sentirle insieme a tutto ciò che quell’uomo ha costruito con la sua vita.
Moana ha saputo separare il cazzo dalla storia individuale dei suoi amanti e non deve essere stato facile per loro sentirsi paragonati a ometti che erano solo giocattoli, ma giocattoli molto più perfetti per Moana di loro, perché a una donna come Moana piace essere portata a cena in un locale elegante, piace leggere un libro impegnato, discutere di musica e ricordare il tempo in cui suonava il clavicembalo ma dopo avere fatto tutto questo torna Moana e cerca il suo piacere.
Lo sa separare dalla sua intelligenza e questo per un uomo intelligente diventa un paragone insostenibile perché mette in dubbio tutto quello che ha saputo costruire, con l’intelligenza e la cultura e non con il pisello.
Moana racconta molto al mondo delle pari opportunità. Dice che non solo gli uomini possono essere maiali restando dei gentiluomini, come quando si ritrovavano nelle case chiuse e le case chiuse assomigliavano al Circolo Canottieri Savoia o allo Yacht Club Italiano perché il pianoforte era suonato da Satie, ma anche che le donne possono essere puttane restando delle signore.
Anche se forse il mondo delle pari inopportunità che ci piacerebbe costruire è un mondo in cui le donne rinunciano a essere puttane e gli uomini non vogliono essere il verro padrone del recinto delle maiale.
Un mondo in cui una donna non è un corpo che dà piacere ma un anima che riempie il corpo mentre riceve piacere da un’altra anima, così lontana finché non diventa così vicina da essere orgasmo, ma non l’orgasmo meccanico di un giocattolo, ma l’orgasmo pneumatico di due psiche che riempiono i corpi – e questo, forse, si potrebbe scrivere solo nel greco antico di quegli intellettuali che avevano rinunciato al genere delle pari opportunità per parlare di corpi e anime, di veneri celesti e veneri pandemie.
Vale la pena ricordare Moana, racconta bene lo spirito di quegli anni in cui l’amore è stato liberato dalla Democrazia Cristiana, ma solo se serve per capire che l’amore di Moana era una cosa terribile, per lei e per gli altri, che le donne come lei sono una maledizione per chi le incontra e per loro stesse che si incontrano ogni giorno e ogni istante.
Moana ha avuto la fortuna di morire giovane, di non conoscere il tempo in cui le donne diventano secche e si asciugano, di non vedere le proprie rughe nascoste da un trucco intelligente ma che rifioriscono come la ruggine che si può lavare ma torna sempre perché il ferro quando è ossidato non è più ferro.
Se fosse stata vecchia, forse, ci piace pensare così, avrebbe fatto sua la filosofia di queste righe: un boudoir non è solo un boudoir, è prima di tutto un talamo e quello che c’è nel boudoir sfiorisce nelle rughe che rifioriscono come la ruggine sotto il trucco sapiente della penombra, mentre ciò che si è costruito nel talamo trova in quelle stesse rughe il calore di una poesia di Yeats.
Ma questo è ottimismo perché – di solito – le donne come Moana non leggono Yeats, non sanno nemmeno chi è.
Le unghie si spezzano se le mani costruiscono qualcosa che non esiste, qualcosa che Penelope disfa mentre tu, il più inutile dei suoi corteggiatori, continui a cercare i suoi sogni e la sua pace.
Non puoi trovare la pace di una donna che ti guarda sognando un uomo in viaggio.
Non sei tu la sua pace, non sei tu i suoi sogni. Tu sei ciò che è casa quando la casa è vuota.
Lo sai, lo sai benissimo e sai anche che il tuo viaggio dovrebbe riprendere, non può essere fatto di parole che offendono l’intelligenza, di risposte che non hanno letto la sostanza del tuo cuore, che lo calpestano senza comprendere, senza che tu meriti di essere compreso.
Non ci sono lacrime negli occhi di Penelope quando Ulisse imbraccia il suo arco. C’è una sorda gioia che segue il percorso delle frecce che ti trafiggono. Tu la vedi quella sorda gioia. Ti trafigge prime delle frecce.
E resti in quella reggia perché il tuo cuore è diventato lo spettro di tutto quello che aveva sognato e indossa le sue catene sperando di non svegliare Penelope mentre dorme accanto al suo Ulisse, senza che tu sia mai stato veramente un suo pensiero.
Penelope è una reggia vuota del suo re
Sono quelle stanze occupate da mille persone
Penelope sa benissimo come si riconosce un re
Un re pone il suo onore nel meritare fiducia. Ha il coraggio di esserci quando si ha bisogno di lui
Un re marinaio sa condurre la sua nave verso il porto, sa che navigare è riportare tutti i marinai che hanno messo la loro vita nelle sue mani alle loro case e lui per ultimo
Ulisse sapeva navigare, aveva il coraggio delle colonne d’Ercole, il coraggio di andare oltre il confine del mare e, soprattutto, di tenere la rotta quando il mare ribolle di sirene che chiedono solo di dimenticare una direzione, abbandonare la bussola, lasciarsi trasportare dalle onde, scomparire
Ulisse sapeva come si tradisce, sapeva usare l’astuzia dell’attesa, trasformare l’intelligenza in un tranello e in un inganno, perché un re vince le guerre, conquista il bottino di sangue che è la schiavitù di chi si è lasciato ingannare, di chi ha voluto l’inganno pur di finire una guerra, la morte per non aspettare la vita che si consuma dentro un assedio
Penelope aspetta il suo re nelle stanze del castello, finisce i suoi occhi al telaio, tesse come se non ci fosse nessun assedio, come se la nave di Ulisse non si incrociasse nel deserto mediterraneo con i lutti di Enea, non naufragasse nella ricerca di acqua, non soccombesse alla sordità dei banchetti di Didone
Si prostituisce all’assenza perché chi occupa la reggia non è un re ma sa offrire lo spazio di una gioia nel vuoto incavo della sua vagina secca di sale e lontane tempeste. Ama quei pretendenti. Di ognuno ama qualcosa. Di tutti ama il destino: morire di freccia, per mano di Re, morire perché la gioia di una regina deve soccombere al ritorno del suo signore
Nemmeno Omero, però, ha scritto cosa hanno fatto Ulisse e Penelope dopo quella strage danzante, dopo quelle frecce che hanno trafitto il cuore di coloro che avevano amato Penelope, di coloro che Penelope non aveva mai amato e ai quali aveva prostituito il suo bisogno di essere sazia e sola, di essere regina e vedova di un niente che sbiadiva il ricordo della sua anima
Non lo ha scritto perché non c’era più niente da raccontare. Perché Ulisse non ha solo trafitto il cuore di chi era colpevole di non essere amato. Perché alla fine Ulisse non poteva restare a Itaca, Itaca non poteva contenere i mari che lui portava dentro
Ulisse non è tornato a Itaca per restarci, è tornato perché aveva bisogno di Penelope per completare il suo viaggio. Per partire verso un dove che non conosce né ritorni né approdi.
Otto Dix sapeva disegnare.
Con coraggio.
Anche le baldracche. Le dipingeva come nature morte. Per raccontare di altro.
Hanno visi che raccontano le baldracche di Otto Dix, perché ci sono molti modi di guardare per una donna.
Lo sguardo che allontana è tipico della donna felice. Passa, semplicemente, attraverso.
Lo sguardo che accetta la conversazione degli occhi che la osservano. Esprime solo curiosità e non aggiunge nulla.
Lo sguardo malizioso che si allontana tornando. Lo si percepisce a distanza, timido ma rapace.
Ma gli sguardi delle baldracche di Otto Dix sono diversi. Sono gli sguardi offesi dalla conquista inutile. Che sanno di essere state di un uomo incapace di proteggere. Sfacciati.
Sbellacciati di rossetto disfatto. Con l’arroganza del trucco pesante alla fine di una notte oltraggiosa.
Questi sguardi sanno di andare verso la morte inghiottendo schiaffi e sperma. Non hanno nessuna confidenza con le mani che – vedendo quello sguardo – perdono ogni rispetto e ogni ritegno. Appartengono a uomini che pretendono con la stessa compassione di un’onda che scopa uno scoglio.
Non era degenerata l’arte di Otto Dix. Era degenerato il mondo che lui vedeva e che non è cambiato per nulla.
Perché il segreto di quegli sguardi non è la lascivia del vuoto. E’ l’eredità del vizio.
Il bello di Dio è il suo messaggio.
Papa Francesco, uno dei pochi viventi di cui non si può parlare male, lo afferma con chiarezza di catechesi e se non si è disposti a lasciarsi trasportare dalla potenza di questo messaggio è meglio farne a meno, è meglio essere atei. Read more →
Tizio al bar con amico.
Chiaramente imbestialito.
–> Mi sono lasciato con la mi' moglie …
–> Ah
–> Una troia …
–> Ah
–> Ci siamo lasciati e sai icché l'ha fatto?
–> …
–> Io gli regalavo sempre della biancheria, sai della biancheria un po' piccante … Insomma, ci siamo capiti?
–> No, ma va bene lo stesso
–> E 'sto budello 'un se la metteva mai
–> Ah
–> Poi ci siamo lasciati … Sono andato a casa quando lei 'un c'era e da i' cassetto della biancheria mancavano le calze che gli avevo regalato, hai capito che maiala?
–> ….
–> Io 'un'ho fatto discorsi, ho preso le forbici e gli ho tagliato tutte le mutande, così la impara vélla sudicia …
Rispondere che se uno vuole la moglie maiala e quella lo accontenta non si dovrebbe lamentare sarebbe stato troppo banale mentre rispondere che se si erano lasciati erano affari di lei sarebbe stato troppo vero.
Spesso il silenzio è semplicemente un modo per risparmiare tempo e fiato.
Tipo, sconosciuto ai più, anche a chi scrive.
Deputato Tory.
Ministro del governo Cameron.
Marito di Tipa, brasiliana avvenente.
Molto più giovane di Tipo.
Scandalone.
Tipa batteva in case di appuntamenti londinesi.
La moglie di un ministro può fare la troia?
Chissà.
Di fatto, lo faceva per una forchetta fra 30 e 70 sterline a seconda del tipo di botta, tre volte la settimana.
La mitezza del corrispettivo pone tre interrogativi:
(i) se lo fa per così poco, lo fa perché le piace
(ii) se lo fa per così poco, è perché Tipo non le passa il necessario per tirare avanti
(iii) se lo fa per così poco, è perché la crisi ha colpito anche la fica.
Interrogativi che possono apparire irrilevanti innanzi ad un'altra questione:
(iv) ma l'avvenente brasiliana prima di incontrare il Tory con le corna che faceva?
E:
(v) se è vero come è vero che per fare il ministro occorre un sangue freddo a prova di terremoto, uno che ha il cuore di rispondere: “That’s a horrible shock… thank you for letting me know” al giornalista che gli dice che la sua moglie è una troia merita di fare il Primo Ministro.
Infine:
(vi) ora che è su tutti i giornali, Tipa potrà aumentare le tariffe? Una cosa è governare una battona qualsiasi, altra la moglie di un membro del governo.