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Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/04/2018

Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide potrebbe essere stato il modo con cui Iacoboni avrebbe potuto evitare le polemiche che invece si sono scatenate quando il giornalista – non accreditato – non è stato ammesso a partecipare ai lavori del convegno organizzato da Casaleggio per discutere di politica con un respiro più ampio rispetto agli eventi di questi giorni.

Non lo ha fatto e non è stato ammesso a partecipare ai lavori: chi chiede di essere ammesso in un luogo privato aperto al pubblico deve dimostrare di essere in possesso del titolo di ammissione.

Detto così sarebbe molto semplice.

In realtà, però, dietro all’esclusione di Iacoboni dai lavori di un convegno in cui un soggetto pubblico, anche se non esplicitamente politico, si preoccupa dei valori che devono essere perseguiti per costruire un futuro condiviso, è di per sé preoccupante perché nasconde il desiderio di scegliere chi ci racconta.

Scegliere chi ci racconta, però, non parla di un free market of ideas, secondo la felice espressione di John Stuart Mill, ma ricorda piuttosto il meraviglioso Aspettando il voto delle bestie selvagge di Kourouma.

Detto così è un po’ più complicato ma ancora abbastanza semplice.

In verità, tuttavia, i giornalisti non sempre rispettano la verità e qualche volta nemmeno la verosimiglianza. Non è sempre facile ottenere la pubblicazione di una notizia o l’ascolto dei lettori. Nemmeno è facile che quello che si vorrebbe dire sia tradotto in maniera imparziale.

Il ruolo del giornalista dovrebbe essere la mediazione fra la complessità di un racconto e l’interesse dell’opinione pubblica a farsi un’idea, talvolta però la nobiltà di questo compito degrada verso il mestiere del promotore di un determinato interesse o di una determinata visione della realtà.

Detto così è definitivamente complicato, un rebus irrisolvibile se non si tiene conto che chi sta raccontando al paese una visione del mondo per ottenerne il consenso, non può negare a nessuno di dire la sua su questa visione del mondo. Ma anche che i giornalisti appartengono a un albo e sarebbe molto bello se questo albo si facesse effettivamente carico del decoro della professione.

Gli albi, però, sono troppo spesso alibi.

Esecrabile: quello che non vorrei avere pensato

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/08/2017

Due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, si appartano su una spiaggia di una nota località balneare.

Di notte.

Vengono trovati da un gruppo di ragazzi meno fortunati di loro e più forti di loro.

Il ragazzo viene picchiato come un animale e lasciato per morte.

La ragazza viene violentata e buttata in mare.

Il gruppo di ragazzi fugge e continua la sua notte di violenza con un lavoratore del sesso che esercita ai margini di una strada.

Di tutto questo, ciò che è esecrabile non è solo la bestiale violenza del branco che si muoveva la notte di qualche giorno fa in quella località balneare.

La violenza ha sempre delle giustificazioni, sociali, economiche, culturali.

Un uomo diventa un animale perché è un animale e basta poco a farglielo ricordare.

Ciò che è esecrabile sono io.

Io che ho pensato che se due ragazzi si appartano al buio su una spiaggia di notte, può succedere di tutto.

Come se vivessimo in un fumetto di Dylan Dog che passa a trovare Dampyr.

Questo è esecrabile e davvero inaccettabile.

Nessuno può pensare che non si può vivere un chiar di luna sul mare perché è normale che ci siano degli licantropi che si aggirano di notte.

Né a Rimini, né a Saint Tropez, e nemmeno a Dover.

 

Il giorno dopo il giorno della memoria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/01/2014

Auschwitz-children_MEGA

Dolci le mani che accarezzavano quella testa di bambino in una antica foto

Mani di sconosciuta e memoria di madre

Tenacia di foglie all’ultimo inverno nella lana di un passamontagna

Niente di tutto questo chi mi è stato caro ha mai voluto ricordare

Arrossendo di cose oscene ogni volta che altri – non chi gli era familiare – lo induceva a quei mai lontani giorni.

Stupore di presepio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/12/2013

IMG_5243

E’ un istante.

Un istante di fretta terribile e inutile.

Un istante vissuto nella coda dell’occhio.

Lungo come un’agonia.

Lieve come l’agonia di un santo bevitore.

Quello in cui si apre il sipario della strada, del freddo, della polvere di stelle macinata nell’asfalto, su di una vetrina.

Una vetrina di cartoleria, squallida come negli anni cinquanta.

Con dei presepi, in perfetto e adeguato tono.

Ma soprattutto un bambino, a tre passi di distanza, che lo guarda.

Con l’aria di cercare un mestiere nuovo, una figura mancante, un gioco di luci.

Lo stupore di presepio che illumina il deserto di una giornata.

Il disoccupato manda in paradiso

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/04/2013

Un disgraziato non molto informato spara a due carabinieri davanti a Palazzo Chigi mentre il nuovo governo giura al Quirinale.

Reazioni inconvulse e non troppi interrogativi, non troppe domande ragionevoli e quiete, non quelle di Sherlock Holmes che combatte il terribile Moriarty, piuttosto il genere che fa Nonna Papera quando non trova la torta di mele che ha lasciato a raffreddare sul davanzale.

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Crisi di identità

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/03/2013

Mercoledì, sei ore di lezione.

Ovviamente di cose diverse.

All’inizio della giornata, ci si chiede se sia spostato l’asse terrestre e se siamo finiti in Scozia. Sono dieci giorni che non smette di piovere.

Alla fine della giornata, quando si è salutati con un Buonasera Professore, ci si guarda alle spalle per vedere se c’è qualcuno, perché non si sa più chi siamo.

Bicetre senza campane

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
08/03/2013

Nessuna campana in questa Bicetre
Sospirati silenzi di linoleum disciolti in soluzione di solitudine
Odori senz’arance e collant in tronchetti senza gambe sfatte, disfatte, mai viste, mai nate forse.
Parole fatte di nulla e sete di tabacco biondo nel livellare d’un tuaccio che copre camerati a se ognuno ignoti.
Resta un sorso di azzurro in quegli occhi. Amalgamato come piombo nell’opera al nero.

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La giustizia nella rete

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/01/2013

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Giornata di divano.

In un corridoio di giustizia.
Urla e strepiti.

Provengono da stivali metallici, che si innalzano su calze a rete, sciatte di smagliature larghe come scannafossi, e terminano su uno spacco che potrebbe essere vertiginoso se non odorasse di macelleria. Non troppo fresca. Il resto è coperto dalla voce di gallaccio travestito.

È accaduto che un anziano avvocato avesse bussato ad una porta senza averne titolo ed avesse osato chiedere ad una giudice vestita come chi rientra dal lavoro al mattino presto quello che avrebbe dovuto chiedere a chi riempie la cancelleria dell’aria di non aver lavorato mai.

Tremenda l’offesa.
Tremende le urla.

Divertito il capannello che si forma senza avvicinarsi di un passo.

Triste l’anziano che ascolta tutto quello che gli viene detto.
China la testa nel più cerimonioso degli inchini che anni di salamelecchi gli hanno insegnato.

Non un inchino alla giustizia che è dovuto.
Ma alle sue calze smagliate.

Chi li ha sciolti (Le rughe di una faccia a culo)?

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/10/2011

1217510453653_fTizia, che non ha mai brillato né per intelligenza né per senso dell'umorismo.
Invecchia.
Come tutti.
Peggio di altri.
Si rivolge agli amici, se così si possono dire.
–> Sono stata dal dottore … Ho chiesto qualcosa contro le rughe … Qualcosa per lasciare la mia faccia come è adesso … Una bella faccia insomma …
[Silenzio significativo]
–> Mi ha consigliato la preparazione H … Funziona benissimo … la metto tutte le sere …
[Silenzio evocativo]
Possibile che tu non abbia capito che ti ha dato della faccia di culo?
Il pensiero collettivo che una pietas generalizzata ha impedito di esprimere.

Riprende (Tempo e tempi)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/08/2011

IMG_1078
Ricomincia a scorrere.
Lento di ticchettante monotonia.
Dopo essere stato, per trenta lunghi giorni, il sentiero del sole nella scia di una vela.

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