Il terapista
Stamani, come tutte le settimane sono andato dal medico della mia schiena.
E’ una schiena strana che ha bisogno di cure e di affetto, perché vuole diventare una canna di bamboo.
All’inizio questa cosa mi ha molto disturbato.
Poi ho capito che potevo sfruttarla.
E’ comodo poter dire ho mal di schiena e tagliare ogni discorso.
Soprattutto, è educativo, nel senso che educa lo spirito, essere costretto a fare ginnastica tutti i giorni, a prestare attenzione al mio corpo, a ascoltare i suoi messaggi.
Mi accompagna in questo viaggio interiore, in questo pellegrinaggio, il terapeuta.
Il terapeuta ha circa cinquanta anni.
Inizia a lavorare alle sei del mattino.
Siamo lentamente diventati amici.
Così sono diventato amico della sua sala di attesa.
I visi di una sala di attesa parlano continuamente.
Siamo quasi tutti malati cronici.
Ed ognuno reagisce in maniera diversa.
Tipicamente mi siedo con il computer in grembo e cerco di programmare la giornata di Ical.
Nel frattempo, osservo al di sopra dello schermo.
Lo schermo come una linea di ombra che mi separa dagli altri.
Stamane c’era una coppia che doveva decidere la terapia.
Nervosismo.
Tensione.
Sudore.
La malattia che non è ancora diventata una dolce compagna di viaggio.
Un modo per scoprire la propria capacità di vivere.
Mi hanno ricordato i primi giorni del mio male.
Quando ho scoperto che non si poteva curare e non lo accettavo.
Ho bruciato un amore su questa sensazione fredda di impotenza.
Non potevo amare se non ero capace di guarire.
Ho costruito – poi – due figlie sulla capacità di sopravvivere ad un dolore sordo e costante.
E ne sono felice.