Chi li ha sciolti? (Toto)
Toto Cotugno non è solo il cantante anni ottanta che si sta rifacendo una verginità nei paesi dell’est.
E’ anche il giovane di bottega di un barbiere di lusso del centro storico di Firenze.
Un giovane barese di cinquantacinque anni.
Assolutamente convinto di essere identico a Toto Cotugno.
Anzi di essere il vero Toto Cotugno.
Peccato si chiami in un altro modo.
In ogni caso, porta un parrucchino con appiccicata la chioma del suo idolo.
Indossa improbabili camicie a righe, di una stoffa modellata sulla tappezzeria di una professoressa di inglese arrivata zitella alla soglia dei novanta anni.
Aperte su un petto, dove, fra i peli, si affaccia un crocefisso a forma di ancora con catenaria da petroliera.
Le gambette affustate dentro a dei pantaloni di pelle, anche d’agosto, incredibilmente rigonfi laddove è opportuno.
Alla sera frequenta un night, sulle colline, dove verso la chiusura gli permettono di cantare e lui dice di accettare per filantropia, ma gli avventori non sono d’accordo.
D’estate, c’è sempre qualche festa dell’unità, del volontariato o di rifondazione che lo ospita, sgangherato, e, in questo caso, gli avventori criticano la sua arte in maniera molto più palese.
Al mattino, lo si vede davanti al Chiosco degli Sportivi che guarda il cartellone con le corse dei cavalli, di cui è un notevole esperto, discetta di handicap e stacco, trotto e galoppo, segna numeri e numeri su un taccuino che porta sempre con sé, in una calligrafia infantile ed incerta, finché non si gioca l’intero stipendio.
Ecco, uno così è contento.
Sorride sempre.
Anche se ha tre figli di cui non sa nulla da più di venti anni.
Anche se si accompagna ad una donna che non disdegna di proclamare – pubblicamente ed a voce alta – la sua inutilità, quando alla sera lo recupera dalla sala corse e se lo riporta a casa in un tornado di improperi e pedate che non gli lasciano nemmeno toccare terra.