Tombolino
Tombolino giocava a rugby.
Era tarchiato.
Tozzo.
Grosso.
Una cassettiera cresciuta male.
Portava i capelli lunghi, fluenti, quasi femminili.
Aveva una faccia da bambino.
Faceva il tallonatore.
Il suo ruolo era in mezzo alla mischia, esattamente al centro di sedici energumeni che spingevano.
Le mischie hanno un momento magico: l’inserimento della palla.
In quel momento, tutti spingono ed il tallonatore lancia la gamba in avanti cercando di artigliare l’ovale.
Tombolino stava per fare il suo dovere.
Ma non ci riuscì.
Urlò: Ohioi Ohioi Mi sento malissimo
E lasciò partire una terrificante scarica di mal di corpo.
Tombolino riempì tutti con una inondazione marrone e fetida.
La mischia si sciolse in un istante.
Fra le risate degli avversari e gli sguardi opachi dei compagni di squadra, Tombolino guadagnò lo spogliatoio.
La partita finì con un risultato che è difficile da ricordare.
Si ricordano tutti invece che Tombolino fu rincorso per tutto lo spogliatoio.
Afferrato e tappato con una bottiglia di bagno schiuma Vidal.
Nessuno lo ha più visto.
Anche se tutti sanno che fa il commesso in un negozio di sport.
Ma quella – per una pietosa convenzione – è un’altra persona.