Anonimi Avatar
L’on. Carlucci ha presentato un disegno di legge sull’uso anonimo della rete.
E’ un disegno di legge interessante.
Sotto molto profili.
Il punto di partenza è carino: "Se è vero che, quando ci si trova in una situazione in cui vi è un divario tra le forze in campo, la libertà rende schiavi e le leggi rendono liberi, non possiamo rinunciare al tentativo di porre in essere un argine alle troppe storture che la totale anarchia della rete internet sta rendendo sempre più pervicaci e invasive."
La retorica è roboante.
Anche se per considerare le leggi come strumenti di libertà occorrono una serie di precisazioni molto kelseniane e piuttosto complicate. Di per sé le leggi non sono strumenti di libertà, sono esattamente la stessa cosa delle catene che legavano i prigionieri sulle galere della Repubblica genovese e su cui era inciso Libertas.
Sono strumenti di libertà perché consentono di rinunciare in condizioni di eguaglianza alla propria libertà e perciò di remare uniformemente nella stessa direzione.
Il concetto della proposta di legge è di per sé molto discutibile.
Con la sua proposta, l’on. Carlucci mira a evitare l’anonimato in rete: nessuno potrebbe più comparire con un secco avatar, ma ciascuno dovrebbe declinare le proprie generalità.
L’obbligo è posto a carico degli operatori della società della informazione.
Ed è esattamente il contrario di quanto previsto dalla direttiva comunitaria 31/2000/CE.
Che prevede che gli operatori non possono e non devono prendere coscienza dei dati che trasmettono.
La battaglia sull’anonimato della rete è una battaglia esclusivamente retorica.
Il mio computer è connesso alla rete con un indirizzo IP e questo indirizzo è registrato nei log con cui sto dialogando: se uso la rete per commettere un reato, sono perfettamente rintracciabile dagli organi di polizia.
Il problema dell’anonimato in rete è un problema di libertà di espressione ma soprattutto di libertà di riunione e di associazione.
Il social networking funziona perché si è avatar.
O meglio una delle dimensioni del social networking funziona perché si è avatar.
Lontani da second life, ma anche dalla necessità di mantenere le convenzioni sociali di face book.
Anche questo è un modello di sviluppo della personalità che merita un minimo di tutela.
La proposta della Carlucci, punto nuova a gaffe, è, sotto questo aspetto, pervasa di mistica ignoranza.
La stessa mistica ignoranza dell’uomo primitivo che nel Più grande uomo scimmia del pleistocene si rifiuta di scendere dagli alberi.
Soprattutto, appare un fuor d’opera clamoroso, come osserva l’acuto Travis di Controradio: se si deve proibire internet perché è uno strumento con cui si commettono i delitti, a questo punto, con quello che si sente è molto più opportuno proibire i telefonini.