Uno studio a Palazzo Giustiniani
E’ il modo, non molto elegante, con cui Napolitano ha invitato Monti a non prendere parte alla competizione politica di febbraio.
Il prof. Monti è senatore a vita (lo è perché il sottoscritto lo ha nominato tale consentendogli di assumere la presidenza del Consiglio dei Ministri) e, nel suo studio di Palazzo Giustiniani, potrà ricevere chiunque abbia bisogno dei suoi consigli per il bene del paese, ovvero deve mantenere un ruolo super partes e prendere posizione negli affari politici solo dopo lo svolgimento delle elezioni.
L’impostazione del Capo dello Stato, o meglio del Presidente della Repubblica parlamentare, come è stato felicemente descritto, ha come proprio fondamento una idea forte: vi sono le istituzioni della rappresentanza e vi sono le istituzioni che possono fare a meno della rappresentanza e non è moralmente condivisibile utilizzare il plusvalore di legittimazione che deriva ad una istituzione della rappresentanza dall’essere stata designata al di fuori del circuito della rappresentanza per partecipare ad una competizione elettorale.
Può essere un ragionamento eticamente condivisibile: se ho ricevuto un dono, devo rispettare la volontà del donante nel momento in cui ne faccio uso. Le fiabe russe raccolte da Puskin e illustrate da Kandinsky si basano spesso su questa morale, basta pensare al pesciolino d’oro.
Senz’altro, non è un ragionamento corretto sul piano delle forme costituzionali. Un senatore a vita non è politicamente irresponsabile, è un senatore esattamente come gli altri e come tale partecipa alla formazione dell’indirizzo politico per come lo stesso si costruisce nelle aule di Palazzo Madama. Se così non fosse, non avrebbe senso la sua designazione a capo del governo.
Nello stesso tempo, sul piano delle forme costituzionali, collegare un senatore a vita alla volontà di chi lo ha nominato significherebbe violare più che la libertà del senatore, la stessa autonomia costituzionale del Senato che si trova in un rapporto di mutua implicazione con i principi del libero mandato parlamentare.
Napolitano nominando Monti senatore a vita e successivamente indicandolo come presidente del consiglio dei ministri ha compiuto due atti diversi dal punto di vista della Costituzione ed il secondo atto non può essere condizionato, se non dal punto di vista “morale”, al primo. Nel tentativo di condizionare il secondo atto con il primo, si inserisce una interferenza del Capo dello Stato nella formazione dell’indirizzo politico che ne determina una torsione incompatibile con la sua irresponsabilità politica ribadita dalla Corte costituzionale.
Tuttavia D’Alema sul corsera di ieri ha in una certa misura interpretato autenticamente il pensiero del Capo dello Stato: non riesco a capire come una persona al disopra delle parti, sino al punto di accettare la nomina a senatore a vita prima ancora di andare a Palazzo Chigi, possa diventare la bandiera di una precisa forza politica … Noi non siamo contro Monti, ma vogliamo andare oltre questa esperienza puntando su giustizia sociale e crescita.
Il punto di vista di D’Alema è molto pratico: se Berlusconi corre con il centrodestra, il centrosinistra può non avere una strada particolarmente complicata da percorrere, malgrado gli errori compiuti. Al contrario se il centrodestra corre con Monti, la strada del centrosinistra può diventare molto complessa, perché le forze di tutti coloro che sono costretti a votare a centrosinistra dalla presenza di Berlusconi si possono concentrare su Monti ed il centrosinistra di Bersani, che è molto diverso da quello di Renzi, non riesce a parlare a questa porzione di elettorato, che, forse, non è la peggiore. Di conseguenza, D’Alema ragiona in una chiave meramente elettorale.
La verità, politica, non morale o costituzionale, è che Bersani, esattamente nella stessa misura di Berlusconi, non ha le parole per parlare ad un elettorato stanco di bizantinismi (esemplari i giochi di parole con cui si cerca di spiegare perché Vendola e Tabacci possono far parte di uno stesso schieramento politico).
La Repubblica del democracy crunch è molto diversa dalla idea di democrazia che il presidente del Copasir sembra continuare ad accarezzare.
E’ una Repubblica molto più vicina all’Unione europea che non a Porta a porta e questo Monti lo sa interpretare perfettamente. Al contrario di Vendola, D’Alema, De Magistris e compagnia cantante.
L’Unione europea ha avuto la forza di fornire un endorsement formidabile a Monti, molto più forte dei richiami di Napolitano su Palazzo Giustiniani o di quelli di Berlusconi per Palazzo Grazioli.
Su questo endorsement, Napolitano può fare pochissimo ed il centrosinistra può solo ricordare che se Monti scende in campo, questa è una conseguenza del fatto che i grandi elettori, quelli che stanno in Europa, che non hanno il certificato elettorale ma che pesano molto di più che se l’avessero perché sottoscrivono i titoli del tesoro per il tramite del fondo di stabilità, non credono che Bersani possa battere Berlusconi e questo dipende solo dalla scelta di Bersani come leader di una coalizione di cui è impossibile vedere un programma credibile, esattamente come è impossibile offrire lo stesso menù ad un maratoneta il giorno prima della corsa di New York e ad un vegano convinto della fine del mondo.