Uno per uno non fa sessantasette
Grillo, fra una passeggiata al mare ed un caffè al bar sotto il mare, ha spiegato che chi intende cambiare casacca, nel suo schieramento, deve tornare a casa.
E’ un’affermazione forte.
Nella sostanza, il trasformismo dei franchi tiratori ha sempre fatto parte della storia repubblicana e prima ancora di quella di Palazzo Carignano.
Il trasformismo ha una solida base costituzionale nell’art. 67, per il quale ciascun parlamentare rappresenta l’intera nazione senza vincolo di mandato.
Il divieto di mandato imperativo è coerente con un sistema elettorale in cui il singolo parlamentare è eletto dal popolo, sicché il rapporto di rappresentanza riguarda direttamente il deputato (o il senatore) ed i suoi elettori e non può essere oggetto di interferenza da parte del partito che lo ha eletto.
E’ molto meno coerente con un sistema a liste bloccate, in cui il mandato imperativo è strettamente inerente allo stesso meccanismo di scelta del parlamentare, affidato alla segreteria del partito o del comitato elettorale che ha organizzato la lista.
Non appare casuale che nella logica di Hans Kelsen il sistema delle liste bloccate stava assieme alla possibilità di recall del parlamentare che tradisse il mandato elettorale come interpretato dal partito nelle cui file era stato eletto.
Eppure nel modello di Grillo i parlamentari sono stati selezionati attraverso una selezione popolare (le parlamenarie): vi è stato un popolo che ha partecipato alla selezione dei candidati.
Se è così, vi è una sorta di legame diretto fra eletti ed elettori che non si presta ad essere mediato ed interpretato dal movimento.
Soprattutto, se è così, questo legame non si presta ad essere oggetto di giudizio da parte di un leader che pretende, in questo modo, di essere il fedele custode della volontà popolare.
Ovvero una cosa la cui eco non può non far tremare le vene ai polsi perché assomiglia parecchio al ruolo che Mussolini svolgeva in Gran Consiglio quando si preparava il listone…