Genni la carogna si chiama Gennaro (E Renzi non si chiama Pelloux)
Genni la carogna si chiama Gennaro e Gennaro fa molta meno figura e meno rumore di Genni la carogna sicché può essere giusto chiamarlo Gennaro, sia per rispetto ai suoi genitori che hanno scelto questo nome, sia perché le leggende fanno parte del ciclo dei Nibelunghi o del Far West, non del tifo, che pure sarebbe una malattia diffusa dai pidocchi e non un atteggiamento di amore e passione per una squadra di calcio, anche se a ben vedere un po’ di affinità ci sono.
Un tipo con la faccia di chi è sceso da un albero non fra i primi e i capelli di un irochese nei dintorni di Fort Wheeling, il capitano del Napoli: Marek Hamsik, lo ha informato della salute di alcuni appassionati seguaci della sua stessa squadra, curandone l’apprensione, alla presenza di due signori in bomber e capelli corti e di uno in giacca e cravatta: i responsabili della sicurezza pubblica all’interno dello stadio. Se le cose si chiamano per il loro nome, si ha che i responsabili dell’ordine pubblico generale (lo Stato) hanno parlamentato con il responsabile di un ordine pubblico particolare (la camorra, dice Saviano; la curva intesa come tifoserie organizzate, sembra di poter dire osservando le foto senza un eccessivo timore di essere smentiti) intorno allo svolgimento di una partita di calcio, qualcosa che sul piano dei valori collegati al principio di legalità si avvicina alla trattativa Stato – mafia.
Il Presidente del Consiglio annuncia misure straordinarie dinanzi a una opinione pubblica indignata: il clima è di fuoco e i decreti legge (o le ordinanze del Presidente del Consiglio) sembrano gli idranti in grado di superare una emergenza. Non è così se le cose si chiamano con il loro nome. Dal punto di vista della Costituzione, le partite di calcio sono riunioni in luoghi aperti al pubblico e i cortei di “tifosi” che si avvicinano allo stadio sono riunioni in luoghi pubblici. Per entrambi, vale un limite: si devono svolgere pacificamente e senza armi. Forse non sono necessarie misure straordinarie, forse è sufficiente il richiamo all’art. 17 della Costituzione e le misure straordinarie hanno il brutto di farlo dimenticare, fanno pensare che se non ci fosse qualcosa che assomiglia alla dichiarazione di stato di assedio l’ordinamento giuridico generale non sarebbe in grado di assicurare lo svolgimento normalmente pacifico e normalmente senza armi di una partita di calcio.
Ritorna in mente un’antica cassazione romana in occasione delle cinque giornate di Milano, la sentenza del 20 febbraio 1900: il Governo non può ricorrere a misure eccezionali quando l’ordinamento giuridico generale regola già la fattispecie ed è di normalità che il nostro ordinamento ha bisogno, non di una eccezionalità che suona di giustificazione e di scusa.
Se si chiamano le cose con il loro nome, si entra in una dimensione diversa, una dimensione fatta di responsabilità, una dimensione in cui Genni si chiama Gennaro perché i suoi genitori lo hanno chiamato così e non si cambia l’anagrafe, nemmeno se ci si scrive un nome diverso sul gomito, magari usando i caratteri gotici.