Superciuk vive ancora (fra via Edda Fagni e il Morosini)
In questi giorni, è apparsa sulla stampa la notizia che lo Yacht di Putin sarebbe ormeggiato a Livorno per dei lavori di manutenzione presso il cantiere Azimut Benetti.
E’ subito uscita una smentita dell’ing. Poerio, amministratore delegato di Azimut Benetti: “La riservatezza con cui dialoghiamo con gli Armatori è fondamentale nel nostro settore per garantire continuità di attività. Il Cantiere è da sempre aperto a tutte le testate giornalistiche per fornire le informazioni disponibili. Ci auguriamo pertanto che in futuro, prima di pubblicare presunte informazioni circa i nostri Armatori, la stampa abbia piacere a confrontarsi preventivamente con noi al fine di evitare spiacevoli incomprensioni”.
C’è qualcosa di turpe e di osceno nello yacht di Putin, tanto che appartenga a Putin, a una sua società o a un soggetto comunque ricollegabile al Presidente russo, e nell’attività di realizzazione e manutenzione dello stesso. Putin non è una persona qualunque: incarna una precisa ideologia del potere e delle masse che è strettamente connessa alla Russia sovietica e a un certo modo di interpretare il marxismo. In questa ideologia, la tirannia è uno strumento inevitabile perché la democrazia non è possibile a causa dell’incapacità sociale e culturale del popolo di reggere le proprie redini attraverso l’espressione di un voto consapevole. Il problema di questo modello è che chi si arroga il potere della tirannia non è detto che sia molto meglio di chi viene giudicato incapace di pensare al proprio destino.
Non è molto diversa la posizione del Cantiere sul futuro del Porto Mediceo: ce ne occupiamo noi, perché voi – i livornesi, quel popolo che è orgoglioso di dire che Livorno è dei livornesi e che non è nelle corde di un livornese fare il cameriere a nessuno – non ne siete capaci. E’ il frutto di quella stessa arroganza economica che diventa disprezzo intellettuale ed esercizio del potere in maniera unilaterale perché incapace di dialettica e sintesi.
Livorno non è dei livornesi nel momento in cui accoglie lo yacht di Putin, non è della dignità dei livornesi vivere dei soldi di Putin. Sono soldi guadagnati male, attraverso l’esercizio di un potere autoritario e che hanno tutto l’odore del modo in cui sono stati guadagnati. Sono soldi molto diversi dai rubli che venivano stampati in nome di una rivoluzione che ha fatto sognare e dannare: appartengono a un capitalismo arrogante e sfrenato, per noi difficile da immaginare.
Si tratta, in fondo, di una metafora che spiega molto dell’anima del Cantiere, di come si è evoluta ed è cambiata: era l’anima operaia della città, ne è divenuta la caricatura capitalista, esattamente come Putin, per quanto si voglia dire, non sarà mai la stessa cosa di un miliardario occidentale, non assomiglierà mai a un Felix Krull letto da Thomas Mann ma sarà sempre dannatamente vicino al Limonov di Carrere, lo scrittore figlio di Hélène Carrère d’Encausse che più di molti ha saputo leggere le cause della crisi russa e i suoi scenari evolutivi, di cui mostra tutte le contraddizioni come se fossero tatuaggi siberiani.
Fa, insomma, un pochino specie leggere che si è contenti di ospitare lo yacht che la stampa attribuisce a Putin, che non è molto lontano dal vergognarsi della propria storia, dallo scambiarla in una nuova moneta, dallo sciogliersi in un qualunquismo che non fa onore a nessuno.
Ma la cosa più interessante è che se tutti hanno visto lo yacht, nel senso che lo hanno visto più o meno tutti quelli che facevano il Tan e che non molti si sono lasciati scappare il Tirreno del 1 maggio dove le immagini dell’imbarcazione sovrastavano lo sciopero della fame di un dipendente pubblico divenuto inutile, nessuno ha visto Putin, perché, come dice l’ing. Poerio, per il proprietario di una imbarcazione con queste caratteristiche la discrezione è essenziale, la cosa più preziosa del mare è la solitaria riservatezza che le onde garantiscono.
Le barche degli sceicchi non scendono a terra, non comprano la pizza in via Grande e non si fermano nemmeno per cena alla Barcarola.
Restano ferme, isolate e nascoste e isolate e nascoste comprano la dignità di una città la cui storia potrebbe insegnare molto a politici e capitani di industria.
La barca attribuita a Putin consente anche un’altra osservazione: il Porto Mediceo si dice che dovrebbe servire per ospitare le barche degli sceicchi. La barca di Putin non è stata ormeggiata al Porto Mediceo, bensì al Morosini, che è molto più adatto per operazioni riservate come questa, perché è interno al Cantiere e nessuno può vedere chi era in una berlina dai vetri oscurati che entra nel Cantiere e raggiunge il Morosini, mentre se la stessa vettura arriva al Porto Mediceo, il Cavallini non tarda ad avvistarla e rende pubblico l’evento per l’intera città e, probabilmente, oltre.
Tutto questo conferma che il Porto Mediceo non serve per gli sceicchi, serve per le barche che ci sono già, serve per far pagare a queste barche tutto il possibile.
Con una logica molto simile a quella di Superciuk, perché i soldi che verseremo al gestore del Porto Mediceo targato Azimut Benetti torneranno alla Azimut Benetti e saranno investiti dalla Azimut Benetti per la costruzione dei Giga Yachts: i raccoglitori di cozze pagano la barca a Putin e, in questo si può dire, che Vitelli e Poerio hanno superato Max Bunker e Magnus…