Privilegi di tramonti
La osservo.
Come si guarda un tramonto quando si è consapevoli della sua eternità.
Bella, come un santo greco. Come la Madonna in un affresco di Andrea Del Sarto rimasto a riposare nell’abbandono quieto della clausura.
La gamba, la gamba destra non batte pari, poggia male. Odora di tumore. Profuma del sapore dell’acqua quando la notte porta l’alluvione e la città dorme prima di affogare.
Niente che ancora si vede, solo l’idea di un presagio.
Il privilegio del tramonto.
Perché non tutti i tramonti si assomigliano. Hanno anime diverse. Sono diversi modi in cui il sorriso stupefatto dell’alba diventa dolorosa nostalgia.
Ci sono tramonti che si esauriscono in una linea d’ombra, netti, precisi come bisturi. Di qui, la vita e di là, la morte. Così la morte quando ha la generosità del brigante.
Altre volte, il tramonto è il primo sole dopo la pioggia e profuma di arcobaleni. Ha il sapore della dolcezza di chi abbraccia dopo aver temuto di non poter più salutare quel sorriso lieve che sta svanendo accanto al comodino.
Ma più tristi di tutti sono i tramonti dei giorni di nebbia e pioggia. Quando il sole non ha nessuna nostalgia perché non ha mai visto il suo stupore. I tramonti di Brest e delle correnti che portano gli affogati prima di nascere.