Lettera aperta al sindaco (da santa Maria Nuova)
Caro Dario,
Mi dispiace scriverti dal pronto soccorso e tramite un giornale invece che per mail o per SMS come si conviene a due amici.
Lo faccio perché sono un pò arrabbiato.
Sono arrabbiato con me stesso.
Passo tutti i giorni da piazza San Marco e non mi capita spesso di cadere.
Oggi sono cascato.
Come un cretino.
Sono cascato perché una buca ha afferato la mia ruota anteriore e mi ha portato in terra come un annegato della Medusa.
Adesso ho la testa rotta, un dito quasi troncato e un’unghia rimasta fra pietra e pietra.
Ho rotto il cellulare, storto la forca a una bici che amo eccetera.
Soprattutto, però, ho dovuto guardare mia figlia Livia, che era con me, piangere e disperarsi perché ero un lago di sangue legato ad un’ambulanza.
Questa settimana sono stato il secondo, mi ha detto il funzionario del Rettorato che con molta compassione mi ha raccolto ed aiutato.
Cosa c’entra il sindaco con le buche?
Non lo so.
Ma so che adesso sono contento che sono caduto io e non Livia, ma so che Livia non vuole più salire in bicicletta perché se sono cascato io, allora secondo lei, puó cadere chiunque.
Ed è vero, in Piazza San Marco, così come è può cadere anche un ciclista professionista dei mondiali che con tanto orgoglio hai organizzato.
Ecco, Dario, non è questo il mondo che vogliamo, il mondo di cui tu ed io abbiamo anche parlato tante volte.
Noi non vogliamo un mondo in cui la pigrizia delle strade impedisce di andare in bicicletta.
E tu, anche su questo, puoi fare qualcosa perché se cade un babbo poco male, si rialza, ma se quando cade lo vede suo figlio è un problema.
Un abbraccio con l’affetto e la consuetudine di sempre.