Il referendum costituzionale e il voto di Crisafulli
Le ragioni del SI stanno anche in chi dice NO chiamando i morti al voto
Gli ultimi giorni della campagna sul referendum costituzionale sono incandescenti.
Tutti hanno bisogno dell’ultimo voto, lo cacciano, lo cercano e lo stimolano.
Gli argomenti del SI sono più o meno i soliti: le ragioni che giustificano il superamento del bicameralismo paritario e quelle a favore di una diversa distribuzione delle attribuzioni fra Stato e regioni. Si può essere a favore o contro, ma sono argomenti che hanno qualche giustificazione sul piano teorico e di politica costituzionale.
Gli argomenti del NO si fanno sempre più ruggenti (e sfuggenti).
L’uno grida che questa riforma deve essere bocciata perché lo dice il buon senso, che è un argomento molto forte sul piano giuridico: lo dico perché lo dico io e se lo dico io vuol dire che ho ragione.
L’altro tuona che il suo maestro (defunto da tempo, da talmente tanto tempo che fra poco torna in qua, come si dice nelle campagne) non avrebbe mai votato questa riforma. Come se avessimo la possibilità di sapere che cosa farebbero i morti se fossero ancora vivi a parte suicidarsi.
L’ultimo di questa breve rassegna di opinioni effettivamente pronunciate da giuristi insigni coinvolti (stravolti?) dalla campagna referendaria piange perché il SI sarebbe incostituzionale, quasi fosse pacifico che le norme della Costituzione in vigore possono rendere incostituzionale la loro riforma, affermazione complessa sul piano della logica e molto difficile da argomentare nel caso di specie dove il principio che viene evocato è talmente supremo da essere evanescente sul piano normativo.
Il superamento del bicameralismo non può essere considerato incostituzionale se si cambia la Costituzione. Nè l’abolizione del CNEL, l’eliminazione delle province e la riforma dei rapporti Stato / regioni.
Sin qui, si può ridere delle diverse opinioni più o meno agitate come verità evangeliche dai diversi costituzionalisti trasformati in apocalittiche vergini sull’orlo del martirio dogmatico: la figura del costituzionalista dolente è diventata un canone del nostro tempo più o meno come la Madonna e le tre Marie al sepolcro di Cristo nel seicento.
Se vincesse il NO, non succederebbe molto: tutti coloro che hanno sostenuto il SI non hanno mai oltraggiato il testo costituzionale vigente e ne hanno parlato con la dovuta deferenza.
Se invece vince il SI, si avrà poco meno di una metà degli italiani che è stata convinta, strumentalmente e in male fede più spesso di quanto non appaia e di quanto non sia elegante scrivere, che l’altra metà degli italiani ha compiuto un attentato alla Costituzione.
“Loro diranno, noi diciamo” non è solo uno slogan di cattivo gusto, o una manifestazione di assenza di rispetto per l’avversario.
E’ soprattutto il tentativo di vincere demonizzando e questo lo si può fare solo se si è religiosamente convinti delle proprie ragioni ma se si è convinti religiosamente delle proprie ragioni non si è più dei giuristi, si è dei fanatici.