A.M. (30/03/1934 – 17/09/2017)
Ottantatre anni sono un battito di ciglia e un sorriso di perle quando a dieci anni si sono ascoltate le tempeste di acciaio vomitate dalle fortezze volanti e i diciotto anni hanno visto i vagiti atlantici della primavera del 1952.
Ottantatre anni sono la memoria di quando lei era tutte le mie certezze e, prima di ogni altra cosa, le mie certezze erano una merenda in un mondo colorato di pirati, corsari e tigri.
Ottantatre anni sono la memoria di quando era, per me ragazzo, uno sguardo fra le tende che mi guardava partire, sul mio verde destriero, dalle mie certezze di bambino e si domandava fino a quando sarei tornato.
Adesso ottantatre anni sono solo quello che sono e nemmeno un giorno in più perché sono tre coppie di numeri in un libro: quadrato, blocco e fila e come in un campo di sterminio servono a non smarrire la memoria nel naufragio della vita.
Guado a piedi nudi quest’ultimo Stige pregando che quando fra poco il coperchio della bara diventerà la sua maschera funebre s’impigli un raggio di sole fra i suoi capelli perché lei aveva paura del buio e non le piaceva per nulla dormire da sola.