Notte al fosforo: se anche le lucciole muoiono di vergogna
Ci sono notti fosforescenti. Il buio prende fuoco. Le emozioni, radianti al napalm
, entrano nel cuore e lo trafiggono. L’anima delle baccanti sa quando è arrivato il momento di salutare. Senza la nuda inquisizione dell’addio
. Ci sono notti che sono piombo fuso. Bruciano il cuore finché non sente più nulla. Solo il peso del metallo affonda l’anima
. In queste notti, trecentotrentadue anni dopo, un pittore tedesco di nome Jean Philippe Möeller, si affaccia ancora alla finestra di via del Corso, vicino a Palazzo Ruspoli. Guarda impazzire il carnevale. Libertà e licenza perdono il loro equilibrio. Il buon umore odora di vomito vinoso e disinfettante per pagine vuote
. Quello che il pittore tedesco non ha scritto nel suo diario ed ha lasciato sul davanzale della finestra è una immagine rossa e fosforescente. Incendia la notte come fosse la propria casa. Quella immagine di lucciola smarrita gli resta appiccicata dietro gli occhi. Bruciata di vergogna quando la danza ha trasformato le vergini in menadi perché anche l’amore odorava di vomito vinoso e disinfettante per pagine vuote
. Le lucciole sono fatte così. Illuminano l’attimo che le dissipa in atomi di impalpabile vergogna e detestano la propria luce. Troppo incomprensibile e complessa per non essere fatta della stessa sostanza della notte di cui si alimentano fino al prossimo addio
; che non sarà più dolce
.