Non ti ho mai voluto così bene
Ti guardo dimagrire in questo incubo di gambe magre che è il tuo ventre piatto e il collo dalle vene che si cominciano a intravedere.
Ti ascolto mentre mi dici che finalmente ti piaci, che sei contenta della tua magrezza.
Non ho orecchie abbastanza forti per non soffocare le lacrime quando dici che non è facile avere tredici anni, non è facile non essere più la bambina che nessuno è mai riuscito a non amare, non avere più quelle battute pronte così infantili e profonde che facevano voglia di avere la tua età per poter giocare te guardandoti negli occhi esattamente dalla stessa altezza.
Non ho occhi abbastanza ciechi per non vedere tua sorella che mi guarda con uno dei suoi silenzi pieni di linguaggio come una fanfara e dice che anche se sta zitta non è perché non ha problemi, con il suo spirito di soldato scozzese, di brigante alla guerra dei cento anni, di junker e poeta.
Tutto questo nel nostro mare, in quell’Altrove che è solo nostra, come può esserlo una barca che ci ha accompagnato per oltre cinquemila miglia ed è lucida come sono lucide le barche preparate per la tempesta. I marinai lo sanno che le barche possono diventare tombe e che lo splendore del loro funerale è la loro pulizia e ordine.
Questa tempesta, amori miei, non l’ho saputa prevedere. Stavolta vostro padre non è stato il capitano che vi aveva promesso di essere, le sue mani non hanno saputo tenere il timone, c’era troppa tela a riva e una strapoggia non si ferma sino a che l’albero geme sulle sartie e gli arridatoi si strappano dalla coperta.
Non vi ho insegnato a naufragare, amori miei. Non ci sono riuscito e non ci ho nemmeno pensato.
Ma io so che se voi adesso siete così: occhi pieni di lacrime e un collo di cui si vedono le vene, è solo colpa mia, di un padre cui avete perdonato tutti i tradimenti, persino di essere il vostro angelo della morte.