Non c’era solo Jacula
Il fumetto per adulti è una forma di letteratura popolare molto interessante.
Le storie non dicono niente: sono definitivamente banali.
I protagonisti non tradiscono mai il loro carattere e il carattere dei protagonisti è solo un prologo per giustificare amplessi disegnati da matite grasse.
Parlano gli albi, i loro colori squillanti che appassivano al Sole delle edicole. Hanno lo stesso odore delle MS di quegli anni, secco, catramoso come la vilpelle dei treni carichi di sudore diretti verso il mare.
Sono tascabili per entrare in un borsello e salire in un’Alfa Sud.
Non esistono più eppure ci sono delle ragazze che ancora ancheggiano come quelle copertine.
Archetipi sopravvissuti agli anni in cui erano l’ispirazione manuale della leva obbligatoria.
Monadi fedeli a se stessi, anche quando fingono di essere diventate signore.
Perché il bello delle signore con il cuore di fumetto è che, prima o poi, viene sempre fuori il fumetto che sono state, un fumetto da nascondere in bagno, e chi ci è inciampato, una volta, due volte, tre volte, lo avverte con sollievo.
Meno male che non è cambiata, meno male che le sue promesse sono rimaste un assegno da cento lire stampato dalla Popolare di Bari, altrimenti c’era da farsi male.
Gli addii, con quelle anziane ragazze, hanno lo stesso imbarazzato sollievo della masturbazione maschile: svuotano un’urgenza feroce e diventano subito vergogna di ciò che si è fatto perché un uomo non merita il piacere del suo polso.
Merita il piacere di una donna da poter osservare dopo l’amore dicendosi: Lei vale la pena. Lei è stata l’attesa di tutta la mia vita e quello che ho lasciato dentro di lei è, prima di tutto, il desiderio di trovarla accanto a me quando la furia dell’amore evapora illuminando ai piedi del letto le scarpe che aspettano di riprendere il cammino.