Santa [S]Fiducia: la democrazia delle trappole identitarie
Sul piano tecnico, uno dei due rami del Parlamento ha respinto la mozione di sfiducia individuale presentata nei confronti del Ministro Santanché.
Il Ministro si è difeso sostenendo di essere il bersaglio dell’altrui invidia per i suoi tacchi, le sue borse, il suo modo di essere.
Può darsi che abbia ragione.
Ma può anche darsi che, come spesso capita a chi è accusato, la sua difesa si sia trasformata in un’accusa peggiore del capo di imputazione.
La Santanché è percepita essenzialmente come una donna di mezz’età che si veste con uno stile decisamente aggressivo, cerca, per quel che può, di mantenersi in forma e ostenta il proprio fisico.
Qualcosa che, absit injuria verbis, può essere definito come una cougar nel linguaggio di siti meno seri del Corriere della Sera ma con più visitatori.
Questa è la ragione che la rende un animale politico perché il suo aspetto, quell’abito di pelle_latex_quel che l’è, quella borsa, quei tacchi 12 è, per i suoi elettori, rappresentativo della nazione e meritevole di essere ricompreso nell’indirizzo politico di maggioranza.
Succede: quando la democrazia si trasforma perché gli organi eletti non sono più chiamati ad educare la nazione, secondo il modello di Bagehot, ma a rappresentarla, secondo il modello di Bockenforde, allora ci vediamo allo specchio e il nostro specchio ci mostra anche i tacchi 12 della Santanché.
Non è diverso da quello che succede a sinistra: che cosa fa Sara Funaro quando si arma degli opportuni utensili e scende da Palazzo Vecchio per smontare le key box? Esattamente la stessa cosa: dà vita al disagio di chi vive nella invidia di quelli che si “arricchiscono” con airbnb invece di fittare ad equo canone ai cittadini più bisognosi che sono costretti a vivere sempre più lontani dal centro in periferie che si alimentano di sogni al plasma.
In questa democrazia rischiamo di restare invischiati in una trappola identitaria perché se ciascun eletto concorre a rappresentare l’intera nazione trasformandosi in una maschera da commedia dell’arte, l’indirizzo politico non è più un consenso per intersezione guidato da valori alti. E’ una commedia.
Santa che compra borsette false per regalarle alla Pascale.
Genny che si fa illudere di essere diventato padre e finisce su tutti i rotocalchi insieme a Rosy e alla moglie piuttosto infastidita. Non si sa se per il tradimento o per il pentimento.
Michele che blocca un ristorante per pranzare con l’avvocata ambasciatrice della Puglia all’estero.
Sara con le pinze in mano che si trasforma nella vendicatrice del proletariato scacciato dal centro storico.
Etc.
Tutto sommato meglio di quello che accade dall’altra parte dell’oceano dove, per le stesse ragioni, ci si veste da Toro Seduto e si assalta il Parlamento.