Giardini perdutamente dimenticati
Giardini perdutamente dimenticati
Non ci sono giardini proibiti.
Non esiste un Dio che maledice e scaccia, che giudica il valore di una obbligazione a contenuto negativo e del suo adempimento.
Esiste la terribile e tutta umana capacità di dimenticare, di smarrire idee e sentimenti, di perdere anche il più lontano ricordo di avere posseduto.
È questo l’Eden, non un giardino perduto, ma un giardino dimenticato.
Che torna, ogni giorno, in quelle ore lontane da tutto in cui la città dorme il sonno sporco e profondo dell’ultimo, in cui nessuno passa, in cui le strade riescono ancora a profumare di vento.
Quelle ore in cui la città sembra fare ritorno alla campagna, in cui le case paiono scomparire scandendo le ombre e poderi, casali, ruderi appaiono con le prime ore del mattino.
Le si riconoscono quelle ore dal canto degli uccelli, dal loro vibrare tentennando e invisibile.
Cantano il giardino dell’Eden che loro non hanno dimenticato e che in quelle ore con la mansueta dolcezza di un usignolo e la coraggiosa irriverenza di una rondine di nuovo appare.
Ma non per noi.
Noi lo abbiamo perduto per sempre quando abbiamo dimenticato.