Tempus fugit
Una pendola giace in mezzo ai rifiuti,
Nel confine centrale di una casa che non è più una casa,
Crea bivacchi di noia e barricate di terrore per infinite notti che abbaiano di freddo,
Finché un giorno l’ufficiale giudiziario è sterminio della memoria e lei si lascia seppellire con la dignità di una eutanasia praticata in una macelleria clandestina,
Lei che una volta era solo cose da ricchi, che ancora sa, e lo sa perché c’è nata, che l’unica differenza fra un ricco e un povero è che il ricco non sa piangere e non piange, si allontana
Portando con sé, nel suo vagabondare sconcio della nudità d’una vita fuggita da mani di sabbia e vento, la pendola, la pendola ch’è diventata il suo passo
Un passo vicino a finire la carica.