Il bello di Dio (Bergoglio e i falsi credenti)
Il bello di Dio è il suo messaggio.
Papa Francesco, uno dei pochi viventi di cui non si può parlare male, lo afferma con chiarezza di catechesi e se non si è disposti a lasciarsi trasportare dalla potenza di questo messaggio è meglio farne a meno, è meglio essere atei.
E’ la posizione di un credente.
La posizione di un non credente è più articolata.
La religione è una straordinaria metafora. E’ un racconto perfetto della realtà, in cui uomini e cose – nel vario e mutevole combinarsi della vita – trovano posto grazie a valori che si esprimono normativamente in una narrazione resa credibile dall’invenzione di un dio.
Dio può non esistere ma se esistesse, sarebbe un personaggio formidabile e raccontare Dio è inventare storie che tengono sveglie generazioni di focolari.
Bergoglio dice che Dio ci deve essere solo per i credenti e che sono credenti solo i veri credenti.
Forse è una posizione troppo forte perché anche se Dio non esistesse, possiamo fare a meno della sua narrazione?
Dove possiamo trovare un modo altrettanto efficace per costruire comunità e trasmettere valori?
La religione non è solo credere in una istanza superiore che conforta sulla vita oltre la morte. E’ soprattutto organizzazione sociale. La religione non è solo Dio, sono anche le chiese che popolano la campagna e ricordano il tempo in cui un intero popolo trovava nel conforto della religione il proprio modo di essere. Non sono lontani gli anni in cui l’Europa è vissuta di guerre di religione.
Il Papa ha ragione a scacciare gli ipocriti e i falsi credenti dalle sue chiese.
Ma, forse, noi non siamo ancora pronti per una religione che non valga soprattutto per chi non ci crede.
Dio probabilmente non c’è, ma questo non è un buon motivo per dirlo.
Anzi.