La coda per il cornetto
Uno degli effetti della fine dell’emergenza pandemica è la coda davanti ai bar.
Persone e persone, più o meno ordinate, che aspettano di entrare per ordinare un caffè o un cappuccino. Mangiare il loro cornetto o un budino o un maritozzo.
Lì per lì, sembra assurdo che questa stentata fine di emergenza ci veda tutti in fila per il cornetto, come prima siamo stati in fila davanti alla farmacia o il supermercato.
Facile chiedersi se tutte queste persone, con la loro aria da Germania dell’Est negli anni ottanta, non possano fare colazione a casa, tuffando i biscotti nel caffellatte o tostandosi una fetta di pane del giorno prima.
Ma poi la testa va avanti.
Il bar non è un posto qualsiasi per molti. E’ quello spazio in cui ciascuno trova esattamente il suo posto al bancone, più o meno vicino alla macchina del caffè e si sente chiedere se anche oggi vuole poca schiuma nel cappuccino o se il caffè deve essere basso.
Per molti, il bar è un luogo dello spirito, quello spazio in cui per poco più di due euro si viene riconosciuti.
Non sono in coda per un caffè o un cornetto.
Sono in coda per sentirsi dire che sono sempre loro, anche dopo due mesi senza barbiere, passati a guardare l’immobilità del mondo attraverso le tapparelle.