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Il terapista

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
11/07/2007

Stamani, come tutte le settimane sono andato dal medico della mia schiena.
E’ una schiena strana che ha bisogno di cure e di affetto, perché vuole diventare una canna di bamboo.
All’inizio questa cosa mi ha molto disturbato.
Poi ho capito che potevo sfruttarla.
E’ comodo poter dire ho mal di schiena e tagliare ogni discorso.
Soprattutto, è educativo, nel senso che educa lo spirito, essere costretto a fare ginnastica tutti i giorni, a prestare attenzione al mio corpo, a ascoltare i suoi messaggi.
Mi accompagna in questo viaggio interiore, in questo pellegrinaggio, il terapeuta.
Il terapeuta ha circa cinquanta anni.
Inizia a lavorare alle sei del mattino.
Siamo lentamente diventati amici.
Così sono diventato amico della sua sala di attesa.
I visi di una sala di attesa parlano continuamente.
Siamo quasi tutti malati cronici.
Ed ognuno reagisce in maniera diversa.
Tipicamente mi siedo con il computer in grembo e cerco di programmare la giornata di Ical.
Nel frattempo, osservo al di sopra dello schermo.
Lo schermo come una linea di ombra che mi separa dagli altri.
Stamane c’era una coppia che doveva decidere la terapia.
Nervosismo.
Tensione.
Sudore.
La malattia che non è ancora diventata una dolce compagna di viaggio.
Un modo per scoprire la propria capacità di vivere.
Mi hanno ricordato i primi giorni del mio male.
Quando ho scoperto che non si poteva curare e non lo accettavo.
Ho bruciato un amore su questa sensazione fredda di impotenza.
Non potevo amare se non ero capace di guarire.
Ho costruito – poi – due figlie sulla capacità di sopravvivere ad un dolore sordo e costante.
E ne sono felice.

Anche oggi

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/07/2007

sono salito sul treno di prima mattina.
Niente di nuovo.
Solo le faccie stanche di sempre.
Come sempre ho preso posto subito dietro la motrice.
E’ una abitudine.
Come sempre, ho tirato fuori il mio portatile dalla borsa ed ho continuato il lavoro del giorno prima.
Mi ha solo affascinato il carosello di zingare quando sono sceso.
Quegli abiti colorati che illuminano visi pieni di orgoglioso disprezzo.
Tutto qui, una immagine,
Sola.
In un post stanco.

Anche oggi

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/06/2007

Sono stanco.
Ed un pò innervosito.
Il Consiglio di Facoltà ha discusso per la ennesima volta dei criteri di valutazione del carico dei docenti.
Sembra una cosa giusta.
Ma non lo è per come viene fatto.
Nella sostanza si immagina che i docenti debbano essere valutati con riferimento al loro impegno in facoltà (vedi partecipazione alle varie commissioni, consigli di corso di laurea, etc.) più che con riferimento alla didattica (qualità dell’insegnamento, come oggettivamente valutabile) ed alla produzione scientifica.
Che cosa significa?
Che dovrei farmi sostituire a lezione per andare alla commissione sul bar di facoltà, ad esempio.
Che dovrei smettere di studiare per partecipare ad un consiglio di corso di laurea nel quale di valutano i crediti degli studenti che cambiano percorso formativo.
Però, io ho scelto questo mestiere per studiare, cercare, scrivere ed insegnare.
Non per essere un burocrate che si occupa del prezzo dei panini al prosciutto.
Non mi riesce e non mi piace.
Ma – come sempre – non sono riuscito ad aprire bocca.
Ho lasciato perdere.
Per continuare la mia silenziosa obiezione di coscienza.

anche oggi, esami

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/06/2007

Non sopporto fare esami.
Non sopporto riassumere in un quarto d’ora giornate di studio che non saprò mai valutare.
Non sopporto cercare di fare domande diverse e sforzarmi di essere giusto.
Non ho mai sopportato dover giudicare la preparazione dei miei studenti.
Ed ho sempre il fondato dubbio di non esserne capace.

Anche oggi la mia schiena

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/06/2007

aveva bisogno dei suoi massaggi.
Il mondo visto dal lettino del fisiatra non è  poi così affascinante.
Le solite ragnatele si affacciano dal soffitto, senza essere particolarmente amichevoli.
Ed il tutto si conclude con l’illusione di poter stare un pò meglio, anche senza guarire.

Ho spostato tutti i miei libri

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
17/06/2007

ho passato la domenica a spostare tutti i miei  libri.
Oramai non era più possibile vivere come in una solitudine troppo rumorosa.
Sull’orlo di essere seppellito.
Il premio è stata una pizza ed adesso la  possibilità di raccontarlo.
Che culo.
La prossima volta che nasco mi faccio prete.

Cose strane accadono

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/06/2007

come se fosse possibile definirle.
Passano le persone.
Passano semplicemente.
Mentre tu cerchi di cogliere nel loro volto le traccie di una storia.
Ma non le trovi.
Sono solo volti che passano velocemente.
Che passando dimenticano di vivere.
E tu continui a cercare.

Primo

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/06/2007

Era iniziato un altro giorno mescolato ai soliti riflessi d’ombra.
Della solita fatica di alzarsi, di guardare l’inizio dei significati nascosto nella luce del crepuscolo inverso che qualcuno chiama alba e di fingere di avere cominciato a comprenderli
Il mattino inizia lentamente, con una luce di inizio estate, una luce afosa, che invita la solitudine a chiudersi dentro l’aria condizionata.
Comincia osservando il sonno delle bambine, quel loro lento modo di accucciarsi dentro le coperte, senza chiedere nulla, ma sicure di tutto.
Continua nel chiasso, come d’un pollaio che si apre su un cartone animato, del primo treno che lo porta verso le sue lezioni.
È un accademico, se così può dire di sé.
Un accademico convinto di avere sbagliato mestiere, o di avere sbagliato il tempo del mestiere, che poi è la stessa cosa.
Sul treno, scava i lavori della assemblea costituente, con la precisione di un sarto da signori cerca le parole giuste per rammentarli ai suoi studenti.
Si accorge di avere parlato una sola volta sul treno con una persona che non conosceva in tutto il semestre. Una francese che aveva deciso di leggere il suo fumetto. Divertente. Era seduto, al solito posto: primo vagone, primo scompartimento dietro la motrice (così, dura meno, si diceva, pensando ad un incidente), il pacco dei giornali sul sedile di fronte, il computer sulle ginocchia. In cima al pacco dei giornali un fumetto di fantascienza (non riusciva a smettere di leggere fumetti. Più tempo passava dalla sua adolescenza, più si sentiva legato ai riti di quando s’era ragazzi). La sua testa era chiusa dentro al computer. La ragazza francese aveva chiesto se poteva sedersi accanto a lui. Le aveva acconsentito con il massimo grado di fredda cortesia di cui era capace. E la ragazza gli aveva chiesto se poteva prendere il suo fumetto, per poi concludere che preferiva le leggesse il giornale. Le aveva letto il giornale, un giornale attento al duello Sarkozy – Bairou, che aveva acquistato per capire qualcosa delle dimissioni di Romano Vaccarella da giudice della Corte costituzionale. La ragazza – né le aveva chiesto il nome, né si era presentato – parlava di ecologia, come di una scelta fondamentale per il futuro. Parlava della sua scelta di vivere in Toscana. Del progressivo sgretolarsi della sicurezza sociale. Del suo modo di programmare la lavatrice e delle sue scelte in materia di lampadine elettriche. Ascoltava con quella cortesia che aveva appreso da piccolo, fissando i suoi occhi, uno sguardo che avrebbe potuto essere interessante se non avesse sovrastato una dentatura straordinariamente equina, con un bisogno di dentista così triste che avrebbe potuto essere cantato da Brel. Eppure non parlava, anche se la ragazza era davvero molto gentile, non riusciva a parlarle. Sentiva che le parole erano morte dentro di lui. Continuavano ad esprimersi, naturalmente: avevano il loro suono ed a quel suono corrispondeva il loro solito significato che gli altri intendevano. Ma era dentro al suo cervello che le parole erano collassate, i lemmi del suo linguaggio avevano perso, stavano perdendo, il sentiero che li collegava alle radici materiali del pensiero, a quel cuore di immagini pulsanti di tenebra che impasta i significanti. Non sapeva dire se dipendesse dalla ragazza, da quel suo vuoto chiacchierare di cose anche importanti per passare il tempo senza leggere un giornale incomprensibile, o se fosse un cammino iniziato da tempo. Sconfisse questo timore: la sua vita era stata massicciamente impiegata nella ricerca del colore delle parole e le parole non potevano morire così all’improvviso. Fu in quel momento che si rese conto di avere incontrato la ragazza che uccideva le parole.
Niente di diverso da una persona che cammina, pensa, continua a camminare.
Incontra altre persone, le guarda, come se le fotografasse, pensa a come potrebbe raccontarle e talvolta cerca di narrare le storie che le loro andature suggeriscono.
Questa abitudine gli ricorda le parole del suo maestro, che sosteneva di sapere individuare il mestiere degli uomini osservando il loro modo di camminare.

ProfStanco

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/06/2007

Ho deciso di cominciare a scrivere.
Era tanto tempo che volevo cominciare a scrivere.
In realtà, era molto più tempo che non desideravo cominciare a scrivere.
Come una malattia alla quale si cerca di resistere.
Oggi ho ceduto.
Comincio a scrivere

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