Informiamo i signori viaggiatori che il capotreno è buco.
Al posto di
Informiamo i signori viaggiatori che il capotreno nell’esercizio delle sue funzioni è un pubblico ufficiale.
Vi è qualcosa di vecchio e di inquietante nei picchetti organizzati dal Comitato 9 dicembre e in qualche misura appoggiati dal Movimento 5 stelle.
Ma anche qualcosa di nuovo e di indisponente.
Pomeriggio di Sole.
Di Sole invernale.
Di quel Sole che non fa rimpiangere né l’estate né la primavera.
In lontananza, ma vicino, dall’altra parte di un fiume di macchine, una solitaria fortezza, dalle alte mura abbandonate.
Lì, molti anni fa, sono stato.
In un pomeriggio molto simile a questo.
L’aria che frizzava di tabacco e bruciava di freddo, del primo tabacco e del freddo che gli adolescenti non sentono mai.
Un pomeriggio perfetto.
Qui, proprio qui, aveva scritto qualcuno in memoria di un amore inconfessabile.
Qui, proprio qui, sono stato giovane.
Come mai più mi è capitato di sentire, quell’unico giorno in cui non si è né bambini né adulti e si vedono le stelle nel vocabolario di greco.
E’ un istante.
Un istante di fretta terribile e inutile.
Un istante vissuto nella coda dell’occhio.
Lungo come un’agonia.
Lieve come l’agonia di un santo bevitore.
Quello in cui si apre il sipario della strada, del freddo, della polvere di stelle macinata nell’asfalto, su di una vetrina.
Una vetrina di cartoleria, squallida come negli anni cinquanta.
Con dei presepi, in perfetto e adeguato tono.
Ma soprattutto un bambino, a tre passi di distanza, che lo guarda.
Con l’aria di cercare un mestiere nuovo, una figura mancante, un gioco di luci.
Lo stupore di presepio che illumina il deserto di una giornata.
La mia generazione, che è la stessa di Letta e Alfano, circostanza non gratificante, è cresciuta dapprima nel ritornello del Moriremo democristiani e, successivamente, nella orrenda consapevolezza che morire democristiani sarebbe stato molto meglio di quello che abbiamo avuto modo di vivere.
Nella metà degli anni ottanta, avere diciotto anni ed essere democristiani era davvero triste: si poteva essere comunisti e indossare le ultime pecore verdi o fascisti e mettere i camperos, ma non democristiani, che era un po’ come i cani delle vecchie signore che girano con il cappotto e si nascondono quando incontrano un altro cane ai giardinetti.
Letta e Alfano, però, in quegli anni erano democristiani. Come Pistelli o, prima di loro ma con lo stessa aria di cane col cappotto, Casini. Read more →
Natale si sta avvicinando.
Un mese da oggi.
Riprendono le solite discussioni.
Bimba impertinente oramai non crede più a babbo natale.
Da tempo.
Ma lo difende.
O meglio: difende i sogni di Bimba Piccola.
Tipo, di una decina di anni, l’aria del bambino che ha già visto Fronte del porto e che presto vedrà Querelle De Brest, molto convinto: Babbo natale, non esiste. I regali li porta il trenino di Amazon.
Bimba Piccola sgrana gli occhi.
Bimba Impertinente, rapida come un serpente: Zitto tu, con codesto naso da palombo.
Lo scetticismo va benissimo per se stessi, ma non per i sogni degli altri.
Ha sempre corso.
Dal giorno che è nata.
Come è bello sentirsi il tempo addosso…, dice.
Nella nuvola azzurra dei suoi occhi.
Che guardo senza riuscire a non pensare al giorno in cui la polvere coprirà anche i suoi libri di fiabe.
Fine di convegno con fretta di treno.
Il solito sciacquapelletiche devoto si avvicina all’anziano maestro.
Un anziano maestro sui generis cui il prossimo congedo dona la libertà dello spirito.
Il solito si scusa di non aver portato con sé abbastanza copie del suo ultimo lavoro.
Un importante ultimo lavoro, cinquecento pagine di dialoghi fra le Corti intorno al sapere multilivello in materia di volturazione della licenza per il trasporto dei rifiuti in legno e vetro.
Il solito chiede di essere autorizzato a inviare la copia per posta.
L’anziano maestro lo guarda, se fosse Cristo qualcun altro avrebbe scritto Fissatolo lo amò, e dice Non si preoccupi. In fondo si scrive per se stessi.
Il solito non capisce.
Ovviamente.
Alla fine della Cancellieri, non sembra esserci un rimpasto.
Sarebbe stato il giusto prezzo da pagare per una difesa imbarazzante.
La seconda difesa imbarazzante del Governo Letta, che aveva già fatto ricorso alla ragion di Stato nell’affare Shalabayeva (su cui si è già avuto modo di scrivere sin troppo).
Per ora non se ne parla.
Sta lì.
Seduto, buono buono.
Il vestitino pissero e spiegazzato nello stesso tempo, la faccia di chi quando parla dice cose importanti e per questo sta zitto.