04/01/2010
Il partito dell’amore viene affossato da Brunetta.
Con una intervista a Libero, nella quale propone di modificare anche la Prima parte della Costituzione.
Qualche riga può essere opportuna.
Il ministro della funzione pubblica, o di ciò che ne resta dopo i suoi interventi, non ha proclamato di voler cambiare l’intera Prima parte della Costituzione, ma di volerne salvaguardare i principi fondamentali, modificando quelle disposizioni che, a suo avviso, avrebbero resistito peggio alla prova dei tempi. Si tratterebbe dell’art. 1 (L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro), di 39 e 49, in punto di libertà sindacali e partiti politici, di 10 e 11, a proposito del valore dell’Unione europea, naturalmente sconosciuto ai costituenti.
In generale, può essere ragionevole sostenere la possibilità di modificare la Prima parte della Costituzione: sicuramente, gli artt. 39 e 49 devono fare i conti con un forte grado di dislessia del processo storico di attuazione dei valori costituzionali e il diritto di associarsi liberamente in partiti politici per concorrere con metodo democratico alla formazione dell’indirizzo politico nazionale dovrebbe essere completato, ad esempio, regolando il tema del conflitto di interessi e del grado di democrazia interna richiesto ai partiti politici.
E così via: l’art. 9 parla di ambiente solo come paesaggio e meriterebbe una rilettura maggiormente attenta ai temi dello sviluppo sostenibile.
Non così, forse, l’art. 1. La chiave del ragionamento di Brunetta potrebbe essere più profonda di quanto appaia dall’intervista. Il riferimento dell’art. 1 al lavoro come fondamento della democrazia, sul piano storico, deve essere letto come contrapposizione netta al capitale e come rifiuto della Costituzione di un sistema sociale ed economico fondato su di una economia di mercato puramente liberista.
E’ la promessa di una rivoluzione che compensa le delusioni del partito social comunista nella ricostruzione di Calamandrei.
Toccare questa disposizione costituzionale significherebbe cercare un altro fondamento assiologico per la nostra democrazia e Brunetta propone il mercato accanto al merito.
Come si potrebbe proporre il gioco o lo sviluppo sostenibile.
La verità, però, è che toccare un fondamento assiologico senza una impostazione ideologica forte, come forti erano le impostazioni dei costituenti, non ha nessun senso.
Significa spostare il peso del dialogo sulla distanza fra una democrazia di valori, come è ancora la nostra, ed una democrazia di procedure, come la nostra sta diventando.
La proposta di Brunetta, secondo questa chiave di lettura, dovrebbe essere ancora dilatata per essere completa ed onesta: L’Italia è una repubblica democratica che si fonda sul rispetto delle procedure stabilite nella presente Costituzione.
Ma una Costituzione senza valori fa davvero paura.