• Follow us on Twitter
  • RSS
Un altro giorno da descrivere close

ProfStanco

  • Home
  • Blog

Archive for category: profstanco

MILF: la scomparsa di una categoria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/04/2020

Per un intellettuale, la scomparsa di una categoria è una tragedia.

Una categoria è un modo di vedere la realtà, una interpretazione delle cose in cui si sedimentano dei significati aggregati attraverso dei principi e dei valori fino al punto di cambiare la stessa sostanza della cosa che si interpreta.

Così è per la categoria delle MILF, elaborata inizialmente da Barthes e recuperata da Foucalt nelle sue ultime lezioni al College de France: le milf sono anziane ragazze. L’interpretazione di questa categoria è stata guidata dall’idea che un’anziana ragazza possa indossare la propria età anagrafica con una grazia tale da farla scomparire entrando in un mondo nel quale potrebbe avere trenta come settanta anni e nessuno lo può sapere fino a che non se la trova in camera da letto, con la maschera di terra e i sacchetti di nylon intorno alle cosce.

I critici della categoria sanno che ci sono pochi modi per costringere una milf a scendere dal suo piedistallo di cera e silicone: un improvviso raggio di luce che la obbliga a socchiudere gli occhi rivelando delle zampe di gallina degne della strega nocciola. Improvviso, perché di solito, la milf è addestrata a mantenere il proprio viso ostentatamente impenetrabile anche se guarda il sole su un ghiacciaio.

Molto più raramente il segno della ricrescita dei capelli. La milf va dal parrucchiere con la stessa frequenza con cui sua nonna andava alla messa dopo avere perso il marito (nella guerra del 15/18).

Fra le conseguenze più terribili della pandemia c’è la scomparsa di questa categoria attraverso la distruzione del suo habitat naturale (il parrucchiere, la palestra e l’estetista, ma anche il centro benessere e l’abbronzatore, che, nella sostanza, assomiglia molto a un bronzista che ha perso il lavoro durante la crisi del 29).

Difficile immaginare se la task force di Colao, il programma di acquisto dei buoni del tesoro varato dalla BCE, o le misure straordinarie varate dal Consiglio Europeo di ieri potranno fare qualcosa.

E, forse, ritrovare il mercato pieno di donne serenamente di mezz’età invece che di modelle ispirate all’ultima passerella di Dolce e Gabbana potrebbe essere piacevole.

Anche in questo caso: don’t waste a good crisis.

La quarantena di Bukovsky

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/04/2020

Negli ultimi quaranta giorni:

– ho mangiato regolarmente, bevendo molta acqua e curando l’equilibrio fra le diverse sostanze nutritive. Di solito, salto il pranzo e mi abbuffo a cena all’ora che capita, senza fare troppo caso a quello che c’è in tavola;

– non sono mai stato al ristorante. Normalmente, mangio più spesso in trattoria che a casa;

– non ho bevuto neppure un Martini cocktail. Non capita spesso che lo salti fra le sette e le otto del pomeriggio;

– ho dormito almeno otto ore, andando a letto prima di mezzanotte e alzandomi fra le sette e le otto. Nella vita normale, non vado a letto prima delle una e non mi alzo dopo le sei;

– ho ridotto drasticamente il caffè, che, insieme all’alcol e ai cracker, è la mia fonte principale di calorie.

Mi sento meglio?

Per nulla: l’insonnia, le trattorie e i Martini fanno parte della mia vita molto più di questa dieta quaresimale da piccolo Ignazio di Loyola e mi sento come un Bukovsky vegano, sul procinto di un matrimonio religioso con l’istruttrice di yoga.

Praticamente pronto per il funerale.

La croce di Martino

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/04/2020

Martino è una bicicletta da donna, una di quelle biciclette che usano gli anziani per evitare di dover alzare la gamba nel movimento con cui si inforca il sellino.

Fa parte del centro di Firenze, come l’imbecille munito di mantello che declama Dante ai turisti e il bidello dell’archivio storico comunale che si è tatuato il sole dell’avvenire sulla fronte, forse perché ha effettivamente un viso molto rivoluzione di ottobre.

Martino è stato un play boy di una gioventù allegramente dissoluta ed era già di mezz’età quando è stata scritta la sceneggiatura di Amici miei nel caffè storico che allora gestiva e che gli ha visto dilapidare le ultime macerie della ricchezza di famiglia.

Da allora, percorre il centro sulla sua bicicletta e trova sempre qualcuno con cui attaccare bottone, ha una memoria fantastica per le persone a cui si rivolge sempre con il giusto titolo e non dà mai del tu.

Fa effetto vedere la sua bicicletta immobile al bordo di piazza Santa Croce, lontano dal centro – centro, quello di cui fa parte, come la statua di Mercurio che si dice fosse dinanzi al Battistero.

Immobile perché non c’è nessuno con cui parlare.

Perché la pandemia ha sanificato la città da ogni tenerezza e Martino non lo accetta, sicché se camminando non troverebbe nessuno, spera che restando fermo qualcuno gli cada addosso.

Non mi sono fermato: quando la legge vieta gli abbracci, chi ne ha bisogno è condannato a morte dalla epidemia della paura e dalla sanificazione della tenerezza.

Ce la faremo?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/04/2020

Resta a casa, testa di cazzo

Le terrazze, in tempi di pandemia, aiutano.

Aiutano molto.

E’ divertente guardare il mondo dall’alto, anche un mondo a velocità ridotta.

Si finisce per conoscere i vicini.

Come quello dall’altra parte della strada, all’inizio molto entusiasta, il cartello Ce la faremo affisso fuori dalla finestra, l’inno d’Italia alle sei del pomeriggio, gli applausi a scena aperta. Quasi un bel signore e ben vestito. Poi sempre più stanco, sempre più provato, sempre più in pigiama tutto il giorno.

Finalmente è uscito, con la mascherina e le borse per la spesa. Si è fermato per soffiarsi il naso. Ha tirato fuori il fazzoletto di carta. Non si è ricordato di avere la mascherina e se l’è soffiato, con un terrificante moccolo a voce alta, un Dio serpente assolutamente fuori di contesto.

Il suo Ce la faremo di un mese fa, è diventato un sonoro Resta a casa, testa di cazzo. Dal chiuso di una persiana, naturalmente, perché questo è un quartiere signorile, in fondo.

Il Semestre europeo, il barbiere e la domenica pandemica

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/04/2020

La domenica comincia con la barba del sabato

Ci si abitua a queste strade abitate dalle ambulanze e dalle passeggiate dei cani, a questo silenzio irreale spezzato da qualche nota di pianoforte in case senza serenità, ad ascoltare il quartetto alla fine dei tempi al posto delle nozze di Figaro.

E’ una sorta di lunga domenica e la domenica di chi lavorava la terra, quando lavorare la terra era duro lavoro di braccia che addomesticavano cose d’altri e non passatempo di orti pensili, iniziava con la barba del sabato.

Con la coda dal barbiere del paese, l’attesa del pennello e del borotalco, il piacere della lama come una carezza.

Ci si preparava alla domenica.

Non a questa lunga domenica, nessuno ha avuto il tempo per prepararsi a questa lunghissima domenica, nessuno sa neppure quando finirà una domenica in cui le messe sono proibite, soprattutto nessuno sapeva che il giorno dopo sarebbe stata domenica e così il giorno dopo, fino a un quando che è impossibile da prevedere perché il virus non rallenta, il silenzio è un silenzio di ambulanze che lo violentano come se fosse notte, come se fosse sempre domenica.

Eppure la domenica è sempre l’occasione per ripensare a se stessi, alla propria vita, al proprio affannarsi, e questo vale anche per questa strana domenica delle salme e per questa nostra repubblica prostrata dal silenzio delle strade e di chi la governa guardando al futuro con il cannocchiale della paura, facendo della precauzione un principio di governo dell’economia.

E’ il momento di ripensare alla nostra idea di sviluppo e di coesione nel quadro di una governance condivisa non solo dell’economia, fa paura un governo che pensa all’indebitamento come strumento di sviluppo senza individuare le missioni e i programmi che dovranno guidare il rilancio dell’economia, che pensa all’innovazione senza individuare che cosa ha bisogno di essere innovato, che non si accorge che la proposta tedesca di sospendere per un anno il cd. semestre europeo non è un favore ai paesi più colpiti. E’ il modo per evitare alle economie più forti della zona Euro di condividere i propri bilanci, di mostrare come in quei paesi la sovranità nazionale si muoverà egoisticamente per rilanciare la propria economia consentendo alle proprie imprese di aggredire come lanzichenecchi affamati i membri più impoveriti del mercato comune, quelli che saranno costretti a vendere i propri figli più piccoli per dare un futuro ai figli più grandi.

Aprile, nel semestre europeo, è il mese in cui tutti i paesi della zona Euro devono comunicare alla Commissione Europea i propri programma di stabilità e di riforma e mai come in questo aprile di morte e pandemia è stato necessario avere contezza reciproca di quanto ciascuno può fare per venire incontro alle esigenze del proprio paese, mai è stato necessario come in questo aprile dimostrare di essere capaci di pensare insieme al futuro e questo non è un problema di obbligazioni sovrane e di MES, è il punto di partenza per capire quali strumenti attivare e come attivarli.

Rinunciare a questo meccanismo, pensare che questa rinuncia sia un dono è miopia, perché di domenica si pensa al lunedì, si prepara la settimana, si organizza l’agenda e si mettono in ordine le scadenze prima che si troppo tardi per non essere travolti dalla urgenza di una telefonata che rimette in discussione tutto quello che si era pensato di fare.

Spaventa un Parlamento che resta “aperto” solo per gli affari urgenti e che in questi affari urgenti ricomprende unicamente le interrogazioni a risposta immediata, che sono poco più di un rito quando le domande sono allegate all’ordine del giorno di seduta, e la conversione dei decreti legge.

Spaventa una Giunta per il regolamento che si preoccupa di organizzare i lavori dell’Assemblea e delle Commissioni rispettando il distanziamento sociale, piuttosto che cercare il modo di affrontare e discutere in termini costruttivi e di solidarietà nazionale la Decisione di Economia e Finanza, che dovrebbe essere adottata entro il mese di aprile e che, forse, non sembra nemmeno all’ordine del giorno della Conferenza dei Capigruppo.

In questo momento, dobbiamo pensare al futuro della repubblica, ripensare il nostro modello di sviluppo, approfittare di questa domenica e dei fondi che potrebbero essere stanziati per il futuro perché la crisi dell’economia possa essere superata cambiando un modello di sviluppo che ci ha portati alla pandemia. Solo per fare un esempio: quando potranno essere aperti di nuovo ristoranti e alberghi? Quando potranno tornare i turisti? Non lo sappiamo, ma forse sappiamo che il turismo delle città d’arte saccheggiate da stranieri in fila per una schiacciata consuma un patrimonio inestimabile senza dare niente in cambio. E’ un padre che vende i propri figli per un fiasco di vino all’osteria del paese.

Sono queste le cose che dovremmo pensare in questa domenica delle palme senza messe e in questa settimana santa senza vie crucis.

Clockdown

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/04/2020

La pandemia ferma gli orologi

L’immagine di questi giorni è un orologio automatico che si ferma.

Non perché è guasto, ma perché passa il suo tempo sulla scrivania, a segnare un tempo che passa nella immobilità del distanziamento sociale.

Gli orologi automatici hanno bisogno di muoversi. Il tempo ha bisogno di muoversi. La misura del tempo è misura di un movimento.

Quando il tempo è un bollettino della protezione civile, gli orologi si fermano e con loro tutte le cose che non saranno più come prima.

30 marzo 1934

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/03/2020

Il 30 marzo 1934 non è un giorno importante nella storia di Italia, furono proclamati i risultati delle elezioni con cui il popolo italiano manifestò la propria adesione al fascismo, il Corriere della Sera ricorda la relazione del Presidente della Banca di Italia, qualche arresto di topi di appartamento, la messa del Giovedì santo dinanzi a Pio XI, la Fiorentina aveva pareggiato con l’Alessandria nell’anticipo di campionato necessario per festeggiare la Pasqua.

C’era tramontana a Firenze ed era venerdì santo: la Pasqua veniva presto in quell’anno.

A Firenze, lo stadio si chiamava Berta.

L’unica notizia di quel giorno, però, per me, sono i tuoi occhi, il loro azzurro tinto di grigio, quel colore che sapeva di pace e di quiete, che non aveva mai smesso di essere ingenuo, neppure quando si sono spenti.

Sono contento che tu non abbia vissuto questa peste, che tu non sia stata chiusa in casa da questa peste, che tu non abbia avuto paura di questo morbo che toglie il fiato e soffoca i sogni, che chiude i bambini in casa e si diffonde nel silenzio delle strade vuote.

Sono contento perché gli occhi di una madre segnano la vita, come quelli dei figli. Si vive per quello che vorremmo quegli occhi vedessero, per fargli vedere solo quello che vorrebbero vedere e io, mamma, questo mondo silenzioso non vorrei che tu lo vedessi, perché ti ricorderebbe tanto il mondo della guerra che i tuoi genitori non ti poterono evitare e che si intravede nelle cronache di quel giornale.

Tornerà come prima?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/03/2020

Nemmeno in tempo di guerra

Anziani in fila per il pane. La mascherina calcata sul viso. Occhi soddisfatti: non sono più i soli a essere chiusi in casa. Tutti vivono come loro.

Non c’è festa in chi esce, c’è quella mestizia dell’ora d’aria in carcere, quando il passeggiare è consapevolezza di ciò che è proibito dal peso delle proprie colpe.

La casa è un modo diverso di lavorare, lontano dalle cose e dalle persone, le lezioni sono parole a un monitor e c’è una lentezza terribile in tutto.

Ci si parla a distanza, più di un metro, senza sfiorarsi, senza poter sussurrare e c’è vertigine, attesa, timore, palpabile e pesante.

Molti sono travisati, non mostrano il viso, si nascondono nelle loro mascherine, con la gioia di un carnevale di peste.

Niente tornerà come prima e non riavremo mai più quello che questa peste ci ha portato via mentre ci ammaleremo tutti di quello che ci ha donato: il senso della distanza e del travisamento, il timore di chi abbiamo amato e abbiamo perduto di travisamento e distanza.

Il dono della peste è il vuoto pubblico e sapere che si può vivere nel vuoto è non poterne più fare a meno.

Anche quando il caldo ci avrà restituito le piazze.

Va bene. Va bene così.

La tela di Penelope

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/01/2020

Penelope è una reggia vuota del suo re

Sono quelle stanze occupate da mille persone

Penelope sa benissimo come si riconosce un re

Un re pone il suo onore nel meritare fiducia. Ha il coraggio di esserci quando si ha bisogno di lui

Un re marinaio sa condurre la sua nave verso il porto, sa che navigare è riportare tutti i marinai che hanno messo la loro vita nelle sue mani alle loro case e lui per ultimo

Ulisse sapeva navigare, aveva il coraggio delle colonne d’Ercole, il coraggio di andare oltre il confine del mare e, soprattutto, di tenere la rotta quando il mare ribolle di sirene che chiedono solo di dimenticare una direzione, abbandonare la bussola, lasciarsi trasportare dalle onde, scomparire

Ulisse sapeva come si tradisce, sapeva usare l’astuzia dell’attesa, trasformare l’intelligenza in un tranello e in un inganno, perché un re vince le guerre, conquista il bottino di sangue che è la schiavitù di chi si è lasciato ingannare, di chi ha voluto l’inganno pur di finire una guerra, la morte per non aspettare la vita che si consuma dentro un assedio

Penelope aspetta il suo re nelle stanze del castello, finisce i suoi occhi al telaio, tesse come se non ci fosse nessun assedio, come se la nave di Ulisse non si incrociasse nel deserto mediterraneo con i lutti di Enea, non naufragasse nella ricerca di acqua, non soccombesse alla sordità dei banchetti di Didone

Si prostituisce all’assenza perché chi occupa la reggia non è un re ma sa offrire lo spazio di una gioia nel vuoto incavo della sua vagina secca di sale e lontane tempeste. Ama quei pretendenti. Di ognuno ama qualcosa. Di tutti ama il destino: morire di freccia, per mano di Re, morire perché la gioia di una regina deve soccombere al ritorno del suo signore

Nemmeno Omero, però, ha scritto cosa hanno fatto Ulisse e Penelope dopo quella strage danzante, dopo quelle frecce che hanno trafitto il cuore di coloro che avevano amato Penelope, di coloro che Penelope non aveva mai amato e ai quali aveva prostituito il suo bisogno di essere sazia e sola, di essere regina e vedova di un niente che sbiadiva il ricordo della sua anima

Non lo ha scritto perché non c’era più niente da raccontare. Perché Ulisse non ha solo trafitto il cuore di chi era colpevole di non essere amato. Perché alla fine Ulisse non poteva restare a Itaca, Itaca non poteva contenere i mari che lui portava dentro

Ulisse non è tornato a Itaca per restarci, è tornato perché aveva bisogno di Penelope per completare il suo viaggio. Per partire verso un dove che non conosce né ritorni né approdi.

 

Parole cancellate

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/01/2020

Solo parole cancellate

dal silenzio religioso

di una prostituta

in viaggio con il suo scudiero

 

Page 16 of 43«‹1415161718›»

Ultimi Tweets

  • https://t.co/f3p1xGFuox Se Rousseau vota Draghi, M5S si divide e Meloni non è più sola per Copasir etc. 13:09:42 12 Febbraio 2021

Archivi

Segui @ProfStanco

RSS

  • RSS – Articoli

Articoli recenti

  • Il Maestro e il perfetto citrullo
  • Sorelle A Tebe
  • Il porto (Esisto)

Categorie

  • jusbox
  • profstanco
  • Senza categoria
  • Uncategorized

Interesting links

Besides are some interesting links for you! Enjoy your stay :)

Pages

  • Blog
  • Welcome

Categories

  • jusbox
  • profstanco
  • Senza categoria
  • Uncategorized
© Copyright - ProfStanco - Wordpress Theme by Kriesi.at