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Il giorno che non c’é nessun’altra dopo di Te

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
24/10/2015

Autunno del cuore: nessun’altra donna dopo
Improvvisa montagna si apre alle onde
Le montagne hanno un nome, le città, le cose, persino gli alberi
Senza nome, le onde
Tempo e memoria del tempo, il nome
Non le onde
Non l’uomo nel giorno che dopo di Te mai nessun’altra

Mala tempora venerunt

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/08/2015

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La morte di un anziano archeologo fa venire in mente questa espressione latina.
Incombono tempi terribili per la loro malvagità.
Non si può non pensarlo mentre si osserva la mitezza della sapienza decapitata e appesa all’oggetto dei propri studi.
Sono tempi terribili quelli che incombono perché il fanatismo religioso dello Stato islamico ci riporta a un medio evo di barbarie, o forse più correttamente inventa una nuova era in cui la parte peggiore della umanità può uscire alla luce con tutta la forza dei mezzi di comunicazione anziché restare imprigionata nella foresta primordiale e primigenia della propria ignoranza.
Sono tempi terribili perché la sapienza viene ignorata e sopraffatta, la mitezza degli studi viene considerata una colpa e si preferisce oscurare chi ricorda la nostra ignoranza, la greve e pavidamente sottomessa dal proprio senso di inferiorità, fanatica e terribile ignoranza di questa umanità volontariamente animale.
Sono tempi terribili perché un uomo mite e sapiente non può non essere costretto a provare pietà e compassione per la condizione di solitudine e terrore in cui vivono questi crudeli carnefici, non può non sapere che una religione che si rivela in questi gesti si nutre di una discarica spirituale in cui i sentimenti sono rifiuti tossici e questi rifiuti costituiscono l’esatto prodotto della digestione delle nostre feste, sono il punto terminale del canale di scolo che circonda i nostri giardini. La peste nera e la sua maschera rossa sono l’ultima sala di una festa felice e il re Prospero, forse, poteva anche ignorarlo, ma non il suo ciambellano.
Sono tempi terribili perché potremmo anche immaginare che lo Stato islamico in realtà non esista, potremmo ipotizzare che queste cose potrebbero anche essere il frutto di un citizen Kane che ha interesse a muovere l’opinione pubblica e continuare a dormire l’impenetrabile e soffocante sogno di una civiltà millenaria difesa dalla Guardia Variaga.
Sono tempi terribili perché fra non molto la nostra attenta pietà si dovrà svegliare e capire quello che l’imperatore Adriano aveva compreso poco meno di duemila anni fà: Roma si difende in Scozia e in Germania. La pace contro i barbari si può ottenere solo portando loro la civiltà e la consapevolezza di una cultura millenaria.
Solo così forse questi tempi terribili potrebbero diventare solo difficili.

I pensieri politicamente scorretti di una bambina impertinente (Pigou)

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/08/2015

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Legge, legge continuamente, come se non ci fosse un domani.
Poi alza il capo e chiede se ho mai difeso un colpevole.
Si, rispondo. È successo.
Cosa aveva fatto, chiede.
Vendeva droga, rispondo.
E la faceva troppo cara? Domanda, mentre azzittito mi domando se non ho esagerato con le lezioni di microeconomia…

La pietà della morte

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
06/08/2015

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La pietà della morte
La pietà della morte non è la falce che rapisce il respiro
La pietà della morte non è il sonno che smarrisce la memoria
La pietà della morte è la carezza con cui uccide il viso, lo trasforma, come un fiore portato via dalla corrente
Che dopo un istante non è più lui.
In questo, la morte è davvero pietosa: se rapire sarebbe crudele, rapire carezzando è quasi amore.

Giardini perdutamente dimenticati

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
07/07/2015

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Giardini perdutamente dimenticati
Non ci sono giardini proibiti.
Non esiste un Dio che maledice e scaccia, che giudica il valore di una obbligazione a contenuto negativo e del suo adempimento.
Esiste la terribile e tutta umana capacità di dimenticare, di smarrire idee e sentimenti, di perdere anche il più lontano ricordo di avere posseduto.
È questo l’Eden, non un giardino perduto, ma un giardino dimenticato.
Che torna, ogni giorno, in quelle ore lontane da tutto in cui la città dorme il sonno sporco e profondo dell’ultimo, in cui nessuno passa, in cui le strade riescono ancora a profumare di vento.
Quelle ore in cui la città sembra fare ritorno alla campagna, in cui le case paiono scomparire scandendo le ombre e poderi, casali, ruderi appaiono con le prime ore del mattino.
Le si riconoscono quelle ore dal canto degli uccelli, dal loro vibrare tentennando e invisibile.
Cantano il giardino dell’Eden che loro non hanno dimenticato e che in quelle ore con la mansueta dolcezza di un usignolo e la coraggiosa irriverenza di una rondine di nuovo appare.
Ma non per noi.
Noi lo abbiamo perduto per sempre quando abbiamo dimenticato.

Primi morsi

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/06/2015

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Primi morsi
Gli eterni attimi in cui si é abbastanza grandi da avvedersi della nudità del proprio seno e abbastanza piccoli da coprirla con un costume a fiori.
Gli eterni attimi in cui la mela di Adamo é stata appena mordicchiata e non é ancora finita.

USB C air (?)

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
11/06/2015

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Il computer è sempre più piccolo.
L’adattatore in compenso sembra un albero di Natale.

Non è più il Consiglio di Stato di una volta

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/06/2015

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E d’altra parte anche io non sono un avvocato come lo erano quando si potevano chiamare avvocati.
(In Sesta Sezione, una ciotola che fu di pasta al pesto ingombra l’anticamera del Collegio)

Come pomodori nell’orto

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/06/2015

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Come pomodori nell’orto
Ci sono giorni in cui se ti giri e ti rigiri non li riconosci più.
Per come sono cresciuti nella notte del tuo sguardo.
Nella frescura della distanza.
Come pomodori nell’orto un giorno, il giorno, della Primavera.

Leone

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/05/2015

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Leone, lo chiamava il suo babbo, perché era un leone in gabbia ovunque si trovasse.
A scuola, ma anche sul campo da calcio e perfino sul pratone dell’Olmo, che è davvero grande e per quello che allora era un bambino delle elementari conteneva Far West e Yukon, confinando i mari del sud e il Peloponneso di Ulisse.
Si staglia ancora oggi in questa sala d’attesa per nulla sterile, sporca di vecchi, di piscio di vecchi e donne incinte.
Come uno scoglio quando la tempesta lo copre e si richiude in se stesso per non affogare, per respirare gli ultimi fiati di schiuma.
È nelle Urgenze, che significa un tumore, un malaccio, una terapia biologica, un troiaio che leva il sonno e strappa i capelli sotto il cappellino che è la divisa di questa porzione di dolore.
Leone: un cazzo, pensi mentre lo copri di quell’oblio che è pietà e sudario distogliendo lo sguardo.

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