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Archive for category: Senza categoria

Il tempo dei cessi

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/11/2007

Anche i cessi dell’università conoscono lo scorrere del tempo.
Mio padre ed io abbiamo frequentato la stessa facoltà.
Lui rammenta la penuria di carta e la poetica protesta di uno sconosciuto studente:
Chi col dito il cul si netta
Non al muro, ma in bocca se lo metta
Così resterà pulito
Carta, culo, muro e dito

Io rammento un interessante sondaggio:
La fica sa di  baccalà – Il baccalà sa di fica
               xxxxx          xxxxxxxxxxxx
Dispiace oramai rilevare che sono scomparsi sia i poeti che i sondaggisti.
Ora si hanno cose del genere "Etna, lavali con fuoco", l’onnipresente "Pisa merda" da cui si riconosce un livornese al polo nord (ha un pennarello e cerca di scrivere sul ghiaccio: deh, ‘un fa na sega ‘sto pennarello der cazzo), "[prof….] buco" etc.
Ma nulla di poetico o di statisticamente innovativo.

Il bello dei cacciatori

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/11/2007

Il bello dei cacciatori e’ che ogni tanto si sparano fra loro.

Il male degli altri

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/11/2007

Il male degli altri e’ un dolore a meta’.
Un dolore che non ci appartiene, che non si puo’ sentire: dinanzi al quale l’empatia suona come derisione.
Ma non e’ sempre cosi’.
Invecchiando, il male degli altri diventa un dolce sollievo, una quieta allegria.
Il loro dolore fa sentire bene, tira su il morale, aiuta lo scivolare dei giorni. Niente di meglio che una visita in ospedale, ad un cronicario, al cimitero per aiutare il morale di un anziano.
C’allegria nella sua compassione, sollievo nel suo consolare.
E’ li’ per dimostrare a se stesso di non esserci ancora.
Si, per i vecchi, il male degli altri e’ un alimento
Triste e necessario.

La primavera dei morti

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/11/2007

E’ tiepido questo ognissanti.
Un sole bianco scalda le lapidi.
Vestite a festa.
Fiori.
Tristi.
Grigio profumo di scarpata.

Il mattino degli anziani

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/11/2007

Si alzano presto.
Da notti fredde e nervose.
E subito, una scodella di caffellatte, scorrendo i necrologi, per controllare se sono ancora vivi.

Eufemismi

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/11/2007

Come ti senti?
Benino, ma ho una tosse secca, continua, molto fin de siecle in Costa Azzurra
Non sara’ meglio che ti riguardi?
Ovvero se rischi di appiccicarmela, perche’ non rimani a casa tua?

Una topa a biliardino (absit injuria verbis)

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
31/10/2007

Esiste nella pretura di Firenze un aula di udienza piuttosto piccola.
E’ composta di poche sedie, una pedana ed una scrivania per il giudice.
eden-autoreggenteLa scrivania è molto alta rispetto al piano di calpestio ed è completamente aperta sul davanti.
Esiste anche un magistrato sui quaranta anni che è solita indossare minigonne piuttosto vertiginose e delle calze autoreggenti. Non bella, ma conturbante.
Si siede a questa scrivania ed inizia ad agitare le gambe. Le accavalla, le scavalla, si dimena sulla sedia.
Imperturbabile.
In questi momenti, il pubblico degli astanti – avvocati tristi, bagnati in questi giorni di pioggia, la polvere dei fascicoli che è diventata epidermide – la segue ondeggiando, come giocatori infilati in un’asta da calcio balilla giocata nevroticamente.
Una massa che si chiede se il bianco appena intravisto sia un perizoma o un tanga (non ho mai capito la differenza).
Una massa che stupra con gli occhi l’apparentemente ingenua esibizione.
E la giudice si diverte, chiama le cause ad una ad una, lentamente, fa domande complesse, interroga, coglie il disgraziato distratto e lo devasta a raffiche di codici sul capo.
Mi diverto a sedere in un angolo e guardare, un pò la folla, un pò il mistero ostentato.

Il prof. Panatta

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
31/10/2007

Ci sono giornate che iniziano bene ed altre meno bene.
Alcune cominciano tragicamente.
Può dipendere da molte cause: il tempo, la cena del giorno prima, il contenuto del frigorifero.
Può anche succedere che una giornata inizi benissimo e continui non altrettanto.
Una mattina nella quale il buongiorno, il primo buongiorno che sa di presagio per il resto della giornata, viene dal prof. Panatta non comincia benissimo.
Il prof. Panatta è un uomo sulla cinquantina, portati bene ma non troppo: si è sempre appoggiato sul fascino discreto della bellezza evidenziata con nonchalance.
Veniamo dalla stessa scuola ed abbiamo un cursus honorum molto simile. Di conseguenza, non ci siamo mai sopportati troppo.
Ha un talento per le relazioni personali stupefacente, e sa usarlo sia come garbata cortesia, mai troppo deferente, rara dote, sia come arrogante indifferenza.
Anche in questo siamo abbastanza simii.
Gioca a tennis veramente benissimo: un gioco perfetto, molto spumeggiante, d’attacco, divertente.
Sa usare benissimo il tennis per far divertire l’avversario, facendolo sentire un campione: le palle mai troppo lontane, né troppo difficili, ideali per segnare un punto ingenuamente stupefatto.
E’ il genere di giocatore con cui si può uscire dal campo dicendosi: caspita, non sapevo di giocare così bene.
Con questo talento, ha convinto i suoi – ma anche i miei – maestri, veri brocchi malati di sport, dei propri meriti scientifici.
E’ stato un vero piacere intellettuale vederlo giocare e perdere in maniera perfetta finché non ha conquistato la cattedra.
Ed ha avuto l’intelligenza di simulare dei terribili problemi fisici, in modo da poter smettere di perdere senza negarsi.
Ci incontriamo spesso di prima mattina.
Ci salutiamo con il sorriso di chi si conosce da sempre e sa che ci sono dei motivi per cui non si è mai diventati amici.
Ma stamani mi ha fermato.
Con viva e sospetta cordialità.
Lasciandomi con un sapore di portacenere succhiato durante una notte di bagordi: timeo danaos et dona ferentes.
So che presto saprò di cosa ha bisogno e che difficilmente sarò felice di saperlo.

Habent sua sidera lites

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/10/2007

Ogni controversia segue il suo fato.
Lo scrive Calamandrei nel suo Elogio del giudice scritto da un avvocato e racconta del cortile della pretura di Monsummano, dove gli avvocati si accalcavano con l’orecchio appoggiato al muro della camera di consiglio.
Stupito chiese perché e gli fu risposto che il giudice era solito decidere gettando il tocco contro il muro: se cadeva da una certa parte aveva ragione l’uno se cadeva dall’altra vinceva l’avversario.
Questi avvocati avevano allenato l’udito ed erano perfettamente in grado di capire attraverso il muro chi aveva vinto e chi aveva perso.
Calamandrei concludeva che in questo modo c’era un buon cinquanta per cento di possibilità che chi aveva ragione se la sentisse anche dare e che non è una percentuale da poco.
Non sono mai stato d’accordo.
Per me, chi ha ragione ha diritto di ottenere ragione.
E, da professore che non fa l’avvocato, continuo a provare vergogna quando vedo un torto, quando vedo un giudice che intende il suo mestiere come esercizio di carità e trova la sua soddisfazione nel dare sempre un pò o molto torto a chi ha ragione, che è più difficile, che a dare ragione a chi l’ha son buoni tutti.
Ma si sa, i professori insegnano, volano alti, si occupano di questioni stellari, nulla sanno della polvere dei tribunali.
Per questo, talvolta, ci vado.
Mi siedo da qualche parte, in un angolo, ed ascolto, sussulto, mi  indigno o sorrido.
I ragionamenti giuridici non sono difficili.
Il diritto è materia stupida: nasce dalla idiozia, ma ha bisogno di una straordinaria saggezza per poter diventare giusto.
A me, francamente, hanno sempre spaventato quelli che credono di poter giudicare.
Io non lo crederei mai.
E  non riuscirei a scrivere una sentenza di condanna finché non fossi assolutamente sicuro di non poter scrivere una sentenza di assoluzione.
Oltre ogni ragionevole dubbio.
Quel dubbio che mi distruggerebbe se avessi scelto di fare il giudice invece di insegnare una materia fatta di valori e di principi.

La pioggia del pissero

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/10/2007

Quando piove, mi illudo sempre che bastino un impermeabile aquascutum ed un cappello inglese per non bagnarmi.
Penso che le scarpe a coda di rondine mi tengano asciutto.
E che il ritorto faccia rimbalzare l’acqua.
Poi mi accorgo che i polsini della camicia escono dall’impermeabile che non è fatto per stare su una bicicletta; che le scarpe a coda di rondine non sono state ingrassate a  sufficienza; che il vestito di ritorto resta zuppo per ore.
E mi sento idiota.
Un idiota molto pissero e molto bagnato.

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