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Adesso che è finito tutto (Il primo di molti anniversari)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/09/2017

Adesso che è finito tutto, che trenta mattoni e qualche sfriso hanno chiuso la mia inaudita infanzia, posso avvolgere il suo ricordo in quattro parole scritte.

Come faccio con tutto quello che mi passa accanto per essere sicuro che sia passato davvero.

Non so come è morta.

L’uomo che abbiamo pagato per sostituire con la sua pietà il nostro affetto non si è espresso con chiarezza o forse non mi ha interessato e non sono stato a sentire.

So come mi sarebbe piaciuto che morisse.

Mi sarebbe piaciuto sentir raccontare che quando ha iniziato a respirare con fatica, il suo estremo compagno abbia chiesto se voleva chiamare qualcuno e abbia risposto:

Non chiami nessuno. Non importa. Anzi dica loro che ho dormito bene

Mi piace pensare che siano state queste le sue ultime parole.

Come mi piace ricordarla in questa foto che feci tanti anni fa e che ha sempre tenuto vicino.

Ilford 125, la pellicola; Nikkor 105  mm, f. 2,8, l’obiettivo.

Perché il giorno in cui si muore è il primo di tanti anniversari, tanti quanti sono i ricordi con cui cerchiamo di aggirare le oscene verità che la morte ci spalanca sotto i piedi.

A.M. (30/03/1934 – 17/09/2017)

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/09/2017

Ottantatre anni sono un battito di ciglia e un sorriso di perle quando a dieci anni si sono ascoltate le tempeste di acciaio vomitate dalle fortezze volanti e i diciotto anni hanno visto i vagiti atlantici della primavera del 1952.

Ottantatre anni sono la memoria di quando lei era tutte le mie certezze e, prima di ogni altra cosa, le mie certezze erano una merenda in un mondo colorato di pirati, corsari e tigri.

Ottantatre anni sono la memoria di quando era, per me ragazzo, uno sguardo fra le tende che mi guardava partire, sul mio verde destriero, dalle mie certezze di bambino e si domandava fino a quando sarei tornato.

Adesso ottantatre anni sono solo quello che sono e nemmeno un giorno in più perché sono tre coppie di numeri in un libro: quadrato, blocco e fila e come in un campo di sterminio servono a non smarrire la memoria nel naufragio della vita.

Guado a piedi nudi quest’ultimo Stige pregando che quando fra poco il coperchio della bara diventerà la sua maschera funebre s’impigli un raggio di sole fra i suoi capelli perché lei aveva paura del buio e non le piaceva per nulla dormire da sola.

I pensieri politicamente scorretti di una Ragazza Impertinente (L’ultimo giorno)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
15/09/2017

L’estate di Ragazza Impertinente è stata funestata dai compiti.

E’ diligente ma non particolarmente studiosa.

Uno dei suoi crucci sono i temi.

Ama leggere ma molto meno scrivere.

E’ sintetica. Non scrive mai più di quello che vuole dire e cerca sempre di dirlo con il minor numero di parole. Non riesce a essere ruffiana con i lemmi e la sua fantasia non ama girare intorno ai concetti che esprime sempre in modo molto pratico.

Mi piace il suo modo di scrivere.

Meno alla sua professoressa.

Uno dei temi era intitolato “L’ultimo giorno”.

Ha affrontato diversi ultimi giorni: l’ultimo giorno di scuola, l’ultimo giorno delle vacanze, l’ultimo giorno del campo scout ecc.

Di ognuno di questi ha dato una descrizione pratica: l’ultimo giorno di scuola si devono schivare i gavettoni dei maschi. L’ultimo giorno delle vacanze si deve pensare a cosa indossare il primo giorno di scuola. L’ultimo giorno di campo scout bisogna trovare tutto quello che si è perso in quindici giorni di tenda.

Ha scritto anche – non è particolarmente ottimista – dell’ultimo giorno di vita, immaginando che cosa avrebbe fatto se avesse saputo che quello era il suo ultimo giorno di vita.

Vorrei andare a Disneyland e avere il pass che ti fa evitare le code, poi vorrei andare sul surf e cavalcare delle onde altissime, poi vorrei andare a fare shopping e comprare tutte le cose che desidero e vorrei, vorrei, vorrei…

Ho chiesto se non erano troppe cose per un giorno solo e soprattutto per un giorno come quello.

No, perché se fosse il mio ultimo giorno di vita, io proprio non vorrei saperlo e non pensarci mi sembra il minimo, anche se un demone dispettoso me lo dovesse dire…

 

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