Tutte le suocere assomigliano ad Abelarda.
La loro bruttezza spaventa perché è la stessa bruttezza che un marito rischia di trovarsi a letto andando avanti negli anni.
In effetti, prima di sposarsi, uno più che guardare la moglie dovrebbe guardare la suocera e domandarsi se è disposto a vedere quella giovane fanciulla in fiore appassire e diventare sempre più dannatamente simile a sua madre.
Ed è una cosa che non si può dire, ovviamente.
Il mio più antico amico ha una suocera che assomiglia eccezionalmente ad Abelarda, ne costituisce in un certo senso l’archetipo.
Me l’ha mostrata in fotografia e non sono riuscito a trattenere il ridere: amaro come Villaggio, volgare come Fantozzi, triste come Carlo Delle Piane.
Un ridere che è continuato nei giorni successivi sino a che non ha perso la pazienza ed è sbottato difendendo la suocera dal mio body shaming. Difendendola e aggredendomi per il mio bullismo.
Mi è dispiaciuto, ovviamente.
Mi è dispiaciuto perché non poche volte ho cercato di essergli utile, ho impiegato il mio tempo per risolvere le sue beghe quotidiane, per tentare di esserci quando poteva avere bisogno di me.
Mi è dispiaciuto perché ho capito che tutto questo non mi aveva guadagnato il diritto di prendere in giro la sua suocera Abelarda, che, peraltro, è Abelarda non più della mia.
L’amicizia è conoscere anche i difetti dei nostri amici, conoscerli ed accettarli, sapere che l’amicizia che riceviamo ha come prezzo il carattere dell’amico che ce la dona, ci obbliga ad accoglierlo per la persona che è e non per la persona che vorremmo che fosse.
Ho trovato ingiusto pretendere il collaborativo affetto di un amico, da una parte, e aggredirlo perché non si è disposti ad accettare una sua risata o una sua presa in giro, dall’altra.
Mi è sembrato di non meritarlo e, lo confesso, sono stanco di chiedere scusa per come sono e di dire a me stesso che merito di essere aggredito perché dovrei essere diverso.
Soprattutto sono stanco di chi non capisce che la stessa persona che prende in giro la suocera Abelarda è quella da cui si va quando si ha bisogno di scrivere una lettera, preparare una testimonianza, acquistare una casa, dar soddisfazione a una ex non troppo simpatica e maneggevole per i suoi problemi legali, peraltro straordinariamente complessi.
Sono la stessa persona e rivendico il diritto di chiamare Abelarda tutte le suocere del mondo e lo faccio perché so di essere Abelardo per chi un giorno nemmeno troppo lontano ormai sposerà le mie figliole.
Ma soprattutto so quello che ho dato e non merito in nessun caso di essere aggredito.
Io non so che cosa è il buio.
Conosco la legge del buio e so che questa legge è conseguenza della sua natura: l’assenza di luce attira i colori, li schiaccia. Ogni colore schiacciato aumenta la forza di attrazione del buio.
L’essenza della legge del buio è che niente può esistere al di fuori, dentro è una fortezza che trabocca di fame e paura.
Conosco anche la legge della luce e anche questa legge è conseguenza della sua natura: la luce costringe i colori a danzare finché non si riuniscono in un bianco che li acceca.
So che la legge del buio è altrettanto spietata della legge della luce.
So che la vita ha bisogno dell’ombra che difende dalla luce e della luce che allontana il buio.
Che la vita è il coraggio del grigio, che per vivere bisogna saper camminare fra il buio e la luce, senza lasciarsi catturare né dal canto dell’una o dal fragore dell’altro.
Penso tutto questo mentre ti guardo e vedo il palmo della mano che hai scarnificato con le unghie, come una cannibale, vedo i tuoi occhi che sempre più spesso si lasciano annegare in pianti disperati come la dannazione, vedo il tuo viso che diventa trasparente, i tuoi capelli che hanno il colore dell’oro senza l’allegria del grano.
E, come sempre, quando ti guardo so che se rinascessi mille e mille volte non ti vorrei mai diversa da come sei, non vorrei altro dolore nel mio cuore, maledicendomi perché mai riesco a dirtelo come dovrei per dare ombra alla tua notte.
Perché qualunque cosa tu sia e qualunque cosa tu soffra, per me, sei sempre ciò che di più bello può esistere.