Il torbone (un barman improbabile)
Le radici di un cocktail sono la capacità di adeguare un insieme di bevande ad uno stato di animo e di unire il tutto con un nome che possa ricordare tanto le bevande mischiate che lo stato di animo.
Il torbone è un cocktail povero, di quelli da bar di periferia, che mettono insieme la sete con la polvere.
Ha bisogno di un terzo di punt e mes, con la bottiglia slabbrata e l’etichetta lavata troppe volte per non far vedere di essere stata comprata da un gestore eccessivamente ottimista, un terzo di campari, di quelli che si usano per qualsiasi cosa perché il bitter non può peggiorare il sapore di quello che copre, ed un terzo di acqua gassata, con una fetta di arancia.
Si può aggiungere del gin o della vodka.
Si chiama torbone, perché introduce in un mondo onirico, nel quale si può pensare di avere appena preso un torbone nel viso in un incontro di boxe truccato.
E’ perfetto per una fermata ai bordi di una strada di cui non si ricorderà mai il nome, o durante una serata nella quale la televisione urla i cartoni animati ad un mal di testa diluito da troppe pasticche.
La variante con il martini rosso si chiama americano, mentre quella con il gin ed il martini rosso è il negroni.
Ma queste sono altre storie.
Molto meno polverose.