Capbreton
Il sole di Capbreton.
Scalda anche questa pioggia fitta e nervosa, che lascia i bambini a casa, avvolti nell’inverno della loro prima influenza.
Il sole di Capbreton.
Scalda anche questa pioggia fitta e nervosa, che lascia i bambini a casa, avvolti nell’inverno della loro prima influenza.
La regione toscana, credo con deliberazione di Giunta, ma non escludo né la deliberazione di Consiglio né la determina dirigenziale, ha risolto un dilemma atavico, decidendo che si nasce omosessuali.
Dal punto di vista costituzionale, forse lo strumento più idoneo avrebbe dovuto essere la legge, intesa come supremo atto di sintesi politica.
In ogni caso, la notizia ha destato un certo stupore ed è apparsa su tutti i giornali, alla pari dell’ordinanza sui lavavetri del sindaco Domenici, digitalmente sottoscritta dall’assessore Cioni.
Il tutto è stato trasferito in una campagna pubblicitaria, dove un paffuto neonato ha sul braccialetto ospedaliero la scritta ‘homosexuel’, invece del nome della madre .
In Toscana, gli omosessuali sono chiamati con molti nomi e difficilmente sono usati francesismi ma forse si vuol lasciare intendere che i francesi sono tutti omosessuali, travestendo un approccio creazionista come una gaffe razziale.
Temo la reazione di quel maschione di Sarkozy: non vorrei che alla prima occasione abbracciasse more ferarum il presidente della Giunta regionale.
Lo conosco fin da piccolo.
Quando gli altri bambini giocavano a pallone, lui faceva collezione di gomme da cancellare profumate con le sorelle più grandi.
Una famiglia strana, soffocata da un padre molto di successo, affascinante, non particolarmente votato alla fedeltà coniugale.
La madre, triste: una bella donna invecchiata anzitempo dai tre figli, acida.
Lui quasi invisibile nell’assenza del padre, nella disperazione isterica della madre, nella graziosa vacuità delle sorelle.
Mi è cresciuto accanto.
Quando è diventato grande, ha cominciato a parere un pò troppo effeminato.
Delicatamente bello, quasi efebico, un modo cortese di porgere le cose nel conversare.
Sensibile, a tratti eccessivamente sentimentale, ma sempre intelligente.
Veniva spesso a casa mia, finché una volta si sentì in dovere di confessare al mio imbarazzo il suo innamoramento.
Non ci siamo quasi più visti.
Oggi era seduto su una panchina, nelle prime ore del mattino, il viso orrendamente truccato, l’aria disfatta di una notte malvissuta.
Mi sono fermato a salutarlo.
A salutare il suo stupore: non pensava che mi sarei fermato.
E mi sono ricordato di avergli voluto bene.
Di volergli ancora bene.
Assorbendo una volta di più tutta la sua sofferenza di bambino invisibile.