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Il primo giorno del Dragone Alberto

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/08/2007

È accaduto molti anni fa.
Il Dragone Alberto è arrivato improvvisamente.
Una bimba piangeva.
Il pianto dei bimbi appena nati.
Un misto di fastidio e bisogni che si impara a comprendere lentamente.
E nel frattempo piange.
Con l’urgenza di un suono programmato per essere insopportabile.
Era aprile.
Un aprile piovoso e mite.
Dolce.
Come sa essere questo mese.
Quando la primavera non vuole ancora essere estate.
E si appoggia lieve ad un sole che si fa lentamente forza.
La bimba piangeva.
Ma era pulita.
Aveva appena mangiato.
Era ancora presto per le coliche e terribilmente presto per i primi denti.
In questo pianto arrivò il Dragone Alberto.
Con una voce quieta.
Tranquilla.
Un po’ roca.
Una voce che ha visto molto.
Ed iniziò a raccontare le sue avventure.
Prima però si presentò, spiegando di essere un dragone molto giovane.
Di non conoscere altri dragoni.
(In realtà, conosceva solo Nonno Vulcano, dragone assai irascibile)
E di viaggiare molto.
Narrò del suo paese.
Era nato in una grotta, come quasi tutti i dragoni.
Mamma Dragona si era allontanata dalla terra dei suoi antenati, che è in Persia, quando iniziò a capire che il petrolio sarebbe diventato importante per gli uomini.
Il Dragone Alberto spiegò che i dragoni mangiano il petrolio.
Molto petrolio.
Da sempre.
(Qualche volta anche il carbone o il gas, se proprio non c’è altro, per dire il vero)
Ma adesso anche gli uomini mangiano il petrolio.
Più dei dragoni.
Soprattutto, gli uomini che cercano il petrolio scacciano i dragoni, che sono timidi ed odiano essere visti.
Per questa ragione, Mamma Dragone decise di cambiare dieta e di scappare dalla Persia.
Emigrò, si potrebbe dire se questa non fosse una fiaba.
Ed iniziò a cercare un posto adatto per vivere.
Trovò – dopo molto tempo e molte avventure, ma questa è un’altra storia – lo Stagno Minestrone.
Lo Stagno Minestrone è un lago di zuppa bollente.
Un vero minestrone di verdure.
Molto salato, a dire il vero.
Anche un po’ sciocco, se proprio devo essere sincero.
(In realtà, ma questo il Dragone Alberto non lo aveva capito, lo Stagno Minestrone è vicino al mare, sicché è salato quando la marea sale, sciocco quando scende)
Sulle rive dello Stagno Minestrone, il Dragone Alberto è nato.
Il primo dragone che mangia solo zuppa di verdure.
E non sbuffa fuoco.
Quando proprio si arrabbia sputa carote, sedani, cavoli, bietola e quant’altro.
Ecco, così il Dragone Alberto si presentò alla bimba.
Che cominciò ad ascoltarlo.
Gli occhi – azzurri, quasi grigi – che lo seguivano.
Nella danza delle parole sulle ombre.
Suoni, che diventavano sogni.
In quel sonno_con_le_manine_alzate dei bimbi appena nati quando vengono posati nella culla.

Il Dragone Alberto

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/08/2007

Non saprei definire l’odore di questa giornata.
È calda e un po’ sporca.
Ha l’impronta delle cose smesse.
Di un pigiama lasciato su di un letto dopo una notte di insonnia.
Potrebbe essere una giornata perfetta.
Forse.
Potrebbe.
Ma è solamente un mood.
Il mood della mia tristezza.
Mentre cerco una ragione per continuare a raccontare fiabe.
Per ricordare dove ho lasciato il Dragone Alberto.
Che ha sempre accompagnato il sonno delle mie bambine.
Insieme allo Gnomo Riccardo.
Ed alla loro casa vicino allo Stagno Minestrone.
La realtà è che provo sempre più dolore.
Oramai sono più quarantasette giorni dall’ultima volta che ho dormito per più di due ore consecutive.
E non ricordo nemmeno l’ultima volta che sono riuscito ad alzarmi dal letto senza avere bisogno di lasciarmi scivolare a terra.
La realtà è che inizio a non resistere più.
Mi arrendo lentamente.
E le fiabe del Dragone Alberto fuggono dalla mia bocca.
Restano sospese.
Mentre cerco una solitudine densa.
Fumosa.
Grumi dentro ai quali non essere visto.

Banalità

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/08/2007

Il radiogiornale di  oggi ha raccontato una notizia piuttosto singolare.
Un marocchino di trenta anni è stato travolto da una ruota a Mirabilandia.
Il poveretto ha deciso di andare in gita a Mirabilandia con la fidanzata italiana.
Durante un giro della ruota ha perso il cappellino.
Si è disperato.
Ha deciso di cercare di riprendere il cappellino.
La fidanzata italiana ha cercato – inutilmente – di dissuaderlo.
Il marocchino ha oltrepassato la recinzione del terreno al di sotto della ruota.
Non si è accorto che la ruota stava per passare.
O, mi permetto di aggiungere, se ne è accorto ma ha pensato che la ruota sarebbe passata sopra  di lui.
E’ stato colpito alla testa dalla gamba di una ventenne italiana.
La gamba si è rotta in più punti ed il marocchino anche.
Osservazioni possibili:
perché il marocchino era marocchino, la  fidanzata era italiana e la gamba egualmente?
la notizia sarebbe cambiata molto se il marocchino fosse stato un avvocato olandese o un medico americano in viaggio di nozze?
Ma queste sono osservazioni di banale cinismo.
Esiste però anche un’altra possibile narrazione che può dar vita a riflessioni diverse.
Ieri (18 agosto 2007) una persona ha perso la vita cercando di recuperare il proprio cappellino.
Che cosa può spingere una persona a rischiare la propria vita per un cappellino?
Fino a che punto si deve essere poveri per provare autentica disperazione nella perdita di un berretto?
Forse sono queste le riflessioni che avrei voluto ascoltare.
Molto di più del papa che invita a riflettere sul rapporto fra fede e ragione.
Del segretario di Stato vaticano che si interroga sulla relatività dei valori.
I valori sono diventati talmente relativi che una persona è potuta morire per un berretto.

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