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Idalberto (inganno di infanzia)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/09/2024

E’ un ricordo di infanzia e ha il sapore gigante delle cose viste da un bambino di tre anni cicciottello e con gli occhi storti.

Abitava sotto di noi a Castiglioncello in quella casa che è stata felice come tutte le case al mare e infelice come tutti i luoghi in cui la famiglia che mi ha generato ha dimorato alcun tempo.

Era alto e innamorato della moglie argentina, Corinna.

Trasformò la benda che curava il mio strabismo in un travestimento da pirata. Erano gli anni del Corsaro Nero e dell’Isola del Tesoro, ma anche della marmellata di fichi e delle caramelle Rossana.

Gliene fui grato.

Mi raccontava della guerra perché era stato paracadutista a El Alamein e quei racconti mi colpivano moltissimo: erano così diversi dalle storie di deportazione e confino dei miei nonni.

Aveva una figlia maoista di cui non parlava volentieri ma questo per me non aveva importanza: nulla immaginavo dei sogni che allontanano i genitori dai figli e ancora non li temevo.

Il suo babbo si chiamava Torello e i capelli della sua mamma sapevano di nonna buona.

Oggi ho trovato in una libreria usata un suo libro di poesie: tenere e decadenti. Mai avrei pensato che scrivesse poesie.

E’ un libro magico perché lui è uscito fuori da quelle pagine e io sono tornato quel bambino che lo ascoltava affascinato, ancora una volta pieno di gratitudine per la gioia che mi ha portato in dono.

La mia infanzia, per qualche attimo, ha avuto più il sapore dei brigidini che mi portava da Lamporecchio che di quella famiglia che mi ha generato come un tribunale che consegna al carnefice un rompicoglioni la cui innocenza è affatto irrilevante.

Qui non si fa la storia (Genny e Rosy)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/09/2024

Ci sono uomini che fanno la storia, uomini che vivono mentre si fa la storia e ci sono molti che mentre qualcuno fa la storia si fanno gli affari loro.

Il ministro Sangiuliano (Genny per Maria Rosaria che, forse, per lui, era Rosy ma questo lei ancora non lo ha rivelato) potrebbe appartenere a una di queste categorie – o a un’altra più adeguata a un uomo della sua levatura: marito infedele e amante fedigrago, ministro cui il Presidente del consiglio ha confermato la piena fiducia e ministro piangente più della Madonna di Pompei quando deve lasciare lo scranno, uomo attaccato dalle lobbies del cinema di cui avrebbe danneggiato gli interessi ma capace di una raffica di nomine in extremis che nemmeno Cirino Pomicino.

E’ difficile non provare per quest’uomo la stessa umana pena che ha manifestato colui che di Rosy è stato il legittimo consorte senza serbarne un piacevole ricordo: vive con la moglie un rapporto logorato dalla consuetudine di due persone che sporcano le stesse lenzuola per un periodo prolungato, sparge la voce nei luoghi di lavoro che quel rapporto – in cui sta benissimo pur senza provare quelle eccitazioni che alla sua età dovrebbero far parte del patrimonio clinico dell’urologo e non dei consigli del farmacista – è ridotto a una mera convenienza, corteggia chi manifesta per lui una predilezione da macchinetta per il caffè (sorrido a chi ha la chiavetta perché voglio risparmiare gli spiccioli), è sufficientemente ingenuo da pensare che se una donna di vent’anni più giovane lo segue mostrandogli affettuosa familiarità sia ispirata dagli stessi sentimenti dell’amante dell’aviatore descritta nei romanzi di Liala che leggeva sua nonna.

Ma tutto questo non è interessante quanto la mente di Rosy: nella sua intervista, così diversa dalle lacrime di Genny, fra un’allusione e l’altra, sembra voler apparire una donna che si vendica dell’amante che non ha mantenuto le promesse: mi avevi detto che con tua moglie era finita e che saresti venuto a vivere con me, non lo hai fatto ed io allora racconto tutto alla legittima consorte, sembra voler rivendicare un diritto alla verità che sarebbe stato leso.

Peccato che della donna ingenua e maltrattata dalla scaltrezza della maschile cupidigia Rosy non abbia il phisique du role, esattamente come Genny non somiglia molto a Alain Delon, anche se forse lo ha pensato, sicché la pietra dello scandalo, quella che Di Pietro evocava dicendo che si doveva seguire il denaro, è la carica a titolo gratuito di consigliera per i grandi eventi dapprima promessa e successivamente revocata dal ministro infedele.

Perché è così importante una carica a titolo gratuito?

Questa è la domanda vera e non riguarda solo il ministero per i beni culturali ma l’intero sistema di governo: se nessuno fa niente per niente, e di solito è così, perché se Genny difficilmente poteva pensare che Rosy fosse rimasta colpita dalla profondità tenebrosa del suo sguardo, ancora più difficilmente poteva pensare che facesse qualcosa a titolo gratuito, allora una carica a titolo gratuito è remunerata in un modo diverso da quello che appare sul sito del ministero.

Il consigliere a titolo gratuito, si può immaginare, è la persona cui il ministro affida per un certo periodo di tempo il compito di elaborare la politica del ministero in un determinato settore, in questo caso: i grandi eventi, ovvero il G7 della cultura di Napoli. Una volta che la sua nomina è formalizzata o comunque conosciuta tutti coloro che sono interessati alle decisioni che saranno adottate in quel determinato settore sanno su chi fare leva per vedere valorizzati i propri interessi e se il consigliere a titolo gratuito è persona di mondo, la sua visione dell’interesse pubblico potrebbe essere più vicina a quella che fu di Mazzarino che non a quella che caratterizzava Bismarck.

La cosa interessante dell’Affare Sangiuliano non è il ministro che piange alla televisione perché ha tradito la moglie e nemmeno la fidanzata che rivendica il proprio diritto alla verità, è il materiale di quella che una vera opposizione avrebbe trasformato in una inchiesta parlamentare: quali viaggi ha fatto il ministro con la sua collaboratrice a titolo gratuito? chi hanno incontrato insieme, ovvero a chi il ministro ha presentato la collaboratrice? chi la collaboratrice ha incontrato successivamente? E così via, perché i social di Rosy non erano nati come strumenti di pressione e ricatto ma come strumenti di autopromozione.

Ma ci si preferisce chiedere se Genny ha pagato o no il ristorante a Rosy e, d’altra parte, i consiglieri del principe non sono una invenzione di questo governo.

Memoria di A.F.

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
03/09/2024

Tutti finiamo nello stesso identico modo.

Una cassa aperta in un salotto addobbato a lugubre festa o in una cappella del commiato che non può essere più triste di come è stata progettata, costruita e manutenuta.

Il vestito scelto dai familiari che avvolge un corpo senza anima, senza colori, senza respiro.

Definitivamente freddo: parenti e amici passano, sussurrano qualche preghiera, lasciano lacrime d’ordinanza, chiacchierano fra di loro perché in fondo la morte è un’occasione di incontro e il morto non può sentire più niente.

Quei vestiti si assomigliano tutti: camicia, giacca, cravatta, pantaloni lunghi, scarpe allacciate: nere.

Lugubri abiti di nozze.

Lui, no.

Lui che è morto quando ancora avrebbe potuto dire tanto, lui che non si era mai arreso, lui che aveva sempre la parola giusta per risolvere i problemi, che era abituato a prendersi le sue responsabilità fino in fondo.

Lui ha voluto essere diverso. Si è fatto mettere la camicia della regata che più amava, i pantaloni corti Helly Hansen, le scarpe da vela. Niente calzini in quella bara.

Il suo corpo non era a una lugubre festa di nozze.

Ha voluto che fosse alla partenza di  una crociera.

E questa immagine resta come un tatuaggio sulla pupilla: si muore come se si partisse per un giro in barca perché se dopo questa morte non ce ne sono altre, la vita è un viaggio che non si ferma se chi muore ha vissuto.

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