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Per chi suona la campana (il Bayesian e gli altri sepolti del Mediterraneo)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/08/2024

La tragedia della Bayesian è scioccante per chiunque vada per mare: è incredibile pensare che una nave a vela costruita da Perini Navi possa essere affondata, non ci si può immaginare che una nave condotta da un equipaggio di professionisti abbia spedato l’ancora e sia andata alla deriva, il grido dei sopravvissuti – improvvisamente tutto è diventato oscurità – fa ghiacciare il sangue nelle vene.

Ne abbiamo seguito gli sviluppi dai giornali, con avida curiosità. Abbiamo tremato per la bambina in mezzo alla tromba d’aria, siamo stati portati a bordo mentre la nave affondava e i suoi ospiti cercavano scampo spostandosi verso poppa dove restavano definitivamente intrappolati, abbiamo seguito il recupero dei corpi uno ad uno.

Di questa tragedia, che molti leggono come un complotto sapientemente ordito ai danni dell’armatore, probabilmente non sapremo mai molto più di quello che si poteva capire già nelle prime ore: quasi tutto l’equipaggio, dieci persone, si è salvato, ha avuto il tempo di salire sulla zattera di salvataggio e di allontanarsi. Gli ospiti che si sono salvati, invece, sono riusciti a salire all’aperto e lanciarsi in mare dove a loro volta sono stati raccolti e tratti in salvo.

E’ inevitabile porsi una domanda, con l’imbarazzo delle domande che uno non si dovrebbe mai fare perché per dare una risposta vera ci si dovrebbe trovare in quella situazione e si spera che questo non accada, perché l’equipaggio si è salvato e non anche gli ospiti?

Ma è anche giusto non darsi una risposta: questa risposta riguarda un procuratore della Repubblica e il suo atto di accusa, se mai sarà formulato, prima, e un processo e la sua sentenza, poi. Per queste pagine, il comandante che abbandona la nave è un uomo condannato, più di ogni altro, a portare con sé il peso insopportabile di un marchio che nessuna giustizia potrà mai cancellare.

C’è, però, un’altra domanda che questa orrenda tragedia pone. La stessa domanda dipinta da Gericault nel suo Radeau de la Mèduse: perché questi morti ci impongono compassione e non godono dello stesso oblio di tutti gli altri morti innocenti di questi giorni, a Gaza, in Ucraina, nel Donbass, in uno qualsiasi degli infiniti luoghi del mondo in cui si muore innocenti – magari in braccio a una madre che cerca di proteggerci inutilmente con il suo corpo?

Perché la morte di un miliardario nel suo panfilo ci scandalizza e colpisce più della morte oscura di uno dei tanti migranti che il Mediterraneo ha sepolto con le sue onde, così corte e così maligne?

Quell’uomo non era nato per morire così. E’ questa la terribile verità: ci sono uomini che non nascono per morire dell’indifferenza dei loro servitori, che hanno il diritto di reclamare una fedeltà fino alla morte e ci sono uomini che, invece, nascono e muoiono nella stessa indifferenza generale, perché, in fondo, sappiamo che sono inutili, che la loro morte non aggiunge niente al niente che la loro nascita aveva aggiunto nella storia dell’umanità.

Ed è questo che davvero stomaca della tragedia del Bayesian.

L’estate è l’autunno degli anziani

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/08/2024

Estate è quando questo portone, alle 10:35, proietta la sua ombra alla stessa distanza da entrambe le pareti.

La città è piena di clessidre: basta saperle trovare.

Ma l’estate è anche l’autunno degli anziani.

Si spogliano, come alberi.

Perdono quegli abiti che, in altre stagioni, li rendono simili a ciò che erano.

Spuntano le loro gambe magre.

Le braccia segnate di vene_azzurre come la stola del prete nei giorni di lutto.

Camminano persi appoggiati a badanti di ogni razza.

Gli unici capaci di sopravvivere a una memoria che non gli appartiene.

Anche la vecchiaia è un’interfaccia.

Campo largo, campo contro: controcanto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/08/2024

Funaro e Giani

Il tema caldo di un agosto particolarmente caldo dovrebbero essere le meduse che infestano il mar Ligure e che impediscono di fare il bagno ai villeggianti di Forte dei Marmi e invece è la ricandidatura di Eugenio Giani come governatore della Regione Toscana.

Lo ha fatto intendere con una certa crudeltà il segretario regionale del Partito Democratico, Fossi, dapprima sul Corriere Fiorentino e poi in una intervista di Domenico Guarino su Controradio: la candidatura non deve riguardare una persona ma un programma per la Toscana del futuro e questo programma deve essere elaborato con i movimenti politici che hanno in comune una precisa scelta di campo: il campo largo della Schlein.

Fossi ha anche elencato questi movimenti: il partito democratico, ovvero la istituzionalizzazione inconsapevole delle convergenze parallele fra quello che resta del partito comunista e quello che non si è decomposto della democrazia cristiana; il movimento cinque stelle, quello di Conte; AVS, la strana combriccola di coloro che hanno votato democrazia proletaria quando avevano l’età e non sono voluti crescere; Più Europa, i nostalgici del partito di azione e i sopravvissuti alla personalità di Pannella.

Significativamente non ha indicato Renzi che, però, fa parte della maggioranza di Giani, al contrario dei cinque stelle.

La situazione è ben rappresentata dalle immagini con cui il Corriere Fiorentino ha voluto commentare le esternazioni di Fossi (Giani fa parte di un cleavage, il circolo dei canottieri, che riunisce esemplificando l’elettorato di Renzi) e la replica di Giani (se vuoi restare, Giani deve percorrere le piste tracciate da Sara_Sarà).

Il campo contro è rappresentato, ovviamente, da questa destra che vince e sa vincere perché ha una leader che dice qualcosa, che sa parlare alle persone, non solo al loro stomaco, come è troppo facile dire, ma, sembra di poter dire, anche da Renzi, avvertito come pericoloso da una sinistra che ne avverte il potenziale egemonico e ne teme l’intelligenza manovriera.

Giani è troppo intelligente per non sapere che la sua sopravvivenza politica dipende da queste manovre e che queste manovre, a loro volta, non dipendono da lui.

Ma tutto questo, dal punto di vista di un elettore preoccupato, è pressoché incomprensibile.

Per questo elettore, quello che dovrebbe contare è la Toscana del futuro, il progetto intorno al quale Fossi vorrebbe costruire il campo largo in vista delle prossime elezioni regionali e che non sembra molto diverso da Firenze plurale: tanti progetti, la FI_PI_LI, la Darsena Europa, l’innovazione intorno ai quali costruire un programma.

C’è qualcosa di stonato in questo modo di costruire le alleanze, di stonato e, nello stesso tempo, di autoaccusatorio: la Toscana del futuro di Fossi non è molto diversa dall’Italia del discorso di Stradella di Depretis. In entrambi i casi, non contano le idee, conta il trovarsi d’accordo su singoli progetti di infrastrutture, allora erano le ferrovie, oggi sono le vie di grandi comunicazione, ma non cambia niente. Il trasformismo di Depretis ha logorato la sinistra storica consentendo la nascita prima di un partito socialista forte e dopo di un movimento antagonista egemone di destra.

Ma questa lezione non viene imparata: la sinistra se vuole vincere deve tornare alle sue radici e chiedersi quali sono.

Se ha ancora un senso credere che la diseguaglianza ha un valore solo se determina un vantaggio per i meno fortunati, allora, non ha senso fissarsi sulla Toscana del futuro. La Toscana del futuro è quella che crede in questo ideale, non che lo annacqua nel campo largo.

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