Gli ultimi istanti
Non c’è da dire niente negli ultimi istanti di vita di un uomo.
Gli si sussurra quello che vorremmo fosse il nostro saluto nella speranza che ci possa sentire.
Gli si racconta di una leggenda indiana secondo cui sono i figli che scelgono i loro genitori prima di nascere, scelgono da quale ventre uscire e quale soffio di vita li animerà.
Gli si dice che si ricorda quel momento, quel momento in cui lo abbiamo scelto come il miglior padre che si potesse mai avere.
Gli si dice tutto questo, sperando che ascolti, mentre le sue dita stringono ancora le nostre e ci ricordiamo di quando ci ha insegnato a camminare e lo abbiamo scelto, ancora una volta, come il miglior padre che si potesse avere; di quando ci ha accompagnato a scuola, il primo giorno, con il grembiule nero e la goletta bianca; di quando ci ha comprato tre bic extrafini per il primo esame al quale abbiamo preso il massimo dei voti; di tutte le passeggiate che abbiamo fatto perché a lui piaceva camminare e a me piaceva parlare con lui del futuro; del fatto che niente di quello che abbiamo costruito lo avremmo costruito se non avessimo avuto la sua impronta a guidare i passi sul sentiero.
Gli si dice che nessun errore è stato davvero un errore, che sappiamo che ci ha voluto bene in ogni istante della sua vita e che non abbiamo mai smesso di pensare che fra tutti i padri, quel giorno, in cui lo abbiamo scelto, abbiamo scelto davvero il migliore.
Senza piangere, senza piangere, senza piangere perché a lui non sarebbe piaciuto.