Porcorate
Quest’anno i nostri coefficienti di penetrazione saranno eccezionali.
Detto da una tapinotta minigonnata in una assise societaria.
Un perfetto esempio di porcorate.
Quest’anno i nostri coefficienti di penetrazione saranno eccezionali.
Detto da una tapinotta minigonnata in una assise societaria.
Un perfetto esempio di porcorate.
Col piffero:
La sala di attesa e’ 5 * 5 e ci sono non meno di trenta persone;
Una delle trenta parla dei suoi problemi con un tono di voce intollerabile
Un’altra odora di catramina impestata e non riesce a non diffondere questo suo talento
C’e’ anche un incrocio fra un sordo e un demente che dice “sono io” qualunque numero venga chiamato
Se si aggiunge che si aspetta da oltre un’ora qualcosa che si preferirebbe non aspettare, quel “Si accomodi” suona troppo ironico per non essere consapevole.
Gli sms di auguri sembrano essere stati oltre un miliardo.
Nella sola Italia e solo per il nuovo anno.
Molti affatto inutili. Il semplice frutto di un acritico send to many.
In ogni caso, gli sms di auguri sono diventati una singolare forma letteraria.
Uno strumento che consente di non perdere completamente il contatto con la lingua scritta.
Taluni meritano di essere segnalati:
Un 2008 proficuo (ovvero vantaggioso. Ma sotto quale profilo? Economicamente proficuo, moralmente proficuo, sentimentalmente proficuo?)
Auguri sinceri (e’ una precisazione che non puo’ non far pensare)
Un. 2008 ricco di successi (si sara’ accorto che non faccio il cantante?)
Ricco di tante belle novita’ (ma se sto benissimo cosi’?)
In questo 2008, ti auguro di ricevere in ogni momento, in ogni luogo, in ogni circostanza il meglio che c’e’ (sara’ mica il caso di toccarsi?)
Etc.
In tutti questi casi, una cartolina prestampata – con un costo non eccessivamente superiore – avrebbe fatto assai miglior figura.
Il capodanno è un momento fantastico per osservare le degenerazioni estetiche degli umani.
Prima di tutto, ci sono i petardi.
Non ne scoppiano mai abbastanza in mano agli idioti che li comprano.
Poi, l’abbigliamento.
La Stampa di oggi dava la notizia di una coppia – madre e figlia – che ha rapinato un negozio di intimo per poter disporre degli indumenti rossi più adatti alla serata.
Quest’anno, però, più che le intramontabili mutande rosse, che sembrano sortilegi per trasformare gli stanchi mariti in tori, sembrano essere d’obbligo gli stivali.
Non normali stivali da donna, del genere che si può osservare senza avere un sussulto demoralizzato ai lombi.
No, si parla di quegli stivali che superano il ginocchio.
Quegli stivali che andavano di moda fra i moschettieri di Dumas.
Cose terrificanti, appena portabili da diciassettenni modelle efebiche, ma che indossati da porcelle stagionate come capocolli e travestite da gran dame fanno venire voglia di fuggire sulla luna.
La monogamia e’ uno stato dello spirito assolutamente innaturale.
E’ anche possibile dubitare che la monogamia sia uno stato dello spirito.
Se lo e’, lo e’ di uno spirito alterato.
A ben vedere, i rapporti occasionali non possono che essere monotoni, sfugge loro la dimensione dell’alito mattutino o del calzino serale.
Egualmente una sola monogamia e’ terribile. Lascia sempre il dubbio di perdere qualcosa.
Di qui, la necessaria opportunita’ di coniugare i due stati, attraverso l’istituzionalizzazione non gia’ della barbara poligamia bensi’ di una pluralita’ di monogamie, ciascuna ignota alle altre.
E’ natale anche per i figli degli altri.
I figli degli altri non sono figli nemmeno a metà.
Non c’è nulla da fare.
Sono lì.
Con la loro madre o con il loro padre ed il compagno della madre o del padre.
In una festa allargata.
Tutti insieme.
Non l’albero familiare nella sua estensione sopravvissuta dopo la pasqua, ma la catena dei dissesti e dei disguidi.
Luca con i figli che ha avuto da Marta.
Marta con i figli che ha avuto da Piero.
Piero con i figli che ha avuto da Monica.
Con un quesito di fondo: ma i figli di Luca se sono fratelli dei figli di Marta che sono fratelli dei figli di Monica, sono fratelli anche dei figli di Monica?
La discussione delle tesi di laurea è un momento arcano ed oscuro della vita accademica.
Resiste nel rituale un tenue ricordo di quando le università erano composte di poche centinaia di studenti e le tesi venivano davvero discusse: l’allievo doveva dimostrare di essere all’altezza del maestro ed il maestro grazie ai suoi allievi affermava la sua sapienza.
C’è anche una vaga aria da festa di paese: l’aula magna si riempie di signore assai poco abituate ad infagottarsi nei vestiti della domenica e molte delle mani che si stringono quando si ha l’ipocrisia di congratularsi con lo studente non hanno l’aria di avere impugnato molte penne.
Di qua dal tavolo, le tesi di laurea sono un momento di straordinaria noia.
Ci sono varie tecniche per sopravvivere ad una sessione: contare i "cioè" della esposizione del candidato, scommettere sui voti finali prima della discussione, giocare a brik breaker o a sneak sul portatile, etc.
Uno degli strumenti migliori di sopravvivenza è il blackberry: consente di ripassare la posta dell’ultima settimana e di rispondere a quelle mail che sembrano scritte apposta per essere dimenticate.
Per fortuna, ci sono dei colleghi che fanno di tutto per movimentare le sedute.
Così, è successo che un simpatico collega piuttosto anziano, non particolarmente famoso per le sue doti scientifiche, ma molto più noto per i denti che si rincorrono l’un l’altro disegnando un labirinto cariato, abbia introdotto il suo candidato con uno splendido concione sulle conferenze di servizi: E’ una tesi davvero interessante, si occupa di un punto centrale del diritto amministrativo, le conferenze di servizi sono uno degli strumenti più moderni di raccordo interistituzionale, etc.
Fin qui, una relazione noiosa, ma nulla di eccezionale.
Lo strano era guardare il candidato, sempre più a disagio, sempre più preoccupato, si agitava sulla sedia, sembrava sull’orlo di sentirsi male.
L’anziano relatore si accorge che qualcosa non sta funzionando.
Si ferma.
Guarda il candidato.
Il candidato è completamente rosso.
Interviene il Presidente.
Chiede cosa stia succedendo.
Il candidato, con imbarazzata flemma, risponde che la sua tesi non riguarda le conferenze di servizi, ma la conferenza Stato – regioni, che sono una cosa completamente diversa.
A questo punto, è il relatore che arrossisce.
Nemmeno troppo.
Gli è successo di peggio: una volta è stato trovato in un gabinetto mentre si dilettava more ferarum con un giovane allievo e sono cose che nessuno dimentica.
Ora ma proprio ora.
Un treno che si ferma in tutte le stazioni.
Cento chilometri in un’ora e mezzo.
Una tipa che urla nel portatile le sue storie d’amore.
Urla e accavalla le gambe.
Urla e scavalla le gambe.
«Lui deve capi’ che ‘un si fa’ pe’ ruzza’»
Ride e vocia.
Vocia e ride.
Ha un intorno di cinquantanni. Stasere un amico va a trovarla. Lei gli ha detto che non ha voglia di cucinare. Lui che si accontenta – «de’ ma ah capito ‘he ha detto» – che gli basta il suo panettone.
Stanotte, fulmini.
«De’ ma c’o’ paura d’angelo. ‘Un vorrei mi ci comparisse d’improvviso.»
«Ed io stacco tutti i telefoni.»
Spero che Angelo legga questo post: lui si chiama Dario. E tu, Angelo, beh quando entri in casa china il capo che senno’ resti incastrato con le corna nell’inbotte dell’uscio.
P.s.
E’ scesa a Ponsacco.
E’ facile ironizzare sul generale Speciale.
Basta il primo sfoglio dei giornali: voli a Capri per ragioni di servizio, spigole a Passo Rolle per migliorare la dieta dei finanzieri di montagna, gite a Marettimo, pellegrinaggi nei luoghi di Padre Pio e così via.
Può essere più complicato comprendere la sostanza di quello che sta succedendo.
Il tribunale amministrativo del Lazio ha ritenuto illegittima la revoca del generale dal vertice della Guardia di Finanza.
La nomina dei vertici della Guardia di Finanza, ovvero dei carabinieri, ma anche di qualsiasi ministero, è un atto di alta amministrazione: un provvedimento che non ha altra motivazione se non la fiducia del governo nel soggetto che è chiamato a garantire un retto raccordo fra la sfera politica e la sfera amministrativa.
Il Tribunale amministrativo del Lazio non ha toccato questo principio.
Non ha detto, insomma, che il governo non poteva revocare Speciale per ragioni che avevano per oggetto la fiducia nelle sue capacità.
Si è limitato ad affermare che il governo avrebbe dovuto seguire un procedimento maggiormente rispettoso del diritto di Speciale ad essere ascoltato.
Una affermazione giuridicamente molto banale: tutti i provvedimenti amministrativi hanno costituzionalmente bisogno che gli interessati possano far sentire la loro voce per essere legittimi.
Di conseguenza, se il governo ha fatto la figura del buffone, Speciale non è stato affatto riabilitato dal Tar Lazio: la santificazione del generale ha bisogno della Corte dei Conti che sta giudicando sul suo comportamento e sul danno che potrebbe avere causato allo Stato.
Altra e diversa questione riguarda le sue dimissioni.
Queste sono una tecnicalità interessante.
Speciale non può dimettersi da generale della Guardia di Finanza, perché non lo è più e non lo può nemmeno diventare: è un pensionato.
Il suo gesto, però, ha uno scopo molto preciso: se Speciale si dimette rinuncia ad essere reintegrato e fa venire meno l’interesse al ricorso che aveva proposto e che il Tar Lazio ha accolto.
Ma se il ricorso al Tar Lazio è diventato, dopo la sentenza, improcedibile per carenza di interesse, il governo ha perso l’interesse a proporre appello al Consiglio di Stato.
Speciale con le sue dimissioni ha semplicemente fatto in modo di rendere definitiva la vittoria in primo grado, sottraendosi al secondo grado di giudizio.
In pratica, si è comportato come un bimbo che dopo avere segnato un goal porta via il pallone per vincere la partita.
L’erotismo è fatto di molti luoghi comuni.
Le calze.
A rete.
Autoreggenti.
Con giarrettiere.
Il pizzo nero.
I guanti.
Le sottovesti.
Sono tutti luoghi comuni molto maschili.
L’immaginario femminile non si svela.
Sembra essere fatto di odori più che di immagini.
Sembra essere legato più all’essere viste che al vedere.