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Il mistero del decreto legge e le mamme contro l’inceneritore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/12/2016

Le mamme contro l’inceneritore sono per il NO perché nel 1948 gli inceneritori non esistevano e sanno tutto di decreti legge e procedure data certa

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Il mistero del decreto legge nella riforma della Costituzione non è un argomento semplice perché non è semplice la situazione su cui la riforma è intervenuta.

Da molti anni, il Governo abusa della decretazione di urgenza, perché utilizza questo strumento per costringere il Parlamento a decidere sui progetti di legge che ritiene essenziali per l’attuazione del programma di governo. Read more →

Le bugie hanno le gambe corte anche quando portano il cappello

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/11/2016

compagnolenin

Dibattito referendario, le ragioni del Si e del No senza lamenti né proclami.
La presentazione della riforma procede lungo binari senza fretta, il relatore del Si spiega i motivi della riforma ed il più che ragionevole relatore del No contrappone i valori della stabilità costituzionale.
Il tutto senza scossoni né colpi di scena.
Finché non appare uno strano vecchio, infagottato in un maglione a collo alto, color vinaccia e con un buffo cappello da capitano di marina che assomiglia vagamente a quello indossato da Lenin.
L’ometto si lancia nel suo intervento: la riforma non si dovrebbe votare perché il senato non sarebbe più un senato ma uno iuvenato (sic), la riforma introdurrebbe dei vincoli a favore della legislazione europea del tutto ignoti al testo costituzionale in vigore, etc.
La prima obiezione è una sciocchezza. Dell’organo importano le funzioni, non certo l’età dei suoi membri e sarebbe bello se questo non fosse un paese per vecchi.
La seconda deve avere un suo perverso fascino perché è la quarta volta che ci inciampo.
È una profonda idiozia perché il vincolo del rispetto della legislazione dell’Unione europea da parte della legislazione regionale è stato introdotto dalla riforma costituzionale del 2001 e il nuovo testo non cambia nulla sul punto.
Però è preoccupante sentirla ripetere. Dà la sensazione di una sorta di catechismo del No che viene diffuso da qualche spregiudicato scribacchino e ripetuto più o meno a pappagallo da un buon numero di persone che prima di oggi non avevano mai incontrato la Costituzione.
Quelli con il cappellino non sono i più simpatici, ovviamente.

Il superamento del bicameralismo paritario e il contenimento dei costi della politica

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/11/2016

I banchi semivuoti dell'Aula del Senato dopo l'abbandono dei senatori del M5s e della Lega Nord, Roma, 01 Agosto 2014. ANSA / LUIGI MISTRULLI

Nel dibattito referendario, la questione del superamento del bicameralismo paritario in rapporto al contenimento dei costi della politica è dibattuta con una approssimazione che merita di essere oggetto di qualche piccolo chiarimento.

Il costo del Senato si ricava dal rendiconto delle entrate e delle spese del Senato nel 2015 adottato dal Consiglio di Presidenza il 19 luglio 2016 (XVII Legislatura, Doc. VIII, n.  7).

Le spese del Senato sono state nel 2015, a consuntivo, Euro 512.786.632,03 , ovvero 513 milioni di Euro. Di cui:

 

Spesa corrente obbligatoria

 

471.200.914,22

Spesa di funzionamento in senso stretto

40.407.137,86

Spesa in conto capitale

 

1.178.579,95

TOTALE

512.786.632,03

L’abolizione del Senato determinerebbe sicuramente la soppressione delle spese di funzionamento in senso stretto e delle spese in conto capitale, che secondo la relazione dei Questori sono tutte le spese sostenute per l’erogazione dei servizi e forniture di supporto al funzionamento del Senato, quali le prestazioni professionali per l’Amministrazione, il costo del personale che fornisce servizi in Senato, le spese per l’attivita` delle Commissioni, i costi per i servizi informatici, di comunicazione, assicurativi, di ristorazione, di trasporto, di locazione, delle pulizie, ecc. (spese di funzionamento in senso stretto) e le spese per l’acquisto di beni mobili inventariati, delle spese di manutenzione straordinaria, nonche ́ di quelle di acquisto e conservazione del patrimonio della Biblioteca e dell’Archivio storico (spese in conto capitale).

Non avrebbe invece un impatto apparentemente significativo sulla spesa corrente obbligatoria, che si compone dei costi per i Senatori, ex-Senatori, personale di ruolo, personale in quiescenza, personale estraneo all’Amministrazione nonché di tutti gli oneri collegati quali quelli fiscali e previdenziali.

Non è così. La tabella 5 predisposta dai Questori indica il contenuto della spesa corrente obbligatoria e il suo andamento fra il 2013 e il 2015:

Tabella 5 – Quadro riepilogativo finale della spesa obbligatoria

Spesa corrente obbligatoria Riepilogo per aggregati funzionali

Bilancio 2013

Bilancio 2014

Bilancio 2015

Risparmi da versare al Bilancio dello Stato

12.520.000,00

19.498.543,64

16.949.968,11

Senatori e Gruppi parlamentari

99.387.456,42

98.415.145,98

98.637.961,96

Ex-Senatori

80.893.600,57

80.381.632,96

78.686.611,63

Personale addetto alle segreterie istituzionali

11.107.147,69

9.602.850,87

10.048.631,41

Personale dipendente in servizio

123.493.965,73

119.309.859,85

102.445.428,04

Personale in quiescenza

115.135.780,29

119.900.000,00

138.153.607,71

Oneri previdenziali e fiscali a carico dell’Amministra- zione

32.018.644,18

28.690.760,92

26.278.705,36

Totali

474.556.594,88

475.798.794,22

471.200.914,22

Le spese inevitabili di questa tabella anche nel caso di soppressione del Senato sono quelle a carattere previdenziale (Euro78.686.611,63 per gli ex senatori e Euro138.153.607,71 per il personale in quiescenza), ovvero circa 216MlnEuro, che però sono destinati a ridursi progressivamente per effetto della inevitabile letalità che caratterizza anche gli ex senatori e i loro dipendenti in quiescenza.

Per il resto, le spese per i senatori (Euro98.637.961,96), il personale delle loro segreterie (Euro10.048.631,41), i risparmi da versare allo Stato (Euro16.949.968,11) sono destinate a cessare: ai senatori non sarà versata alcuna indennità, il personale delle loro segreterie viene naturalmente a cessare, i risparmi da versare allo Stato sono una conseguenza del fatto che il bilancio del Senato è alimentato tramite un fondo di dotazione che ovviamente sarebbe soppresso.

L’ultima questione riguarda il personale (Euro102.445.428,04, per gli stipendi; Euro26.278.705,36, per gli oneri fiscali e previdenziali a carico dell’Amministrazione). Il personale è destinato a confluire nei ruoli dell’altra Camera sicché non vi sarebbe alcun risparmio per questa voce.

E’ vero solo se non si tiene conto che si tratta di personale di altissimo livello che potrebbe essere incentivato a migrare in altre amministrazioni che potrebbero ricevere un vantaggio davvero straordinario dalla loro professionalità.

Sulla base di queste considerazioni si può dire che l’obiettivo del contenimento dei costi è piuttosto centrato. Vengono meno 167MlnEuro di poste comprese fra gli stipendi dei Senatori e quelli del personale delle loro segreterie, più le spese di funzionamento in senso stretto. A questi si deve aggiungere che il costo previdenziale del Senato è di circa 217MlnEuro, su cui non si può fare nulla, se non implorare la previdenza di fare il suo corso, e che sottratti dal costo complessivo del Senato le spese risparmiate e le spese previdenziali restano solo le spese per il personale attualmente in servizio (circa 128MlnEuro) su cui valgono le considerazioni che si sono espresse.

Tradotto in percentuale, il superamento del bicameralismo paritario determina un risparmio del 33% e al netto delle spese previdenziali del 57%, che comunque non è poco.

Il referendum costituzionale e il Buontalenti di Badiani

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/11/2016

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Badiani è una gelateria e non ha niente a che fare con il referendum costituzionale.

Il suo Buontalenti è uno dei gelati più buoni di Firenze, anche se i suoi commessi non sono simpatici quanto questa crema, anzi, e non sono poche le persone che lo evitano per questa ragione.

Una delle tappe del mio roadshow sul contenuto del referendum costituzionale è passata vicina a Badiani: l’alto magistrato in pensione che sosteneva le ragioni del No dal punto di vista di Magistratura Democratica ha spiegato che la riforma non si poteva votare.

Di più, non si doveva nemmeno perdere tempo a leggerla.

Difatti, la riforma costituzionale deve essere rigettata perché proviene dal Governo e il Governo non potrebbe presentare un progetto di riforma della Costituzione.

E’ la solita citazione di Calamandrei, slegata dal contesto, che era l’inizio della discussione in aula sul progetto di costituzione varato dalla Commissione dei 75, quando l’assenza del governo si giustificava perché l’assemblea costituente non discuteva su di una proposta del governo ma su di un testo elaborato da una commissione appositamente costituita.

Ci si scorda però che quel governo aveva un ministero per la costituente e la commissione dei 75 aveva iniziato i suoi lavori su una serie di proposte elaborate dalle commissioni Forti, che erano commissioni governative.

In secondo luogo, la riforma costituzionale deve essere rigettata perché è stata votata da un Parlamento eletto in base a un sistema elettorale successivamente dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale.

Sono due argomenti che sul piano costituzionale non dicono nulla: nessuna disposizione della Costituzione vieta l’iniziativa legislativa al Governo in materia costituzionale e la sentenza della Corte 1/2014 che ha dichiarato incostituzionale il sistema elettorale ha precisato che non vi sono effetti di alcun tipo per il Parlamento eletto in base a quelle norme.

Sono argomenti che assomigliano molto al non assaggiare il Buontalenti di Badiani perché i commessi sono antipatici.

Ovviamente non è così: vale la pena assaggiare il Buontalenti di Badiani, perché è buono, e vale la pena interrogarsi sul merito della riforma costituzionale perché potrebbe essere molto meglio delle sue critiche.

Scorretto come un presidente del tribunale della razza

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
15/11/2016

 

Ha fatto un certo scalpore, un certo lubrico scalpore, la richiesta di un giudice della Corte costituzionale (Paolo Maria Napolitano) di rimuovere dal corridoio nobile della Consulta il busto di Gaetano Azzariti che ne fu Presidente dal 1957 al 1961.

La richiesta era motivata dal fatto che Azzariti aveva presieduto la Commissione per la difesa della razza, che ebbe il compito secondo la legge 1024/1939 di giudicare sulle richieste di cittadini ebrei secondo il codice civile di essere dichiarati ariani e perciò sottratti alla persecuzione razziale.

Un compito non elegante portato avanti con ragionevole sollecitudine: fra il 1939 e il 1943 furono esaminate circa 150 istanza, 100 delle quali furono accolte. Il prezzo della salvezza era la assunzione della paternità o della maternità da parte di un ariano in luogo di chi risultava dallo stato civile (diffusamente: M. Boni, Gaetano Azzariti: dal Tribunale della razza alla Corte costituzionale, in Contemporanea: rivista di storia dell’800 e del ‘900, Il Mulino, Bologna, anno XVII, n. 4).

Lo svolgimento di questo compito non ha impedito ad Azzariti di essere uno dei collaboratori principali del Togliatti ministro di grazia e giustizia, di essere nominato nelle Commissioni Forti e, infine, di essere inviato da Gronchi alla Corte costituzionale.

Si potrebbe essere scandalizzati e scandalizzato si è mostrato il sindaco De Magistris, che ha tolto il suo nome dalla strada che gli era stata intestata da una precedente amministrazione, con una spiacevole damnatio memoriae. Il busto, invece, è rimasto dov’era nel corridoio della Consulta.

Un alto magistrato di formazione liberale può essere prima il presidente della Commissione per la difesa della razza, poi della Corte costituzionale e, fra i due, del Tribunale superiore delle acque pubbliche?

Le tre cose, per un uomo che ritiene di essere soggetto soltanto alla legge, sono in fondo la stessa cosa. Perché Azzariti, come tutti i magistrati dei suoi tempi, o comunque molti fra loro, non era fascista quando serviva Rocco più di quanto non fosse comunista con Togliatti. Era un giudice e i giudici che applicava la legge, prima, e la Costituzione, poi. C’è un che di splendido e di terribile in questo. Come in una nobiltà boema: quando si scava si trova sempre qualcuno di imbarazzante.

Il Gaetano Azzariti di allora viene in monte oggi che tanti giudici corrono intorno al referendum costituzionale e quasi tutti dalla parte del No.

 

Se non fa parte del mestiere del giudice rinunciare alla sua applicazione anche quando ritiene la legge contro natura, così non fa parte del suo mestiere neppure sostenere che un disegno di legge è contro natura prima che sia applicato, perché ogni volta che un giudice esprime un giudizio politico minaccia l’imparzialità del suo ragionamento giuridico.

[Cioè] un voto per il cambiamento [cioè]

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/06/2016

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L’interpretazione delle debacle amministrative da parte del premier è stata assai lucida:

[Cioè] una sconfitta netta [cioè] un voto per il cambiamento [cioè] mica un voto di protesta [cioè] una cosa bella [cioè] quando c’è la voglia di cambiare [cioè]

Di questo discorso, si capiscono benissimo i cioè.

Meno la sostanza.

Un voto in cui:
(I) la vittoria gravitazionale del Movimento 5 Stelle si basa sulla capacità di aggregare un elettorato disperatamente bipolare, di chiamare a sé chi non è capace né di non andare a votare né di accettare la vittoria del nemico e perciò vota, a costo di tapparsi il naso, un aggregato alchemico assai particolare;
(II) la quasi maggioranza degli aventi diritto al voto (fra il 40 e il 45% a seconda dei Comuni) non ha ritenuto di partecipare alla consultazione e i numero degli astenuti è drasticamente aumentato fra il primo è il secondo turno (il 49% a Roma nel secondo turno) dimostrando che per moltissimi il voto utile è andare al mare,

non può essere interpretato come un desiderio di cambiamento.

Al più, potrebbe essere considerato un voto di rottura tecnicamente inteso.

Si tratta di un voto che odora di contro_democrazia e che chiede un’interpretazione contro_democratica della realtà, chiede una voce tonante effettivamente in grado di parlare agli ultimi dando voce ai primi.

La cosa che Renzi sinora aveva saputo fare meglio di tutti gli altri e che saprebbe fare perfettamente se il suo partito non assomigliasse sempre di più a un vortice di galline che pensano di essere galli da combattimento.

Il garbo di Orazio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/06/2016

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Il garbo di Orazio, storico trippaio del porcellino, è leggendario quanto quello del Lachera, che occupava più o meno lo stesso spazio ma in un tempo assai diverso.

Difficile sorprendere Orazio e ancora più difficile che Orazio sorprenda: vende solo trippa e lampredotto e la sua estate comincia quando appare l’insalata di trippa fredda mentre l’autunno ha i colori del lampredotto in inzimino.

Orazio sceglie chi servire prima, chi dopo e non ha pietà per gli stranieri.

Lo fa a simpatia scambiando battute con l’uno e con l’altro. L’ordine non è la fila, è la prontezza e nessuno si lamenta perché lo spettacolo è compreso nel prezzo.

Oggi, Bimba Piccola, dopo qualche minuto di attesa:

Orazio, mi pòle servire prima che venga a pigliammi la badante?

Ghiacciato, lui. Servita, subito, lei.

Estote parati

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/06/2016

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Essere pronti, be prepared, è il motto del movimento scout.
Baden Powell, da qualche parte in quei taccuini che lo accompagnavano come un blog, spiegava che non esiste buon o cattivo tempo, esiste una buona o cattiva attrezzatura.

Se incontrava il libeccio, magari, il fondatore degli scout cambiava idea sull’attrezzatura e imparava a rimanere a casa …

Secondo me, la fortuna di Baden Powell è che il libeccio non si è mai accorto della sua esistenza e, soprattutto, non lo ha mai sentito parlare, perché se incontrava il libeccio, forse, il fondatore degli scout avrebbe anche potuto cambiare idea sull’attrezzatura e imparare a scrivere un pochino di meno.

E non è detto che il mondo sarebbe stato necessariamente peggiore …

Tortellini d’agosto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/05/2016

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I tortellini d’agosto non sono il massimo.
È stato il pensiero costante del lungo giorno che ha celebrato i miei quarantanove anni: un’età nella quale può ancora succedere di appoggiare lo sguardo su una donna. Con lo stato d’animo dell’anziano che, quando viene invitato a cena, si augura di non perdere la dentiera nella minestra.
Un tempo quando succedeva, la donna distoglieva subito lo sguardo.
Sentiva il profumo ancestrale di richiamo nascosto nello sguardo e giocava il gioco della preda.
Non succedeva mai nulla ma l’implicito riconoscimento del testosterone scaldava il cuore.
Ora quando succede, non più molto spesso, e bisogna stare parecchio attenti, perché, se la donna è giovane e ha l’aria che fa ragionevolmente girare la testa al testosterone, ricambia subito lo sguardo. Ma la sua espressione non è quella della preda nel gioco della cortigiana.
È la curiosità che si domanda: Ma dove ho incontrato il povero vecchio che ho davanti?
Se, invece, ha più o meno l’età in cui le serate fanno i conti più con la televisione che con la discoteca, lo sguardo lo distoglie ancora, magari compassionevolmente, ma lo distoglie.
Insomma, se proprio non si può fare a meno dei tortellini d’agosto, è meglio cercarli pasticciati con la panna e il prosciutto evitando il sugo di carne che si infila in gola come se fosse il puntale dell’albero di Natale.

Lo sciopero della Rai dal punto di vista della maculopatia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/06/2014

TestAmsler

Vi è una singolare assonanza fra la protesta dei dipendenti Rai e lo scandalo della maculopatia.

La protesta dei dipendenti Rai e, in particolare, dei suoi giornalisti, ma anche delle sue firme più prestigiose, riguarda la decisione del Governo di collocare sul mercato alcuni asset aziendali per ripianare almeno in parte la posizione debitoria dell’azienda.

In questa protesta, suona forte l’indignazione per un Governo incapace di strategie di lungo respiro circa il futuro di questa azienda pubblica e, nello stesso tempo, estremamente arrogante nella propria tattica comunicativa.

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