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Tortellini d’agosto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/05/2016

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I tortellini d’agosto non sono il massimo.
È stato il pensiero costante del lungo giorno che ha celebrato i miei quarantanove anni: un’età nella quale può ancora succedere di appoggiare lo sguardo su una donna. Con lo stato d’animo dell’anziano che, quando viene invitato a cena, si augura di non perdere la dentiera nella minestra.
Un tempo quando succedeva, la donna distoglieva subito lo sguardo.
Sentiva il profumo ancestrale di richiamo nascosto nello sguardo e giocava il gioco della preda.
Non succedeva mai nulla ma l’implicito riconoscimento del testosterone scaldava il cuore.
Ora quando succede, non più molto spesso, e bisogna stare parecchio attenti, perché, se la donna è giovane e ha l’aria che fa ragionevolmente girare la testa al testosterone, ricambia subito lo sguardo. Ma la sua espressione non è quella della preda nel gioco della cortigiana.
È la curiosità che si domanda: Ma dove ho incontrato il povero vecchio che ho davanti?
Se, invece, ha più o meno l’età in cui le serate fanno i conti più con la televisione che con la discoteca, lo sguardo lo distoglie ancora, magari compassionevolmente, ma lo distoglie.
Insomma, se proprio non si può fare a meno dei tortellini d’agosto, è meglio cercarli pasticciati con la panna e il prosciutto evitando il sugo di carne che si infila in gola come se fosse il puntale dell’albero di Natale.

Lo sciopero della Rai dal punto di vista della maculopatia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/06/2014

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Vi è una singolare assonanza fra la protesta dei dipendenti Rai e lo scandalo della maculopatia.

La protesta dei dipendenti Rai e, in particolare, dei suoi giornalisti, ma anche delle sue firme più prestigiose, riguarda la decisione del Governo di collocare sul mercato alcuni asset aziendali per ripianare almeno in parte la posizione debitoria dell’azienda.

In questa protesta, suona forte l’indignazione per un Governo incapace di strategie di lungo respiro circa il futuro di questa azienda pubblica e, nello stesso tempo, estremamente arrogante nella propria tattica comunicativa.

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Tira una brutta aria (Grillo in piazza Ss. Annunziata)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
22/05/2014

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Il Fatto Quotidiano, dopo il comizio di Grillo in piazza Ss. Annunziata, a Firenze, la città di Renzi e in cui Nardella mira a una vittoria al primo turno caratterizzata dalla continuità di indirizzo politico – amministrativo con l’attuale Presidente del Consiglio, alle otto era già esaurito in edicola.

Difficile non trarne le conseguenze. C’è una larga fetta di città che non si riconosce nel Più di prima di Nardella e che vuole tirare un calcio alla continuità con Renzi, che non pensa più che Renzi sia un innovatore della politica, ma lo identifica nella cerchia dei poteri più o meno forti che governano la città dai tempi di Bogianckino e ancora da prima.

Renzi non ne tira le conseguenze nel momento in cui sottolinea che le elezioni europee e le elezioni amministrative non sono elezioni politiche, perché non è vero che quando la gente va a votare pensa al seggio che sta eleggendo ed esprime una preferenza diversa a seconda della qualità di rappresentanza che sta contribuendo a eleggere nella piramide della democrazia. E’ vero esattamente il contrario: nel momento in cui si vota si esprime la propria idea di governo (nel senso più atecnico possibile) che quel preciso momento storico e temporale ci ispira, una idea che è valida solo per quell’istante ma che in quell’istante è tremendamente valida e assoluta nella sua purezza.

Nello stesso tempo, quando il Presidente della Repubblica per effetto del terremoto elettorale che ha travolto la legittimazione del Parlamento non è libero di sciogliere le Camere, questa idea è ancora più valida, perché le preferenze che saranno espresse nella tornata europea e amministrativa non sono incostituzionali, al contrario della rappresentanza che le ultime elezioni politiche hanno sortito.

Il vero punto è che lo slogan di questi giorni, quello che parla agli stomachi dei sanculotti, non è Più di prima, ma è Mai più come prima, e questo slogan non riesce a essere intercettato dalle sinistre e dalle destre “storiche”. E’ uno slogan fatto per il populismo più o meno elegantemente interpretato dai capelli di Grillo o dalle cravatte regimental di Farage.

E l’idea che questo populismo, se vincesse, lascerà dietro di sé solo macerie non è molto convincente per chi nelle macerie è abituato a vivere da tempo e pensa che sia giusto che anche gli altri, i politici che vanno in prigione su una BMW X6 o gli industriali che parlano ai giovani dell’importanza di avere fame e curiosità appoggiati su scarpe fatte su misura, debbano cominciare a fare i conti con la rovina delle case in cui vivono.

Si tratta di impostare una nuova sfida convincendo le pance che stanno sugli spalti della convenzione che il terrore non è auspicabile, che le libertà sono inviolabili, prima di tutto le loro, che esiste una democrazia capace di essere forte della propria mitezza.

Ma, in questi tempi, ci vuole davvero coraggio per essere moderati, e dispiace che questa frase di Fouque sia oggi ricordata da Maurizio Lupi.

Quello che non si può dire a proposito dei propri vicini potrebbe essere vero

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/05/2014

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Nigel Farage, presidente di un partito piuttosto conservatore e populista nello stesso tempo (l’Ukip), che sta cavalcando la crisi economica e sociale di questi tempi, ha fatto una piccola gaffe durante una intervista televisiva.

Gli è stato chiesto se ci sia da preoccuparsi se una famiglia di romeni, viene ad abitare sul nostro stesso pianerottolo e ha risposto di si.

Si è scusato a lungo, ha detto che era stanco e ha organizzato una sorta di carnevale dedicato alle minoranze.

Doveva davvero fare ammenda?

Forse no e non perché i rumeni fanno paura o sono diversi dai cittadini del Regno Unito.

Ma perché ha espresso, con lucidità inconsapevole, il teorema del naufrago e della zattera.

La questione, che non riguarda le persone che abitano i piani alti della nostra società, ha origini nella crisi economica che colpisce i cittadini meno fortunati. Questi si aggrappano ai loro piccoli privilegi (una pensione sociale, una abitazione di edilizia residenziale pubblica, una articolazione per fasce delle tasse universitarie e delle mense o del ticket per i farmaci) sapendo che sono la zattera che consente loro di sopravvivere ancora per qualche giorno.

Non di vivere, ma di aspettare i soccorsi sapendo che comunque si dovrà morire.

Queste persone sono ragionevolmente spaventate dall’arrivo di altre persone provenienti da altri naufragi.

Sanno che la loro zattera non resisterà a lungo e sanno anche che potrebbero essere scacciate dalla zattera perché i nuovi arrivati possono essere più forti e più aggressivi.

Farage non si è saputo esprimere e la sua storia non ha reso più articolato e interessante il suo discorso. Però esiste un problema, un problema che tocca i cittadini meno fortunati, e affermare una retorica fondata sull’accoglienza senza tenere conto del teorema della zattera nel naufragio rischia di tracimare in un razzismo alla rovescia, che colpisce i cittadini anziché gli stranieri.

Se un gruppo di somali occupa lo stabile accanto a quello in cui vivi, è ragionevole preoccuparsi e soprattutto è ragionevole chiedersi perché nell’intera città l’onere dell’accoglienza cada sul tuo quartiere.

Firenze più di prima (Quello che non si può inventare né diventare)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
15/05/2014

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Lo slogan dell’attuale campagna elettorale del candidato a succedere nella poltrona di Lorenzo Il Magnifico (che veniva dal Mugello) e di Matteo Renzi (che è del Valdarno) è Firenze più di prima e questa volta il candidato viene dalla Campania, ma, d’altra parte, La Pira era siciliano.

Suona ironico ai fiorentini, cui peraltro suona ironico anche il diventar ciechi di sifilide.

Da quando è apparso ci si chiede (mi chiedo, meglio) che cosa significhi, che cosa significa Firenze, che cosa vuole dire più e a cosa è riferito il prima e non si trovano (trovo) molte risposte in una campagna elettorale fatta di immagini, parole usate come immagini e il tutto senza un messaggio forte capace di illudere trascinando.

Se è difficile restare di sinistra, diventa difficile anche restare fiorentini.

Ma è il giornalaio di piazza della Repubblica – il mio personale spacciatore di fumetti – che lo interpreta in maniera geniale. Una straniera gli chiede un certo numero di giornali, lui glieli porge. Lei chiede una shopper. Lui dice che li ha finiti e le indica il giornalaio di fronte, lo chieda a lui, Signora. Lei chiede come si dice shopper in italiano. Lui risponde “tarzanello, si dice tarzanello, dear lady”. Mi guarda e dice “più di prima, amico: più di prima”, mentre la signora si allontana ringraziando e lui le dice “come se fosse antani”, con sorriso di un fedele servitore.

L’unica cosa che resta da fare più di prima è, in effetti, prendere e prendersi in giro (i tarzanelli sono il materiale fecale che resta appeso alle liane anali quando non si ha a disposizione un bidet). Ma questa capacità non si inventa. Ci si nasce e se non ci si è nati è un problema più grosso del regolamento urbanistico. D’altra parte, Giuseppe Conti si lamentava – nel 1899 – che oramai erano scomparse le faceti figure di spiriti bizzarri, piene di facondia e di spirito del passato e se erano scomparse nel 1899, di cosa ci si lamenta oggi?

Go to go: un nuovo modello di campagna elettorale per Nardella e Stella

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/05/2014

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Nardella e Stella sono i candidati a Sindaco di Firenze che si stanno sfidando con maggiori probabilità di successo.

Ce ne sono altri otto: Scatizzi, Totaro, Scaletti, Tronca, Bennati, Manneschi, Amato, e Grassi, ma non sembrano aver molto successo nel conquistare i media cittadini.

Nardella e Stella si sfidano da due siti non troppo diversi, a partire dalla scelta del nome a dominio (nome e cognome punto it).

Stella ringrazia i suoi genitori per essere diventato ciò che è: un esperto di marketing laureato in scienze politiche (si potrebbe dire che non c’è poi molto da ringraziare, ma non sarebbe elegante).

Nardella inaugura mense scolastiche da vice sindaco, va a trovare i Pino Dragons (la squadra di pallacanestro del Ponte al Pino), organizza un picnic a base di limoni e fragole (nella stessa identica quantità), si lancia in una maratona dell’ascolto in cui incontra gli emarginati, gli imprenditori e tutto ciò che può essere ascoltato dal suo macbook pro.

Entrambi – si può dire? – non riescono sempre a essere emozionanti. Stella si oppone alle multe, protesta contro la chiusura di una strada al traffico, vuole riaprire il centro al traffico. Nardella promuove Firenze più di prima, ma non sembra avere molte idee per lo sviluppo di una città la cui decadenza è iniziata nel seicento e non si è mai fermata.

Le Adam li potrebbero aiutare: loro cantano mentre raggiungono l’orgasmo meccanico di un giocattolo invisibile nel video, ma trasparente dalle loro espressioni, i nostri candidati potrebbero fare un bel comizio nelle stesse condizioni e magari, finalmente, avere una faccia un po’ più interessante, un’espressione del viso meno immobile, gli occhi meno fissi nella posizione dello storione sul banco di San Lorenzo.

Chi glielo dice?

Ma soprattutto cosa sceglieranno fra un giocattolo posteriore e una coperta sulle ginocchia?

La moglie di Scajola non è la moglie di Cesare: quando una mano lava l’altra, gli onesti sono monchi

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12/05/2014

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Scajola è stato arrestato per un vicenda piuttosto torbida e inquietante.

Si è parlato del miracolo di San Vittore: in uno stesso giorno, arresti per Scajola e per la Expo.

Ma nell’arresto di Scajola c’è forse di più di qualche facile battuta.

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Genni la carogna si chiama Gennaro (E Renzi non si chiama Pelloux)

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05/05/2014

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Genni la carogna si chiama Gennaro e Gennaro fa molta meno figura e meno rumore di Genni la carogna sicché può essere giusto chiamarlo Gennaro, sia per rispetto ai suoi genitori che hanno scelto questo nome, sia perché le leggende fanno parte del ciclo dei Nibelunghi o del Far West, non del tifo, che pure sarebbe una malattia diffusa dai pidocchi e non un atteggiamento di amore e passione per una squadra di calcio, anche se a ben vedere un po’ di affinità ci sono.

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Evviva: finalmente paga chi non ha mai pagato!!!

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09/04/2014

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Le rendite finanziarie vengono tassate al 26%, invece che al 20%.

Il Primo ministro ci ha svegliati con un tweet in cui ci dice che con questo Documento Economico e Finanziario, finalmente, pagherà le tasse chi non le ha mai pagate.

La sonnolenza premia certe affermazioni.

Perché solo chi sta ancora dormendo può non rendersi conto che la tassazione delle rendite finanziarie è, in realtà, la tassazione di ciò che è già stato tassato.

La prima volta come reddito.

La seconda volta come rendita.

Non si tassano gli utili che Paperone aveva sottratto alle imposte con complesse operazioni di fiscalità internazionale.

Si tassano i risparmi che un pensionato (o un pubblico dipendente) aveva messo da parte per far fronte alle necessità del futuro…

L’orgoglio del mattone (A proposito di Moretti)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/03/2014

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Vi è qualcosa di strano nel commentare le dichiarazioni di Moretti, l’amministratore delegato di trenitalia, sul proprio stipendio mentre ci si sposta su un treno regionale.

Un qualcosa che può odorare di pregiudizio e che impone una riflessione pacata e imparziale.

Moretti rinvendica il proprio stipendio pressoché milionario con orgoglio. La sua tesi è che un grande manager rende grande l’azienda presso la quale lavora e in un mercato globale deve essere remunerato secondo gli standard internazionali, altrimenti questo manager sarà costretto a recarsi altrove per svolgere le proprie preziose funzioni, con tutti i danni che ne seguiranno per l’economia nazionale.

Aggiunge, nel suo caso, che le ferrovie hanno visto di nuovo gli utili sotto la sua direzione, cosa che non accadeva da molto tempo e che, soprattutto, non era accaduta sotto la direzione di manager molto più pagati di lui.

C’è qualcosa in questo discorso che non torna.

La prima questione è di carattere etico e non solo economico ed è talmente trattata dagli economisti da non aver nessun bisogno di essere maltrattata da queste pagine: è molto probabile che i capitani di impresa di oggi non si dividano il bottino con i propri sodali più equamente di quanto non facessero i capitani di ventura di Carlo V con i propri soldati dopo il sacco di una città e non è detto che ciò determini maggiore efficienza nel sistema. Se in una casa, i mattoni delle fondamenta si sentono più brutti di quelli che sorreggono il tetto, è facile che vadano via e che il tetto cada…

La seconda questione, invece, riguarda proprio Moretti e la sua storia personale di manager pubblico che viene dal sindacato. Siamo sicuri che gli altri paesi del capitalismo globale abbiano bisogno di un manager con i suoi talenti e le sue caratteristiche? E’ probabile che se ne possa ragionevolmente dubitare: non è facile che un manager il cui principale talento è saper parlare con la politica di uno Stato imprenditore in senso partitico trovi lavoro al di fuori del particolarissimo contesto che ne ha visto l’ascesa. Si può molto ragionevolmente dubitare che Moretti possa essere assunto dalle ferrovie svizzere o da quelle giapponesi in una gara feroce con quelle degli Stati Uniti e del Regno Unito.

La terza questione riguarda il treno su cui scrivo. Moretti rivendica con orgoglio l’utile raggiunto da Trenitalia.  Lo assegna interamente a proprio merito. Personalmente troverei più serio che rivendicasse con altrettanto orgoglio il disgraziato che con la carrozzina è stato appena caricato nel vagone delle biciclette.

E non è la prima volta…

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