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Tag Archive for: barbone

Facile sentimento

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/02/2021

Alberto Genovese da tempo gode di un fragore mediatico che non aveva mai ottenuto con le sue iniziative imprenditoriali.

Un fragore che assomiglia a una damnatio memoriae. Non c’è settimana che i quotidiani non aggiungano tasselli alla cronaca delle sue feste eleganti con l’allegro entusiasmo di un voyeur in un parcheggio affollato.

La storia è triste e fa anche un po’ romanzo di appendice. Un giovane imprenditore di successo raggiunge molto più successo di quello che avrebbe mai sperato. Si ritrova a vivere di rendita. Inganna il suo tempo con feste. Acquista un appartamento molto prestigioso. Schiamazza e disturba il sonno di un famoso ballerino. Alle sue feste c’è tutta la Milano che conta e che abusa di droghe generosamente offerte dal padrone di casa. Ci sono anche delle ragazze che gli si concedono più o meno volontariamente, più o meno aiutate dalle sostanze con cui lui allieva la noia di vivere.

La storia ha tratti grotteschi: il ballerino che non dorme e chiama la polizia che non riesce a fare niente. Il guardiaspalle che diventa guardiano di amplessi, come si narra accadesse alle notti del povero Giangastone Medici, tutt’altro che attratto dalla legittima consorte. Il luogo dei festini che si chiama Terrazza Sentimento, come se le parole non diventassero sarcasmo quando sbagliano vocabolario.

Se fosse un romanzo della Serao, Genovese si pentirebbe e dedicherebbe la sua vita a fare del bene, magari aiutando gli anziani genitori e un fratello sfortunato.

Genovese al contrario si difende con una tesi piuttosto complicata da sostenere: sarebbe tutta colpa della droga di cui era diventato schiavo a causa dello stress.

Sino a qui, la parabola di un imprenditore che è riuscito a devastare la sua reputazione come pochi altri e che viene ricordato dalle cronache dei giornali con una attenzione maligna: che fine ha fatto l’assessore della lotta contro le mosche che ha fatto scappare l’ex compagna di liceo nuda dopo aver cercato di coinvolgerla in un gioco sessuale estremo? Perché anche lui non è stato trattenuto nelle pagine di cronaca con la stessa intensità?

Un mistero che forse potrebbe essere risolto leggendo i campanelli del condominio in cui è collocata Terrazza Sentimento.

C’è però una cosa che disturba di più di Genovese e della sua damnatio memoriae.

Nessuno parla della corte di Genovese. Perché a quelle feste Genovese non era solo. Perché quei vassoi di polverine non li offriva solo a se stesso. Perché ci sono montagne di persone felici di essere invitate a una festa elegante ma che poi scompaiono quando ci si rende conto che quella festa era elegante ma tutt’altro che di buon gusto.

Sono questi ospiti stolidi, lo sfondo della Terrazza Sentimento, la cosa che davvero disturba perché Genovese – forse – è stato un criminale, ma loro sono stati i suoi complici.

Non è il male che fa paura. E’ la solidarietà con il male espressa dalle persone perbene.

Il canto dei sassi sulla battigia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
03/12/2019

Il mare parla con voci sempre diverse.

Perché sa che lo ascoltano uomini che si sono persi: feriti inutili, innocenti che aspettano un’altra strage, persone che si fermano al margine della battigia con talmente tanto nulla dentro il cuore da trovare il tempo per aspettare la voce del mare.

Parlano anche i ciottoli sul margine di una spiaggia di sassi, rotolando gli uni accanto agli altri, squassati dalle onde.

Avremmo potuto essere felici

Dicono mentre si incontrano, un attimo prima di essere trascinati via ancora una volta per sempre.

Avremmo potuto essere felici se la crudele tempesta non ci avesse fatto incontrare solo per portarci via.

Li sente solo chi ha la stessa voce.

Li sento.

Cammina con la voce

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/09/2013

045

Cammina con la testa incassata nelle spalle.

E’ grosso.

Un grande e grosso bambino di una quarantina di anni.

Cammina ogni mattina con la testa dentro le spalle.

Ondeggia, il cellulare senza scheda all’orecchio, le scarpe da ginnastica sfondate, la maglietta disegnata dal sudore di un’altra notte in una cameretta di bimbo.

E canta.

Canta con una voce di tenore bellissima.

Canta quello che gli viene in mente.

Oggi: Mamma, dammi cento lire che in America voglio andar…

Una voce che esce da quella testa e da quelle spalle e diventa cristallo nell’aria.

Mentre due bambine bionde danzano il sentiero degli zaini verso la notte.

Il mestiere dell’oblio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/06/2013

Mentre cerco di comprare il Sole per le nostre figlie perché non voglio che abbiano mai a soffrire quella fatica di sangue che cambia il colore degli occhi, li divora acida e scava dentro, seccando, sbriciolando, inaridendo, o quel ridere di sorci che fa tanto pioggia nel bosco nel sudore di una mano sudata quando il sorriso è sollievo di funerali visti in un fragore di sudore_piscio_minestra,

Mentre cerco di comprare il Sole perché non voglio che loro siano figlie dei miei occhi, bensì orfane della mia anima, ecco

Mentre tutto questo è insonnia a sottofondo come asfalto e di Goldberg le residue trincee della memoria hanno cancellato anche l’ombra,

Tu prendi il caffè in terrazza con Roberta. Come sempre, senza sentire, vedere, odorare, concentrata e assorta nel mestiere dell’oblio, fino a diventare fumo e aroma, dove il Tu d’altri sogni diventa il Lei di ricordi rigati come cannoni nella notte di Sant’Elena. Ed

E’ qui, Qui, qUi, quI che tu_Lei prendi_e il caffè. Qui e non Altrove.

Mio fratello è figlio unico

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/11/2012

Ma io non sono simpatico come Rino Gaetano.
Se ti appare davanti per confidare le sue pene d’amore di adolescente maturo, e gli dici di alzare la voce perché hai un’otite, ti invita ad usare il collirio.
È di molti quest’ascoltare ignorando e pretendere la stessa disperata e ostinata attenzione di un pianoforte sotto le dita di Monk.

Razzismi a Pontedera

0 Comments/ in jusbox / by Gian Luca Conti
12/11/2012


Per un fiorentino di mezza età, è normale ricordare l’invasione dei meridionali.
Quasi con gli occhi del Buzzati della invasione degli orsi in Sicilia.
Ricorda lo stupore dei suoi occhi al suono di un dialetto sconosciuto o delle sue orecchie ad un vestito nero di vedova che pareva primitivo.
A distanza di quaranta anni, non c’è più nessuno stupore: i meridionali sono diventati fiorentini, restano solo dei nomi che possono suonare esotici, un Carmelo al posto di Vanni, o una Addolorata invece dell’onnipresente Silvia di allora. Sarà la stessa cosa con gli extracomunitari di oggi?

A prima vista, le donne imbacuccate nei loro veli non sono così diverse dalle vedove di allora.

Ma forse non è così: c’è nella battuta per cui il razzista non è razzista, ma è il nero ad essere scuro di pelle, un triste fondo di verità.

Il problema è che è l’irriducibile consapevolezza di essere sporchi e diversi a rendere scuri di pelle, il vero colore della pelle di queste persone è la delusione di non avere trovato alcuna salvezza, di avere sprecato la vita due volte, la prima nascendo dove non c’era spazio per te e la seconda arrivando in una terra che è altrettanto dura e straniera.

Sono queste le cose che vengono in mente mentre si legge di una cerimonia in quella periferia di tutto che è Pontedera, una cerimonia in cui le autorità concedevano la cittadinanza ai bambini stranieri nati nella città e che è stata interrotta da alcuni neonazisti.

I cui genitori, magari, si chiamano Assunta o Calogero….

Fora di ball o Not in my backyard ?

12 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/03/2011

20101006NewlogoGreennonamemediumIl risorto di Varese ha sottratto fiato al toscano per esprimere un sintetico pensiero in punto di accoglienza allo tsunami di immigrati sulle coste di Lampedusa.
–> Fora di ball
Che in italiano suona più o meno come Via dai coglioni.
Al solito, le parole di Bossi meritano una riflessione – politica, giuridica e costituzionale – molto più approfondita di quanto la coloritura dialettale vuole far apparire.
In questo caso, esse consentono una corretta classificazione dei soggetti del fenomeno migratorio.
Si tratta di rifiuti, nel senso giuridico del termine, ovvero di cose abbandonate, vuoi per volontà di chi le detiene, vuoi in virtù di un comportamento oggettivo, vuoi a causa di un puntuale dovere giuridico.
I rifiuti devono essere avviati alternativamente al recupero (scelta privilegiata dall'ordinamento, sin dalla prima normativa in materia, intestata come Lotta contro gli sprechi nell'interesse dell'economia nazionale) o allo smaltimento, quando, come in questo caso, il recupero non è possibile.
Lo smaltimento deve avvenire in prossimità del luogo di produzione secondo il canone Chi inquina paga.
I centri di accoglienza e di identificazione sono esattamente e propriamente discariche di clandestini e devono essere collocati nell'immediata vicinanza del fabbricante di clandestini.
Il problema è questo: chi produce i clandestini?
I venti chilometri quadrati di Lampedusa?
La campagna pisese di Coteto?
Uno qualsiasi degli altri luoghi indicati dal fido Maroni?
No.
Li produce il nord, con la sua apparenza di ricchezza.
Ed è lì che devono essere smaltiti.

Gusti e disgusti

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
28/03/2011

filesHa la faccia simpatica di tutti i ragazzi mongoloidi.
Come si diceva una volta con una espressione che oggi suona politicamente scorretta.
Cammina per il quartiere.
Qualche passo davanti a sua madre.
Finché non trova qualcuno con cui parlare.
Sempre le solite domande:
–> Come stai?
–> Che fai?
–> Ci sei domani?

La madre gli passa oltre.
Grassa di troppo mangiare.
Sfatta negli abiti forgiati su di un'ancora.
I gambaletti che appaiono dalla gonna.
Color carne di insaccato.
Lo aspetta.
Qualche istante.
Lui le sorride.
Lei, no.
Lei lo rimprovera.
Lei gli dice:
–> Guarda come sono … Mi sono sventrata per farti nascere … Prima non ero mica così …
Lui continua a sorridere di quel dolore di madre che ammazza dentro più di qualsiasi malattia.

Non è il bere, è il ribere

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/10/2010

people-watchingStoricamente non è il bere che fa male.
E' il ribere.
Il bere sul bevuto.
Ma è anche cosa si beve.
Il chiosco degli sportivi mostra una serie di personaggi inquietanti, sia sul bere, che sul ribere:
730 am: campari e vino
10 am: birra e sprite
11 am: vino bianco e spuma bionda
1130 am: fanta e lambrusco
Poi c'è il vecchino da caffé con la sambuca e il commesso tutto d'un pezzo scolpito nel teak da sambuca senza caffé.
Ma, più triste di tutti, la tipa da Ceres, che è h 24.
Pezzo di pizza ai Fiustel radioattivi che mangia con fatica e Ceres ingurgitata d'un fiato dopo averla centellinata con gli occhi sotto ciuffo di capelli unti in puzza di vino e marchette mal digerite.

Aiuto: sono diventato fascista!

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
27/05/2010

bicipe fuori binario
Concerto jazz.
Classico concerto jazz per radical chic.
Le poesie di Senghor su base tribale con ricami di tromba e proiezione di filmati in bianco e nero.
Ovvero di filmati in cui i bianchi fanno i bianchi ed i negri sono negri.
Pacco tremendo con querula accattona d'ingresso:
–> Qualche spicciolo per i senza fissa dimora?
No, cara signora, sorseggia la pipa che entra in biglietteria.
–> Qualche spicciolo per i senza fissa dimora?
No, signora, mi dispiace, la solita pipa uscente dalla biglietteria.
–> Qualche spicciolo per i senza fissa dimora?
Signora, mi pareva di averle già risposto, la stanca pipa appoggiata all'ingresso del teatro.
–> Si può sempre cambiare idea, signore
–> Non con lei, signora
Certe volte, è davvero difficile essere radical chic.
Certe volte, uno ha nostalgia per l'olio di ricino e i manganelli.
Arrossendo, ma bisogna anche confessarselo.

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