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Tag Archive for: barbone

I pensieri politicamente scorretti di una bambina impertinente (Lui è povero)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
31/07/2009

BimbaImpertinenteMattina: colazione con rassegna stampa.
Si parla di Obama e del suo piano per la sanità.
Bimba Impertinente ascolta distratta:
–> Babbo cosa vuol dire?
–> Vuol dire che in questo paese lontano si vuole fare in modo che siano curati anche i poveri
–> Non ho capito
–> Vedi, se un povero perde una gamba, ha bisogno di una gamba di legno, ma non la può comprare, sicché rimane senza una gamba. Invece, il Presidente degli Stati Uniti vorrebbe che anche lui potesse avere una gamba nuova
Silenzio.
Qualche giorno dopo: semaforo con slavo senza una gamba:
–> Babbo, lui è povero?
–> Perché non ha la gamba?
–> No, perché non ha la protesi.

Suona

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
04/02/2009

SuonaSuona.
Anche oggi, suona.
Mozart.
Con delicata forza.
Colori freddi.
Nitidi.
Perfetti.
Come ogni mattina.
Verso le undici e fino al pomeriggio.
Senza interrompersi.
Anziana, oltre ogni misura.
Vestita di cenci.
Degli stessi cenci in estate come di inverno.
Le gambe piegate verso l’esterno.
Fasciate a contenere le vene varicose sotto le calze ortopodiche.
I piedi sformati di diabete.
Sporca come sa esserlo una vecchia sola.
Che vive degli avanzi della parrocchia.
Eppure il suo pianoforte ha un suono meraviglioso.
Dietro al suo pianoforte, lei non è più lei.
E’ quello che era oppure diventa ciò che non è mai stata.

P.s.
L’immagine viene da:
http://polpadipomodoro.spaces.live.com/blog/

Gravatta e gravatte (Corsi e ricorsi, lontani da Vico)

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/01/2009

GravatteLa cravatta racconta molto di chi la indossa.
Le cravatte possono essere sobrie o estrose.
Ogni cravatta, inoltre, ha il suo nodo.
Lo stesso nodo su tutte le cravatte assomiglia a una bestemmia.
Un po’ come usare la stessa cravatta su tutti i vestiti o non lasciare una piega nel nodo, in modo da fingere distrazione.
Non è così per tutti.
Taluni usano la stessa cravatta per ogni circostanza.
Con lo stesso nodo.
Ci dormono o la lasciano riposare annodata ad una sedia.
Sono barbari.
Soprattutto se la cravatta comincia a mostrare i segni della consunzione.
Quel segnarsi di corda e sughi che appare sul nodo e che è, per una cravatta, l’equivalente di una malattia vergognosamente venerea.
Se si aggiungono i pantaloni di flanellina con le borse ai ginocchi, la camicia con le punte annientate da troppi passaggi del ferro da stiro, le scarpe deformate, la giacchettina blu con i gomiti lucidi e i bottoni d’oro, ci si può spaventare.
Una persona vestita così che bussa alla porta, lo fa per chiedere qualcosa.
Soprattutto quando la si conosce bene e ci si ricorda che i suoi tempi migliori sono stati sorretti da una cintura psichedelica e da una maglietta nera, immutabile come la cravatta.
Lo si riceve prendendo appunti e accompagnandolo alla porta si sorride gettando il foglio su cui si è scritto.
Un modo come altri per evitare di rivederlo.
Senza nessuna certezza, però e purtroppo.

E’ vietato oltrepassare la linea gialla

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/10/2008

Livorno, stazione centrale, tramonto.


Luce di raffineria.


Opaca.


Bagnata di neon.


Tizio.


Shearling sporco di asfalto e degli odori della notte.


Di infinite notti.


Attraversa la linea gialla.


Scende sul binario.


Dove vai?


Non ci vedo….


Ci sono i binari!!!


Non ci vedo….


Finalmente casca.


In mezzo ai binari.


Davanti ai miei piedi.


Non posso non raccoglierlo.


Non provare pieta’ per quegli occhi accesi altrove.


Oltre a un desiderio cocente di lavarmi le mani.

Uno sconfitto

16 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/09/2008

Salvatore si aggira per i corridoi della facoltà da quando ero studente.
Assistente volontario.
Si impegnava.
Seguiva gli esami di tutti.
Fotocopie per tutti.
Studiava.
Scriveva poco, difficile scrivere passando le giornate come un servo della gleba.
Non veniva preso sul serio.
Lo si capiva anche da studenti.
Non lo capiva lui.
E’ ancora lì.
Negli stessi corridoi.
Nemmeno troppo invecchiato.
Un po’ gobbo, i piedi che guardano le botteghe, i capelli lunghi e disordinati, scalcinato, sudiciotto.
L’incrocio fra un ordinario di fisica pura ed un barbone.
Corre.
Senza motivo.
Non viene preso sul serio neppure dai bidelli, ormai.
Stamani, ho finto di non vederlo mentre un bidello lo rimproverava, alzando la voce.
Teneva gli occhi bassi.
E’ sempre assistente volontario.
Ma ha imparato a far finta di essere professore e questi giorni di matricole sono la sua unica occasione di gloria.
Le cerca. Le avvicina. Le consiglia. Loro ancora non sanno chi è. Lo sapranno presto.
Salvatore fa pena.
Stringe il cuore.
I suoi maestri, no.
Fanno rabbia.
Se hai un allievo devoto ed idiota, non puoi tenerlo.
Non puoi tenere con te una persona che non sarà mai in grado di arrivare da nessuna parte.
Non puoi tenere con te una persona che non vuoi portare da nessuna parte.
Nemmeno se da grande vuoi fare il rettore.

Elemosine

12 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
24/07/2008

HomelessUn povero cerca il sole durante l’inverno.
Quell’ultimo calore che consente alla notte di trovare il mattino.
Ed al mattino di allontanare la morte.
Di spostarla un po’ più in là.
Il povero che uno si immagina è quello.
L’immagine nitida di un sorriso steso al sole in una mattina pungente.
Sottovento ad una panchina.
Ma ci sono poveri che fanno più male.
C’è il carcerato cui muore la madre.
Un ergastolo che si trasforma in un permesso di tre giorni.
Senza soldi.
Senza sapere più nulla della realtà di fuori.
–> Cosa devo fare?
–> Non ho più nessuno.
–> Non so nemmeno dove mangiare…
Tu distratto che ascolti la suora che gli risponde: Ma non si preoccupi, qualcuno penserà a lei.
E va via.
Nella solitudine fatta di neon di una corsia di ospedale.
Resta fermo.
Immobile.
Appoggiato al muro dell’obitorio.
Al freddo del muro dell’obitorio.
Ripete:
–> E ora cosa devo fare? Lo so io cosa devo fare: prendo uno a ceffoni e mi fo riportare in galera. Che non mi possono mica fare nulla. Che l’ergastolo me l’hanno bell’è dato. Che non è possibile che non pensino che uno che esce dopo quindici anni non sa più nulla, che ha bisogno di essere accompagnato, che fuori non si rinviene più, che dentro non si sta mica male, che ci sono persone buone e cattive come fuori, ma è tutto più facile.
Tu distratto che vai via, dopo essere arrivato per sbaglio in quel corridoio.
Lasciando una elemosina che sembra una mancia.
C’è anche il tuo amico di infanzia che è diventato povero.
Povero con un lavoro da 2000 Euro.
Povero per 1000 Euro di mutuo da pagare per la casa che è restata alla moglie e ai figlioli.
Povero per 500 Euro di alimenti e la metà delle spese sanitarie e di istruzione.
Povero che non ha i soldi per comprare le scarpe da scoglio ai bimbi.
Forse è questa la povertà che fa più male.

Il natale delle puttane

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
26/12/2007

E’ facile notare la devalutazione delle signorine di generosi costumi.


Dove era una atmosfera decadente e letteraria, un’ aria di sanatorio che poteva colorare il prezzo dei baci con l’erotismo della tisi, oggi sono ragazze africane, colorate nei loro abiti da troie maltinte, con la stessa aria fuoriposto che avrebbe una cassiera di banca vestita di foglie di palma.


Di solito, salgono su treni improbabili, verso le sette di sera, mangiano cose lontane e di primo prezzo, cantano, si cambiano senza pudore in mezzo alla carrozza, mutano la tuta da ginnastica che copre molte delle poverta’ del mondo con quell’abbigliamento che qualche protettore folle ed ironico ha fornito, più come segno di appartenenza – temo – che come strumento di seduzione.


Tornano sullo stesso treno, riavvolgendo il nastro delle loro vite spiaggiate ai bordi di qualche vialone.


Tornano alle sei del mattino, cercando l’acqua dei bagni intasati per lavarsi, per avere un motivo di sfiorarsi il corpo.


Senza cantare, senza cambiarsi, il sonno di bambine appoggiato nel calore sporco del treno.


Ecco, in questo mattino di postnatale non ci sono.


Non saprei se perche’ ieri sono restate a casa o se perche’ stamani hanno tirato gli straordinari.


So che non le ho viste e che stupito della loro assenza ho percorso due volte il treno che di solito mi porta a lezione e che stamani mi accompagna da un amico.

Patchouli

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/12/2007

E’ sempre stato chiamato Patchouli.
Giocava a rugby.
In mischia.
Alto, grosso, una faccia inquietante.
Praticamente identico a Java, l’uomo di Neandhertal che gira insieme a Martin Mystere.
Il soprannome, che credo nessuno abbia mai avuto il coraggio di pronunciare dinanzi a lui, aveva le sue radici nello spogliatoio.
In cinque anni che abbiamo passato insieme, non ha mai fatto una doccia.
Di qui, l’atmosfera di toro muschiato che lo avvolgeva come un avatar.
Adesso lo si vede spesso in chiesa.
Entra.
Si ferma al centro della navata per l’intera durata della cerimonia.
Più o meno esattamente nello stesso posto in cui vengono messe le bare durante i funerali e resta lì immobile finché la messa non finisce.
Nella stessa posizione e con la stessa aria con cui un giocatore aspetta al centro del campo la fine degli inni.
Grosso.
Leggermente curvo.
Le braccia lungo i fianchi.
Le gambe larghe.
La testa sfrontatamente alzata verso il prete, con i capelli lunghi  indossati come un nido di rondini.
Fa così da quando è morta sua madre.
Quella madre che lo venne a vedere una volta giocare.
Patchouli entrò alto in una mischia e un avversario gli tirò una gran manata sul viso.
Nel silenzio attonito che aspettava la reazione di Pathouli, la sua mamma urlò: No, è il mio bambino.
Tutti si misero a ridere.
Patchouli mi è tornato in mente leggendo che a Ponte a Elsa, non lontano da Empoli, hanno dovuto interrompere il campionato di calcio dei bambini perché i genitori bestemmiavano sugli spalti.
Se un babbo che bestemmia durante una partita di calcio è una disgrazia educativa, una mamma che dice "E’ il mio bambino"  durante una partita di rugby è un duro colpo alla reputazione.

Iddio gliene renderà merito

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
28/11/2007

E’ un modo di dire grazie.
Ha una sua intima dolcezza.

Ricorda un tempo in cui il buon dio viveva in mezzo agli uomini. O meglio: gli uomini erano convinti che dio vivesse con loro.

Par di vedere il mendicante che saluta San Martino, dopo aver diviso il mantello.

Non lo sentivo usare da tanto tempo.

Mi è tornato in mente stamani, vedendo – era molto presto – un vagabondo che spazzava la strada.
Sono diventati almeno tre. Naufraghi in cerca dell’ultimo sole che vivono in angoli abbastanza precisi della citta’ e li tengono puliti.

Usano vecchie granate di saggina, vuoti secchi di vernice, ma anche cenci e detersivi. Spazzano, rigidi, ossequiosi, inventandosi maggiordomi di quel punto del quartiere.

E qualche anziano, passando, li saluta e dice: “Iddio gliene rendera’ merito”.

Un cucciolo

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/11/2007

E’ appena nato.
Ancora non sa sorridere.
Forse non saprà mai sorridere.
Non ci vede nemmeno.
Solo un fagotto che trema nella polvere della strada.
Chiuso con altri cuccioli dentro ad un sacco a pelo.
Circondato – foto su foto, carezza su carezza – dal falso affetto dei passanti.

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