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Stefano, i suoi pensieri (la vita è un globale bisogno di affetto)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/11/2007

Dobbiamo difendere la nostra identità. E’ facile distruggere l’identità di un popolo e di una civiltà con il turpiloquio cattolico delle illusioni, della demagogia, sintesi retorica per negare i fatti della storia, demagogia è guerra, strage, questo è il problema fondamentale dell’anima umana.  Infatti l’identità, i processi affermativi dell’infanzia e degli emarginati, risulta essere la crisi più terribile di un popolo nelle affermazioni di se stesso. La vita negata sul muro del pianto, è poi una vita che nega e distrugge se stessa. E’ la guerra bisogna cercare di difendere l’identità culturale e storia dei fatti al di là del bene e del male… rimanere nei fatti per non morire. E’ lupanara più terribile e diabolica che ci sia la realtà proibita per secoli e secoli e tutt’oggi dall’inquisizione. Il processo affermativo dei processi reali è diabolico e il più difficile che ci possa essere: tutti negano. Nessuno sa nulla. Non si puòò negare la storia. E’  la mancanza di affetto come devastante ignoranza dei principi reali se si pensa che la vita è un globale bisogno di affetto. In fondo volersi bene è la cosa più diabolica che ci sia.

Stefano, i suoi pensieri

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/11/2007

La cosa più importante per nostra civilità è che noi troviamo i nostri principi affermativi dell’anima e su questa vetta del mondo, bambini al potere, possiamo distruggere le illusioni di una vita negata, e questo sole immenso interiore di fortissimo significato vitale nel volersi bene, nel rispetto sempre maggiore di noi stessi possiamo finalmente godere all’infinito sempre più il piacere. E’ anche facile. La felicità deve stare al posto giusto. Non è un matrimonio. E’ una coscienza di sé. Le grandi potenze concettuali del grande godimento sono piccole cose. L’amore è la certezza che hai di te stesso. Imbroglio significa schiavitù. I cattolici falsi ma etruschi tentano di rubare l’identità della storia del popolo. Noi stiamo convivendo con la nostra preistoria stalinista.

I pensieri di Stefano

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/11/2007

La chiusura dei manicomi ha invaso la nostra quotidianità di pensieri diversi.
Si accumulano nella loro dolcezza in strani percorsi.
Il manicomio di Firenze si chiama San Salvi.
E’ un luogo splendido e terribile.
Un enorme giardino completamente recintato.
Uno spazio concluso, ma infinitamente dilatato.
Amo quel luogo ed amo i pazzi che continuano a percorrerlo.
Lo frequento ed alcuni di loro sono diventati amici, se così posso scrivere.
Soprattutto Stefano.
Stefano scrive libri continuamente.
Li scrive e me li dà, me li porta a casa, in cambio di una cena e di un intercalare di famiglia nella sua vita di vagabondo.
E’ terribilmente lombrosiano: enorme la testa, il viso butterato, lo stomaco prominente dell’alcolizzato cronico, gli odori della strada appiccicati addosso.
Fuma come un dannato.
Ma non beve mai con me.
Non beve a casa mia.
Solo acqua naturale.
Le bambine si sono abituate alla sua presenza ingombrante.
Arriva ad ore improbabili.
Spesso con un quadro sotto il braccio.
Il martello che esce dalla tasca interna della giacca, i chiodi in bocca e dice – sono le sei del mattino – Stanotte, ho dipinto per la camera delle bimbe, posso attaccare il mio quadro?
E diventa un natale sgangherato, anche se è novembre e piove forte, dolcemente.
Altre volte, porta i suoi libri ed inizia a leggere.
Legge, a voce alta, con un bellissimo tono baritonale, parole in libertà collegate da pensieri fissi (gli etruschi, la chiesa, le donne, la fica).
Alla fine, mi chiede sempre: quando mi porti all’università? Voglio leggere i miei libri, insegnare la mia dottrina…

Tor di Quinto

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/11/2007

In questi giorni, l’omicidio di Tor di Quinto è diventato un fatto nazionale.
La politica se ne è occupata a lungo.
Un disegno di legge è diventato un decreto legge con lo scopo di agevolare le espulsioni.
Il governo rumeno ha protestato formalmente e un fatto di cronaca nera rischia di assumere dei toni internazionali.
Eppure non riesco a criminalizzare questi disgraziati che cercano di sopravvivere.
Non ci riesco e non mi sembra giusto.
Qualche giorno fa, il 17 ottobre, più precisamente Giulia ha descritto nel suo blog due bambini che accompagnavano il padre mutilato in metropolitana (http://toccaride.splinder.com).
Ho trovato questo post molto bello.
Toccante.
Giulia è tornata al campo nomadi la domenica successiva (21 ottobre, post del 22 ottobre).
E non le è successo nulla.
Può darsi che sia stata fortunata.
Può darsi che non ci torni più.
Non lo so.
So, però, che generalizzare non è giusto: ogni gregge ha le sue pecore nere.
Ma difficilmente esistono greggi di sole pecore nere.
Come esiste un disgraziato che ammazza per pochi soldi, per tanta disperazione, per nevrosi o follia, ci sono anche dei bambini che aiutano il padre a salire su un vagone della metropolitana, che strisciano insieme a lui.
Ed hanno diritto di fare notizia, anche se non hanno avuto l’idea di bruciare vivi dentro ad una baracca.
Ci facevano pena gli orfanatrofi di Ceasescu.
Ma questi che oggi abbiamo davanti sono esattamente gli stessi bambini.
Cresciuti, magari.
Diventati delle pecore nere.
Degli assassini.
Ma sono loro ed hanno diritto alla nostra stessa aria.

Lazzaro

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/10/2007

Via dei Servi congiunge il Duomo a piazza SS. Annunziata.
È stata a lungo fiumiciattolo, credo fosse il Mugnone, ed alimentava il fossato che circondava la prima cerchia muraria.
Oggi è una strada che si affaccia sulla Cupola del Duomo, che attraverso di lei riesce a guardare Fiesole, e sulla meravigliosa razionalità dello Spedale degli Innocenti, dove la pietà educava gli orfani al bello prima di restituirli alla strada.
La Rotonda è a pochi passi dall’incrocio di via dei Servi con via Alfani.
Come dire: tre delle opere più significative del rinascimento e del suo architetto sono intorno a questa strada.
Che si apre da nord a sud e guarda la Rotonda ad est.
Via dei Servi si chiama così perché era la strada che percorrevano i Servi di Maria, monaci agostiniani, a lungo maltollerati dalla città, Firenze è sempre stata abbastanza allergica ai santi, quando tornavano a Monte Senario, nel loro eremo, sulla via che porta a Faenza.
Talvolta, al mattino presto, è ancora possibile vedere il saio nero di qualche monaco che si sposta fra la Basilica ed il Duomo.
Vi è in via dei Servi una certa poesia, fatta di case ottocentesche, ragionevolmente dignitose, di qualche esercizio storico, come quello in cui da oltre centocinquant’anni si fanno e si vendono spazzole e dove si può ancora trovare la crema da barba “sciolta”, ovvero da acquistare a peso.
Per motivi stravaganti, che non è facile indagare, forse per caso, via dei Servi è diventata la casa di Lazzaro. Lazzaro è un barbone che trascorre le sue giornate accucciato su una sedia a rotelle, dove il marciapiede si slarga per fare spazio al Provveditorato regionale per le opere pubbliche, con accanto, per terra, un cartoccio di vino o una birra da muratore. Sudicio di quello sporco che una strada ti incolla addosso, quando sei diventato una parte del marciapiede. Soprattutto, però, Lazzaro non è completamente fedele alla sua sedia a rotelle. La usa. Ci si muove. Ma spesso si alza. Per lavarsi, andare a comprare le sigarette, il vino, la birra, qualcosa da mangiare – penso, ma non l’ho mai visto mangiare. La sedia a rotelle di Lazzaro è una sorta di poltrona con le ruote. Un residuo di casa che si porta dietro, come altri si portano dietro coperte e scatoloni, valigie e zaini, carrelli della spesa e dell’aereoporto.
Lazzaro fa gente.
Intorno a lui ci sono sempre altri barboni e lui si alza, offre la seduta della sedia a rotelle, la presta a chi vuole andare a chiedere l’elemosina, quando non ne ha voglia. Credo che il canone sia mite ed in ogni caso ho visto almeno tre diversi barboni chiedere l’elemosina con la sedia a rotelle di Lazzaro.
Lazzaro ha un nemico: lo spazzino che ogni mattina, fra le sette e le otto, lava le strade. È un tipo lombrosiano, la barba malfatta, ispida, sul genere Gambadilegno, gli occhiali spessi, tenuti insieme con lo scotch, una ms in bocca. Lo spazzino ha una piccola autobotte: un ape travestito da autobotte. Dietro, c’è un rullo con una quarantina di metri di tubo di gomma, che finisce in una pompa a pressione. Lo spazzino impugna la pompa a pressione come se fosse un supereroe. Ferma sempre l’ape abbastanza lontano da Lazzaro e si avvicina circospetto. Se Lazzaro dorme, lo spazzino, quando arriva a cinque o sei metri, apre la pompa al massimo getto, lo schizza di acqua e lisoformio (quel lisoformio grezzo che ammorba i gabinetti dei treni) e gli urla “alzati, sudicio, che cammini”. Lazzaro si scuote il vino dalle palpebre, si alza, cerca di salvare le sue cose dall’acqua. In silenzio.
Un silenzio pieno di dignità.

Chi li ha sciolti? (primo)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/10/2007

Chi è che anche stamani ha sciolto:
–   i vigili urbani a cavallo, che non hanno mai capito di non essere a Central Park,
–   le vigilesse con le calze a rete, che sacrificano le loro vene varicose sull’altare di una seduzione grottesca,
–   quelli con il banchetto delle firme contro la droga: "yur sigg againss droccs" che continuano a devastarmi la quiete del basso ventre senza capire che non sono inglese,
–   il barista che si sente in dovere di narrare la composizione del menu serale e la sua contemplazione notturna del dio gaviscon, come se me ne fregasse qualcosa,
–   il banchiere, un banchiere vero con dodici cognomi, che prima ti saluta deferente e poi si gira verso il mendicante che gli chiede l’elemosina con un "basta, hai rotto i coglioni", che non sfigurerebbe in una commedia in vernacolo,
–   il furbetto con il cartello da invalido che posteggia in pieno divieto di sosta ed in palese zona blu per scaricare una sacca da  golf di Luis Vuitton,
–   l’anziano invalido con il cappellino da baseball d’ordinanza che guida semidisteso, gli occhi a fanale appena al di sopra del volante, e cerca di centrarti, costringendoti a fare la figura del toro, davanti ad un corteo di turisti giapponesi che non si esumano da scattare fotografie?

Fiocco di Neve

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
04/10/2007

Non so come si chiami.
So solo che vive appoggiato ad un banchetto che vende trippa e lampredotto.
Nel pieno centro di Firenze.
Lo chiamano Fiocco di Neve o Chicco di Riso.
Perché è completamente stempiato.
Anzi, no.
Ha un terribile riporto che adagia sul colmo del capo.
Un riporto unto e bisunto.
Molto milordo.
Ed una forfora perenne, da campionato del mondo, che, quando si china, gli rende la testa simile ad una sfera di vetro con le gondole.
O con la casa di Babbo Natale.
Vive appoggiato a questo banchetto.
Aspettando che la pietà del gestore riempia il suo bicchiere.
Lo guarda a lungo.
E lo beve di un fiato.
Alla maniera di un alcolista cronico.
Oggi si è spostato.
Aveva i capelli tagliati di fresco.
Camminava con un energia strana nelle gambe.
Anche Fiocco di Neve potrebbe iniziare una nuova vita.

Un meraviglioso ribelle

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/08/2007

Piazza della Libertà è un luogo come tanti.
Uno dei monumenti all’urbanistica ottocentesca che hanno preso il posto delle antiche mura di Firenze.
Oggi è una grande rotonda che accoglie il traffico quando si circumnaviga il centro storico.
Da almeno tre anni, si è arenato sul semaforo che si affaccia verso Fiesole un vagabondo di nazionalità incerta.
Vive lì.
Trascinandosi fra le macchine con un fazzoletto sudicio e lavando i fari.
Lo si incontra al supermercato, ad ore improbabili.
Il primo mattino, insieme ai pensionati che cercano un modo per passare la giornata.
Passa ore a fissare lo scaffale dei liquori.
Sempre incerto.
Un bambino in un negozio di giocattoli.
Sporco.
Inoffensivo.
Perso in un pensiero che mi piace immaginare pura poesia.
Ieri era l’ultimo lavavetri della città.
Ancora al suo posto.
Ignaro.
Stupito degli sguardi stupiti.
Un meraviglioso ribelle.

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