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Tag Archive for: berlusconi

Il marocchino di Berlusconi

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
08/12/2010

moschea-bluIn questi giorni, abbiamo appreso che l'arabo è una lingua piena di sfumature.
Di dialetti.
Di modi di dire e di pronunciare le stesse parole.
Per cui, uno che dice Allah mi perdoni non l'ho uccisa io, poteva dire, come pare che abbia effettivamente detto, Allah, ma come mai il telefono squilla e nessuno risponde?
I commenti dei giornali, Tirreno, La Nazione, Corsera, Repubblica si sono tutti concentrati su questo aspetto.
Banale.
Meno banale, forse, sarebbe stato chiedersi come mai una persona normale viene intercettata, senza altro indizio che non l'intercettazione stessa.
Ancora meno banale, sarebbe chiedersi come si possa intercettare uno che non parla a telefono, ma semplicemente aspetta che dall'altra parte si risponda alla sua telefonata.
Due aspetti che sono passati sotto tono.
Troppo sotto tono.
E dispiace ammettere che non danno per nulla torto a Berlusconi in punto di intercettazioni e tutela della privacy.
Mostrano un mondo in cui i telefono possono essere sempre sotto controllo.
Perfino quando non si parla.

Suona a “morto”

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/12/2010

48098_50957_Mario_Drag_2471217_mediumMario Monti occupa il fondo del Corsera di oggi.
Lo occupa con un articolo interessante che propone di risolvere i problemi delle speculazioni sui titoli di Stato attraverso l'emissione in comune di titoli in Euro (E Bonds).
Ma questo è il tema apparente del suo articolo.
Il messaggio vero è fra le righe, quando dice che l'idea non è nuova, risale a Jacques Delors ed è stata ripresa "tra gli altri, autorevolmente, da Giulio Tremonti".
Fra gli altri, autorevolmente, suona come un ramoscello di ulivo al ministro dell'economia con cui l'establishment autorevolmente rappresentato dal Corsera ha avuto più occasioni di attrito.
Suona male per Berlusconi.
Parecchio male.
Soprattutto se la riforma Gelmini slitta al Senato.

Napolitano ed i decreti legge (A proposito di Veline e Vajasse)

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
24/11/2010

carfagna-berlusconiNapolitano ha polemizzato con la presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Consiglio dei Ministri del 18 novembre 2010 ha approvato un decreto legge per la soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania.
Ieri, 23 novembre, non era ancora arrivato sul tavolo del Presidente della Repubblica che ha il compito di firmarlo, con il valore di una emanazione.
Perché?
Cinque giorni per spostare un foglio da Palazzo Chigi al Quirinale sono tanti.
Troppi.
Il problema è che il Consiglio dei Ministri non approva i decreti legge.
Approva una carpetta che dovrebbe contenere il testo del decreto legge, ma che spesso è vuota.
In modo da lasciare al Presidente del Consiglio il compito di riempire la carpetta – di scrivere il decreto legge – prima di inviarlo al Capo dello Stato per l'emanazione.
Questa volta, l'accordo sul decreto legge è stato più faticoso del solito, perché l'oggetto del testo normativo era l'attribuzione dei poteri sugli inceneritori campani, ovvero l'oggetto vero della lotta di potere all'interno del PdL campano fra la Mussolini e la Carfagna.
Una guerra di vajasse che diventa impedimento all'attività di governo.
Comico impedimento.
Prontamente segnalato dal Capo dello Stato, con un intervento che suona più o meno Si sa che approvate solo carpette, ma almeno non fatelo vedere troppo.
Inutile osservare che se i decreti legge sono una torsione della centralità del Parlamento imposta dall'emergenza, ciò dovrebbe essere giustificato dalla collegialità dell'azione di governo.
Che invece viene meno.

Il Lodo senza lode

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/10/2010

molto-rumore-per-nullaFini ha accettato l'impostazione della maggioranza sul "quarto" Lodo Alfano.
Repubblica reagisce con due editoriali molto forti.
Carlo Galli sottolinea che l'immunità di un capo del Governo che appare designato dal voto popolare equivale a dotare il voto popolare di una forza taumaturgica che è estranea alle democrazie occidentali.
Alessandro Pace, che è il decano dei costituzionalisti e non ha mai fatto mancare le sue critiche al Primo Ministro, osserva che le leggi di revisione costituzionale sono sottoposte alla Costituzione e che la Costituzione non tollera una immunità dalla giustizia stabilita dopo che la giustizia si è messa in moto.
Come dire: è in astratto ipotizzabile una forma di immunità per il Capo del Governo, ma non è ipotizzabile un Parlamento che sottrae il Presidente del Consiglio ad un processo.
Soprattutto Pace osserva che vi è una certa confusione nell'accomunare sotto la stessa forma di immunità Capo dello Stato e Presidente del Consiglio, data la diversità di funzione delle due cariche ed il diverso valore che hanno nel sistema.
Ha ragione.
Ma, forse, per un motivo leggermente diverso. L'attuale forma di governo prevede che il Capo del Governo duri in carica una legislatura e collega la sua designazione al voto popolare che elegge quella legislatura.
Di conseguenza, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha una immunità che dipende dal voto della stessa maggioranza che ha fiducia in lui e l'immunità diventa una sorta di estensione in campo penale della fiducia parlamentare.
Al contrario, l'attuale forma di governo rende possibile, quasi inevitabile per le logiche dell'alternanza, che il settennato del Presidente della Repubblica inizi in una legislatura e finisca in un'altra dominata da una maggioranza diversa da quella che lo ha eletto.
Sicché mentre per il Capo del Governo l'immunità è il frutto della fiducia, per il Capo dello Stato l'immunità – o meglio la decisione di non concedere l'immunità – può essere facilmente strumentalizzata da una maggioranza parlamentare ostile ad un Presidente della Repubblica eletto in una precedente legislatura da un'altra maggioranza.
Ma queste sono chiacchiere di costituzionalisti possono davvero interessare a qualcuno?
O sono gli estremi riti di Bisanzio mentre fuori dalle mura l'assedio ottomano volge al termine?

Meno male che c’è la mano morta

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/09/2010

fini_berlusconiIl Primo Ministro ha compiuto gli anni.
74.
In una giornata che ha donato al Parlamento.
Con un discorso degno di un emerito di diritto costituzionale.
Nell'assoluta indifferenza di sensi con il Presidente della Camera.
Sono due uomini diversi.
Il Presidente del Consiglio si è espresso con lucida padronanza dagli scranni del Governo che occupano il centro dell'emiciclo parlamentare.
Il Presidente della Camera lo ha ascoltato masticando una matita dagli scranni dell'Ufficio di Presidenza che stanno al di sopra dei banchi del Governo.
E' interessante questa geografia: il Governo è al centro dell'attenzione del Parlamento, ma il Parlamento è al di sopra del Governo.
Una perfetta immagine della funzione di indirizzo politico e della centralità assegnata all'assemblea nella forma di governo costruita dalla Costituzione.
Una immagine alta e parecchio sprecata per un dibattito che mostrava due diversi modi di intendere la fica in età non più giovane.
Da una parte, il premier priapico che farebbe uso di un gran numero di signorine con aria da bagno turco e remunerazione da nababbo tirchio, secondo quanto svelato dalla signorina Patrizia.
Un modo di intendere le donne estremamente prudente: se le pago per usarle, le pago anche per non avere nessun motivo di restare dopo che sono state usate.
Il modello Pay per use.
Dall'altra parte, lo speaker sfigato: se una donna che è una bella donna si "innamora" di me e mi considera l'inventore dell'attrezzo maschile che nega di avere conosciuto prima di avermi sfilato le bretelle, non posso più fare a meno di lei, non posso più paragonarla alla madre dei miei figli che magari è stata una bella donna ma per la quale – dopo un certo numero di anni passati a vederla dormire russando e con la camicia da notte della nonna – è difficile provare un singulto di orgoglio erettile.
Il modello Pay to be used.
Difficile scegliere fra i due.
Per fortuna, resiste Bossi, che in punto di mano morta è davvero un campione.

Di chi ha paura Berlusconi? (Dietrologia futurista)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/08/2010

48098_50957_Mario_Drag_2471217_mediumSdrang_Batang_Gang
Il futurismo fa paura al Cavaliere?
Chi scrive è convinto di no.
Il Cavaliere ha cercato la rottura con Fini e sicuramente non è stata una mossa azzardata.
Berlusconi può essere malato di caudillismo, ma non è per nulla un idiota e non può pensare di poter chiedere le dimissioni del Presidente della Camera o di andare tranquillamente incontro al prodianissimo rischio di una debacle alla Camera dei Deputati.
Sulla sfiducia a Caliendo.
Sul processo breve.
Sulle traduzioni del Lodo Alfano.
Sulla riforma della giustizia.
I timori del Cavaliere vanno ricercati in un'altra direzione.
Nella direzione di Tremonti.
E' lui l'uomo forte del Governo.
E' lui l'unica alternativa a Berlusconi e l'alternativa, per Berlusconi, significa il definitivo allontanamento dalla politica.
Lo ha detto lo stesso Tremonti, con chiarezza, all'indomani della cena di Draghi da Vespa, dicendo – a Repubblica – che non vede governi tecnici, perché non vede tecnici capaci di governare.
Lo ha ripetuto il silenzio di D'Alema su possibili intese con Tremonti e da tempo lo testimonia esplicitamente la linea politica di Casini.
Il Cavaliere si rende perfettamente conto di avere un'età che gli consente di terminare il mandato da Primo Ministro, ma rende improbabile un ulteriore incarico.
Lo strappo con Fini mira ad anticipare le urne: manca un intorno di due anni al termine della Legislatura ed un nuovo mandato elettorale prorogherebbe questo termine di cinque anni.
Fini, in questa logica, è soltanto un paravento mediatico per una resa dei conti molto più complessa.
Serve a consentire a Berlusconi di sciogliersi da un abbraccio sempre più mortale con Tremonti e lo si intende molto bene dalle dichiarazioni di fedeltà padana dell'ex moribondo di Varese.
Questa volta il generale Agosto non è per nulla futurista.
E' molto ancient regime.

Il cortocircuito di Verdini ed il rumoroso silenzio di Berlusconi

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
27/07/2010

Bettino-Craxi-1976-Venezia2Altri tempi ed altri mondi, quelli dell'immagine.
Il tema di oggi è di bassa cucina.
Lo legge bene Massimo Franco nella sua nota per internisti del Corsera.
Verdini si dimette da Presidente del Credito cooperativo di Campi Bisenzio – e con lui, per solidarietà, l'intero Consiglio di Amministrazione – ma non da parlamentare né da dirigente del PdL.
Per il notista politico del Corriere, il punto sarebbe che in questo modo, Verdini avrebbe dimostrato di avere molto più riguardo per gli interessi degli azionisti di cui è stato presidente per lunghi anni piuttosto che per il corpo elettorale e la forza politica che ha contribuito a costituire aderendovi sin dalla prima ora.
E' una visione corretta, ma che merita di essere contraddetta sotto un aspetto e precisata per un altro verso.
Per Franco, la funzione di rappresentanza politica è più importante di una banca.
Non è così, perché la questione non è di gerarchie fra ruoli e valori incarnati dai diversi ruoli. La questione è se il presidente di una banca possa essere anche un politico attivo senza con questo alterare la logica degli interessi perseguiti in un ruolo con quelli rivestiti dall'altro.
La logica dei prestiti di una banca può essere indifferente alla politica se il suo presidente è politicamente sensibile al punto di essere eletto come parlamentare e di coordinare il partito di maggioranza relativa nel paese? Nello stesso tempo, il partito di maggioranza relativa può essere coordinato da chi rappresenta anche gli interessi di un polo economico e finanziario di un certo peso?
Verdini, in altre parole, non si doveva dimettere da entrambe le cariche e l'anomalia non è che si sia dimesso da presidente della banca che guidava e non da coordinatore del PdL. L'anomalia, il cortocircuito nel ragionamento di Franco, è che chi coordina un partito non può essere anche il presidente di una banca e viceversa.
La precisazione riguarda il silenzio di Berlusconi, che questa volta ha sentito il bisogno di dire: Io me ne sto zitto e qualsiasi dichiarazione mi venga attribuita dai mass media domani, ovvero oggi, è una falsità ed una invenzione.
E' una dichiarazione singolare: non è nel carattere del primo ministro indossare il bavaglio e allontanarsi dalla bagarre mediatica nella quale sa sguazzare come pochi altri e non può significare quello che significano letteralmente le parole che la compongono.
Sarebbe come se Berlusconi dicesse pubblicamente che oggi il suo cervello ha preso un giorno di vacanza.
No, vuol dire un'altra cosa: Io di Verdini me ne frego, della questione morale nel PdL me ne lavo le mani, ci sono cose ben più importanti.
Triste, soprattutto se la cosa più importante di queste ore è abbassare i quorum per l'elezione dei membri laici del CSM e quindi abbandonare una logica saggiamente bipartisan nella formazione degli organi di garanzia.

L’ammorbidente irrituale di un ministero law cost

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
28/06/2010

NapolitanoNessuna simpatia per il ministro Brancher.
Un senso di grave fastidio.
Per un ministro nominato in assenza di una delega precisa.
Per l'uso del legittimo impedimento che in assenza di una delega precisa non può essere giustificato.
Sul piano costituzionale, è il Presidente della Repubblica che ha la responsabilità politica di nominare il Presidente del Consiglio dei ministri, ma è questo che ha la responsabilità politica di nominare i ministri.
Nel caso dei ministri con portafoglio, ovvero dei ministri la cui esistenza è fissata da norme di legge generali ed astratte che individuano il dicastero e le relative competenze, la responsabilità del Capo del governo riguarda solo la persona scelta a ricoprire una carica.
Nel caso dei ministri senza portafoglio, la responsabilità del Capo del governo riguarda anche la delega che lo stesso conferisce al ministro e che deve essere giustificata da una esigenza politica concreta e ben delineata.
Qui, questa esigenza non risulta con chiarezza.
La delega al ministro Brancher è cambiata molte volte nei giornali e non è mai arrivata sulla gazzetta ufficiale della Repubblica.
La delega del ministro senza portafogli è la misura delle sue attribuzioni, la quota di potere di governo che gli viene trasferita dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Senza questo atto, non si può parlare di legittimo impedimento perché non si sa che cosa impedisce al ministro di compiere il suo dovere di cittadino e presentarsi in tribunale o lasciare che il tribunale svolga il suo compito senza la sua presenza.
Di qui, il grave fastidio per un pasticcio di bassa politica collegata al dialogo/scontro fra PdL e Lega, nelle immagini più ottimistiche, alla necessità di evitare processi imbarazzanti per l'intera compagine di governo, nelle visioni meno celesti.
Ma il Capo dello Stato non ha alcun potere di pronunciarsi sulla esistenza del legittimo impedimento.
Il legittimo impedimento è stabilito da una legge (n. 51 del 7 aprile 2010) che egli ha promulgato e che promulgano ha consegnato alla magistratura che dovrà farne applicazione.
Sono i giudici che devono giudicare del legittimo impedimento dell'imputato Brancher a presenziare alle udienze in cui è giudicato, senza che il Capo dello Stato possa intervenire.
Ferruccio De Bortoli, sul corsera di oggi, sottolinea che il Capo dello Stato ha molto apprezzato l'intervento di Ainis sulla Stampa di sabato 26 giugno.
Ainis è un costituzionalista molto serio e molto attento.
Ma il suo intervento è particolarmente criticabile: si legge che il Presidente della Repubblica è custode di valori etici e che, siccome presiede il Consiglio Superiore della Magistratura, può fornire alla magistratura stessa l'avallo per l'interpretazione costituzionalmente preferibile di una disposizione di legge.
E' un modo pericoloso di guardare al ruolo del Capo dello Stato, che in questo modo diventa una magistratura politica in grado di influenzare le magistrature giudiziarie.
Il fatto che il Capo dello Stato veda con favore questa intepretazione del suo ruolo è un messaggio preoccupante, il messaggio di una carica dello Stato in forte avanzamento verso (e contro) altre cariche dello Stato che dovrebbe fronteggiare in una posizione di equilibrio, ma che non dovrebbe accerchiare con il peso della propria irresponsabilità politica.
Tutto questo è molto pericoloso e dovrebbe essere visto con estrema preoccupazione da sinistra, perché i presidenti della repubblica hanno il vizio di non essere giovani e potrebbe essere questa legislatura ad occuparsi della sua sostituzione: un Napolitano forte è un atout delle sinistre, ma il prossimo capo dello Stato potrebbe non essere di sinistra e sicuramente si approprierà dei progressi compiuti da Napolitano nella conquista del potere politico concreto.
L'irritualità del Capo dello Stato rende meno antipatico il povero Brancher, che non si trova in una bella situazione, anche se, con un bel colpo di orgoglio, riesce a agganciare il premio del ministro più law cost della storia repubblicana, dichiarando che è perseguitato a causa di Lippi e della pessima figura della nostra nazionale.
Per fortuna, la destra si sa fare male da sola.
Perché in questo caso, la posizione di Napolitano fa male davvero.
Alla democrazia, complessivamente intesa e non solo a Brancher.

Noterelle intercettabili

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/05/2010

Calamandrei
Il disegno di legge sulle intercettazioni pone tre diverse questioni di rango costituzionale: il diritto di ciascun cittadino alla privacy, il diritto dei mass media ad informare l'opinione pubblica, il dovere dello Stato di assicurare una efficace azione di repressione dei reati.
Sul primo di questi diritti, non vi è davvero molto da dire. La privacy è una proiezione della libertà personale: è il diritto di ciascuna persona a potersi esprimere liberamente perché al di fuori di ogni controllo dello Stato o di altre persone. E' quel diritto che ciascuno di noi rivendica da piccolo quando vede un genitore che fruga nel suo diario (ai tempi di chi scrive) o nel computer o fra gli sms (ai tempi di oggi).
Nemmeno c'è da molto da dire sul secondo. Lo Stato funziona nella misura in cui è una macchina trasparente ed ogni opacità sulle sue finestre, anche sulle finestre della azione penale, rischia di essere un pregiudizio per la democrazia.
Ancora di meno da dire sul terzo. Lo Stato ha cominciato ad esistere quando ha imbracciato l'azione penale e l'ha trasformata in processo.
Tutti questi aspetti, però, emergono in una sintesi di valori che è tipicamente politica.
La privacy dei figli è molto diversa vista dai genitori ed anche loro qualche ragione possono averla nel volere sapere chi è che manda un sms alle tre del mattino o con chi era il pargolo quando è tornato con gli occhi di una triglia non particolarmente felice.
La libertà di cronaca può facilmente rovinare una persona solo per vendere qualche copia in più: i giornali escono tutti i giorni e la cricca della Banditella, no.
L'esercizio della azione penale ha bisogno di essere temperato e poteri istruttori particolarmente incisivi possono degenerare in una struttura socialmente inquisitoria, come accade nelle indagini che si muovono "a strascico": le intercettazioni non sono solo uno strumento indispensabile per scoprire i reati ed accertare i colpevoli, sono anche ciliegie che è molto difficile smettere di mangiare e che donano un potere di conoscenza quasi esoterico a chi le compie.
Il bilanciamento di queste esigenze è politico ed il Governo ha il sacrosanto diritto di proporre alle Camere un testo che cerca di trovare un ragionevole punto di equilibrio.
Il punto non è questo.
Il punto è che il Governo cerca di imporre alle Camere il proprio punto di equilibrio, con una presenza assillante nel dibattito parlamentare.
Il ministro Alfano si presenta in Commissione Giustizia.
Può farlo, i regolamenti parlamentari lo permettono e la Commissione Giustizia è naturalmente strutturata come il luogo in cui il Parlamento discute con il Ministro della Giustizia.
Ma perché è il Parlamento che chiede al Ministro della Giustizia di chiarire il suo operato dinanzi ai rappresentanti del corpo elettorale.
Non perché il Ministro della Giustizia chiede al Parlamento di giustificarsi dinanzi al Governo.
In questo modo, il Parlamento diventa un ircocervo: un qualcosa che ha un nome che lo designa ma di cui nessuno oramai conosce più l'essenza.

Una pensione sociale per Veronica (Post misogino)?

15 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/05/2010

berlusconi_lario_1396056a
Iniziano ad emergere gli aspetti principali della fredda stretta di mano che ha segnato l'accordo fra l'on. Berlusconi e la signora Lario.
Il Times li chiama the details of the deal.
Usando deal come termine tecnico per "affare".
Sicuramente si tratta di un affare tecnicamente inteso per la signora Lario: trent'anni e tre figli con il miliardario ridens contano 300MigliaiaEuro mensili, non molti rispetto ai 3.5MilioniEuro mensili inizialmente richiesti dalla signora Lario, ma sempre non pochi.
Che cosa ha fatto la signora Lario per meritare questo vitalizio?
Ha semplicemente sposato il signor Berlusconi e prodotto tre figli.
Nient'altro.
Di qui, il diritto al mantenimento che si fonda sulla presunzione che la signora Lario abbia contribuito alla fortuna del signor Berlusconi perché non ha fatto nulla, abbandonando la sua carriera di attrice e le sue prospettive di fortuna individuali per sacrificarsi alle sorti del marito.
E' un ragionamento profondamente ingiusto: se la signora Lario, come molte altre donne, si fosse massacrata per rendere possibile la crescita dei propri figli e la propria carriera professionale avrebbe avuto diritto ad una somma assai inferiore.
In altre parole, se una donna sposa un uomo molto ricco e si dedica alla vita della moglie dell'uomo molto ricco ha diritto a continuare questa vita.
Se, invece, con un singulto di dignità, preferisce mantenere la propria professione, sacrificare il proprio tempo libero e riesce a diventare una donna di successo ed una brava madre non ha questo diritto.
Non è giusto.
Chi non ha fatto nulla nella vita ha diritto alla pensione sociale e non ad un deal.

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