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Ciampi: era meglio quando cantavi il vino

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
24/11/2009

Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi fu accolto nella sua città natale da una scritta di dimensioni ragguardevoli: Ciampi, era meglio quando cantavi del vino.
Testo degno di un Cardinali.
Perfettamente disincantato, come è di una città in cui si sta troppo bene per poter immaginare di aver voglia di lavorare.
Ma Ciampi non è più livornese da molti anni.
Di conseguenza, invece di non far nulla, continua a lavorare anche in pensione e rilascia interviste che possono essere considerate interferenze istituzionali.
Ciampi è un pensionato.
Un pensionato particolare perché è stato il presidente della Repubblica.
Ha rilasciato una intervistsa a Repubblica censurando in termini decisamente forti il presidente del Consiglio dei Ministri, fra l’altro, sul tema delle leggi ad personam, che sono sicuramente una questione molto delicata sul piano costituzionale.
E’ arrivato al punto di suggerire a Napolitano di avvalersi della prerogativa di non promulgare la legge una volta che sia approvata dalle Camere.
Questa esternazione, come si chiamavano le dichiarazioni di Cossiga, con il tono di chi definisce un discorso con il sapore di un rumore involontario del corpo, pone alcune questioni piuttosto complicate.
La prima è di carattere logico: il disegno di legge sul processo breve non è ancora stato presentato alle Camere, discusso o approvato, sicché si sta parlando di un nulla che potrebbe anche essere molto ragionevole sul piano costituzionale. Il diritto ad un processo che si concluda in tempi ragionevoli non pare poter essere considerato uno scandalo da nessuno.
La seconda è di carattere istituzionale: chi è stato presidente della Repubblica dovrebbe astenersi dal prendere posizione su problemi che affannano lo scrittoio del suo successore. Il presidente della Repubblica rappresenta l’unità costituzionale della nazione e l’unità costituzionale della nazione viene minata se un ex presidente della Repubblica interpreta il tessuto costituzionale in termini radicalmente difformi dall’attuale presidente della Repubblica. Se per un costituzionalista può essere normale avere idee diverse da un altro costituzionalista, può non essere altrettanto normale che due presidenti della Repubblica abbiano una posizione dialettica sul contenuto normativo della Costituzione.
La terza è di carattere costituzionale: gli ex presidenti della Repubblica sono senatori a vita, ovvero partecipano al dialogo politico con un ruolo al di sopra delle parti politiche perché non sono vincolati al mandato elettorale. Le prerogative della insindacabilità, in questo caso, sono prerogative a vita ed una assoluta immunità per qualsiasi pensiero espresso nell’esercizio delle proprie funzioni dovrebbe spingere al massimo self restraint.
Soprattutto, però, le dichiarazioni di Ciampi hanno mosso il presidente del Consiglio, sollecitato dal fido consigliere di sempre, a presentarsi al popolo, con un messaggio televisivo in cui, a rete unificate, dichiarerà il vero significato dell’offensiva giustizialista che è costretto a fronteggiare e invitare i matti alle botte non è mai una politica saggia.
Neppure per un pensionato.

Grazia per Berlusconi?

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/11/2009

fini_berlusconiFini e Berlusconi hanno parlato a lungo questa mattina.
Un colloquio che ha visto il Presidente della Camera rilasciare una rapida intervista, in cui si è detto soddisfatto dell’impegno del Governo a maggiori stanziamenti per la giustizia.
Il concambio è un disegno di legge che crea una corsia preferenziale per i cittadini incensurati sottoposti ad una azione penale: massimi sei anni per arrivare ad un verdetto definitivo dopo di che si ha la prescrizione del reato.
La cosa non convince.
Non perché sia sbagliato un disegno di legge di questo genere.
In astratto, non è sbagliato neppure il Lodo Alfano e, in astratto, l’immunità delle più alte cariche dello Stato è una scelta costituzionalmente ammissibile.
E’, inevitabilmente, sbagliato in concreto perché condiziona la politica criminale del paese ai bisogni di impunità del suo premier e, quindi, potrebbe essere considerato incostituzionale esattamente come il Lodo Alfano.
La strada costituzionale dell’immunità per Berlusconi è il decreto di grazia.
Napolitano deve firmare la grazia per Berlusconi, senza attendere che sia condannato, con una sicura torsione ad personam di tutti i principi costituzionali (nel potere di grazia, il confine fra azione penale e potere di clemenza è dato dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna in modo da impedire che l’azione penale possa essere influenzata dal potere di clemenza e che il potere di clemenza possa entrare nel processo penale).
Eppure, appare più coerente: il Premier non vuole essere processato? che lo si liberi, ma lui e solo lui, da ogni processo, con un provvedimento naturalmente singolare e senza continuare a cercare soluzioni che non possono essere buone per tutti giacché sono studiate per una sola persona. 
In fondo, Berlusconi ritiene di non poter essere processato in virtù del voto popolare e la grazia lo libererebbe da ogni processo per ragioni taumaturgiche.
Basterebbe un disegno di legge costituzionale in cui si dica che il Presidente della Repubblica può concedere la grazia alle più alte cariche dello Stato per insigni meriti astrali.
O qualcosa del genere, magari con il parere vincolante del Papa.
Tanto siamo a prenderci per il naso e l’articolo più cliccato del corriere on line, oggi, è Maurizio Corona prende due multe per eccesso di velocità.

Non v’è chi non veda (Marrazzo e la Brendona)

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
26/10/2009

PeliDiFicaOggi, è possibile gioire.
Tre milioni di cittadini, compresi minorenni ed extracomunitari, regolari ed irregolari, hanno partecipato alle primarie del Partito Democratico: partito e non popolo. Esempio di democrazia e non di demagogia.
Berlusconi ha confessato di avere pieno controllo sulle proprie testate editoriali e di farne uso politico: il suo intervento ha dettato la linea editoriale di Chi nei confronti del video Marrazzo (un disgraziato in mutande che piagnucola Non mi rovinate accanto ad un trans incazzato, se così si può dire, perché gli hanno appena fottuto Euro3Migliaia di parcella).
Marrazzo Piero, il presidente della Giunta regionale del Lazio che era stato sorpreso con alcuni trans sudamericani e filmato da alcuni carabinieri infedeli, ha dimostrato la superiorità morale delle sinistre autosospendendosi dalla carica e dalle indennità relative per uno scandalo che riguarderebbe esclusivamente la sua vita privata.
Tutto questo, su Repubblica e gli altri quotidiani critici nei confronti del governo, accompagnato da un Non v’è chi non veda …
Onestamente parlando, che in inglese suona assai meglio che in italiano, affermare che l’affaire Marrazzo sia quasi una occasione per dimostrare la superiorità politica delle sinistre nei confronti dei partiti al governo è davvero una operazione offensiva per l’intelligenza.
Marrazzo è stato trovato con i pantaloni abbassati nell’alcova di un trans, che frequentava e che ha rilasciato interviste come se fosse la sua fidanzata.
Pagava molto bene per i suoi incontri: aveva Euro5Migliaia nel portafoglio, di cui Euro3Migliaia erano la parcella del trans e Euro2Migliaia sono diventati la prima parte del prezzo del silenzio dei suoi ricattatori.
Denari che di per sé parlano, anche se i giornali non ne parlano: Marrazzo come Presidente della Giunta regionale incassa una indennità di poco più di Euro8Migliaia mensili, sicché se ne spende tre in prestazioni sessuali – non occasionali ma ripetute con singolare assiduità – vuol dire che ha anche altre fonti di reddito e non sembra un caso che quando è stato convocato dalla Procura della Repubblica credesse che la ragione dell’invito fosse collegata ad un problema di appalti, come con singolare ingenuità ha avuto di dichiarare.
Ma un elettore del Partito Democratico si deve chiedere perché se il voto della Binetti sulla aggravante omofobica è considerato un valido motivo per proporne l’espulsione dal partito, il comportamento gravemente omofobico del Presidente Marrazzo (andare con un trans significa sfruttare la prostituzione maschile) sia sanzionato con una semplice autosospensione: Marrazzo dovrebbe essere espulso dal Partito e basta.
Onestamente parlando, non credo che così si vada molto lontani: quando il becero Belpietro sul Giornale osserva che i vizi delle sinistre sono con i trans, mentre i peccati di pantalone delle destre sono con le escort condensa un discorso politico che ha una sua forza retorica.
In un mondo di puttanieri, meglio un puttaniere normale.
Ma solo se le paga di tasca propria e, qui, forse, è possibile dubitare.

La Corte costituzionale ed il superenalotto

12 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
07/10/2009

ConsultaOggi, è attesa la sentenza sul cd. Lodo Alfano.
I giornali incorrono pronostici e chiacchierano di incostituzionalità, incostituzionalità parziale, inammissibilità, infondatezza, e quant’altro, costringendo i loro cronisti a ripetere l’esame di diritto costituzionale come se fosse una sessione di superenalotto.
Dal punto di vista costituzionale, dal punto di vista di uno studioso di diritto costituzionale, appare difficile sostenere l’incostituzionalità del Lodo Alfano.
Non perchè questa legge sia conforme alla Costituzione.
Non sembra esserlo.
Ma perchè le ordinanze che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale evocano dei parametri che rendono molto complesso l’accoglimento della questione di illegittimità costituzionale.
Il più ficcante di questi parametri è l’art. 138, Cost., che chiederebbe, secondo le prospettive dei giudici milanesi, una legge costituzionale per introdurre la sospensione dei processi in favore del Primo Ministro.
Tuttavia, è un parametro costituzionale molto scivoloso, che costringerebbe la Corte a introdurre una forma di riserva di legge costituzionale non necessariamente evocata dal testo costituzionale ed è un parametro su cui la Corte si è pronunciata molto raramente: l’ultima volta, salvo errori, con la sentenza 372/2004, a proposito del riconoscimento di altre forme di convivenza more uxorio diverse dal matrimonio operata dallo Statuto della Regione Toscana e la sentenza fu, non a caso, di inammissibilità.
Eppure, politicamente parlando, la sentenza di incostituzionalità appare non improbabile dopo avere ascoltato gli interventi di Gaetano Pecorella, presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e quindi avvocato istituzionalmente scomodo: una carica dello Stato non può difendere un’altra carica dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale senza confondere le ragioni del libero foro con considerazioni politiche, e di Ghidini, che ha reso molto complicato per la Corte respingere la questione di legittimità costituzionale nel momento in cui ha affermato la superiorità del Presidente del Consiglio rispetto alle ragioni della giustizia per effetto della investitura popolare.
Il ragionamento di Ghidini, nella sostanza, ha costretto la Corte costituzionale in un angolo: se la Corte respingesse la questione di legittimità costituzionale riconoscerebbe il valore taumaturgico del voto popolare e questo sarebbe davvero troppo.
In questa situazione pare possibile quotare l’incostituzionalità del Lodo Alfano, almeno a 2,10, tanto per fare un numero.
Ma l’aspetto singolare è che questo non dipende dalle ragioni dei giudici milanesi, che avrebbero meritato un ben diverso fiato, ma dalla difesa del Premier, che lascia immaginare una congiura di palazzo, in cui si gioca un atout apparentemente azzardato: se la Corte accoglie la questione, gli avvocati del Premier acquistano un prestigio inimmaginabile perché ottengono l’avallo costituzionale sul plusvalore di legittimazione democratica del voto popolare. Se non l’accoglie, gli avvocati del premier vincono il premio Bruto perché potranno sostenere di essere i veri artefici della caduta del dittatore.
Da tempo, si parla di congiure e Arlecchino Calderoli ha mostrato più volte di vedere le mani di Letta su questa vicenda, che davvero sembra perfetta per le caratteristiche da gentiluomo del consigliori di Berlusconi.

Elegie geriatriche

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/09/2009

silvio-berlusconi-vespa
Il cd. Salotto di Vespa, ieri, ha suscitato molte polemiche.
La Stampa, quotidiano negli ultimi tempi non lontano da una linea di fiancheggiamento esterno nei confronti del governo, si è pronunciato con un editoriale di Mattia Feltri (Lo show senza concorrenza), in cui Berlusconi viene paragonato a Leopoldo Fregoli.
A Fregoli, il Berlusconi di Vespa assomiglia molto: sia per la totale assenza di una personalità propria (è ingegnere, architetto, giardiniere, imprenditore, etc.), sia soprattutto per quel viso da burattino invecchiato che fa ridere piangendo.
Ieri, la Repubblica di D’Avanzo si poneva in chiave timidamente speranzosa. Immaginava lo show di Berlusconi come l’estremo vaneggiare di un dittatore sulla via del tramonto. Molto Idi Amin o Bokassa.
E’ una tesi pericolosa: Berlusconi non è affatto sulla via del tramonto. La sua faccia da Fregoli animato Pixar appare sempre più intramontabile e, soprattutto, poche cose sono più pericolose degli estremi singulti di un leader populista.
Il "tramonto" di Berlusconi è l’elegia del miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni, di un uomo che non considera necessaria la democrazia interna al proprio partito, perché il partito è un comitato elettorale e il comitato elettorale non risponde ai propri soci secondo lo schema della rappresentanza popolare, ma secondo il modello della "democrazia assembleare" tipica delle società per azioni.
Ci si deve domandare che cosa significa essere il miglior presidente del Consiglio dei Ministri degli ultimi centocinquanta anni. Perché Berlusconi si pone a paragone con De Gasperis (in realtà, il vero confronto lo dovrebbe cercare con Cavour o con Ricasoli). Perché sia difficile, sul piano logico e costituzionale, paragonare le dinamiche di Berlusconi con Zoli, Rumor, Colombo, Fanfani, Andreotti, Leone, etc. Perché l’unico paragone vero che può venire in mente, a parte De Gasperis, che c’entra davvero poco, è il Craxi della riforma dei Patti Lateranensi, piuttosto che il ferreo modo di condurre gli affari di governo imposto dalla dura onestà di Crispi.
Si tratta, però, di dinamiche estranee alla logica degli equilibri repubblicani, in cui il Presidente del Consiglio dovrebbe essere un primus inter pares, la cui autorità non si pone sul piano personale, ma nella attenta capacità di coordinare un’azione di governo efficace perché coesa.
Questa trasformazione del Presidente del Consiglio è il vero miraggio delle elegie geriatriche ed è una configurazione non lontana dai programmi istituzionali della nascente "corrente di Montecitorio", che non è una fronda, come sembra apparire allo smarrimento del Partito Democratico, ma la leva di una pericolosa manovra a tenaglia.
Il corpo elettorale potrebbe difendere la Costituzione esercitando la chimera del diritto di resistenza, ma un popolo che guarda un Fregoli farsi Caligola senza incazzarsi di brutto dà poche speranze.

Torero o torello?

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/09/2009

Pfizer-ViagraIl Corsera pubblica i verbali degli interrogatori di Tarantini.
Ha rifornito il Presidente del Consiglio di numero trenta signorine per diciotto serate.
Ha fatto sì che il Vice presidente della regione Puglia godesse dei favori di altre signorine.
Ha organizzato una cena elettorale per il comunista a vela.
Tutto questo si sapeva.
Non si conosceva la chiosa dell’indagato alle proprie dichiarazioni.
Tarantini ha voluto precisare che la sua volontà, il suo disegno strategico era di organizzare, attraverso le donne e la cocaina, una rete di amicizie influenti.
In questo modo, ha svelato la sua linea di difesa: Io non ho corrotto nessuno, perché non ho chiesto particolari favori, ho chiesto solo amicizia.
Come Don Corleone e gli amici di Don Corleone avevano l’obbligo di dimostrare la loro amicizia quando il Padrino lo chiedeva.
Può essere una linea defensionale per Tarantini.
Sicuramente non lo è per il Presidente Torello.

Forse no

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
03/09/2009

vignetta-costituzione-berlusconiBerlusconi ha citato in giudizio L’Unità e La Repubblica, ritenendo l’esposizione delle sue presunte frequentazioni femminili lesiva della propria dignità.
Gli intellettuali hanno fatto quadrato intorno ai due giornali.
Affermando che la loro citazione in giudizio sarebbe un grave attentato alla libertà di stampa.
Forse no.
La libertà di stampa incontra dei limiti costituzionali piuttosto significativi quando ha a che vedere con la vita privata delle persone.
Berlusconi ha il pieno diritto a adire un giudice per sentire se questi limiti sono stati rispettati.
E’ un diritto tutelato dalla Costituzione, esattamente come la libertà di stampa: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi.
Un diritto sacrosanto e tipico di ogni Stato di diritto.
Non sembra davvero giusto negare al cittadino Berlusconi la possibilità di avere giustizia, se vi ha diritto, esattamente come qualsiasi altro cittadino.
Negare questo diritto significherebbe ammettere che la giustizia in Italia è una giustizia politica e questo, sia pure con tutte le problematiche che caratterizzano il funzionamento dell’ordine giudiziario, non sembra davvero possibile.
Parlare di fascismo a proposito di una citazione in giudizio non è bello.
Il fascismo agiva sulla stampa attraverso la necessaria iscrizione dei giornalisti al partito nazionale fascista, la censura preventiva, la centralizzazione della produzione delle notizie nella agenzia Stefani.
Non certo rivolgendosi alla magistratura per sapere se l’articolo apparso su quel determinato quotidiano era o meno lesivo della dignità del Primo Ministro.
Sotto questo aspetto, Berlusconi si comporta esattamente come Max Mosley e chiede alla magistratura di stabilire se la sua dignità è stata lesa.
Sta alla magistratura adesso dare una risposta seria alla domanda di giustizia del cittadino Berlusconi.
Ma c’è anche un altra domanda a cui la magistratura dovrebbe dare una risposta.
Gli scandali sessuali, veri o presunti, del Capo del Governo hanno incrinato il prestigio del Governo ed il prestigio del Governo è tutelato dall’art. 290 del Codice Penale: Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte Costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Questo è il vero problema, anche se in questa fattispecie il soggetto attivo della condotta criminosa sembra essere lo stesso Capo del Governo, che con le sue feste e le sue frequentazioni ha pregiudicato il senso dello Stato ed il suo prestigio interno e internazionale.
I giornali accusati non dovrebbero, forse, lamentarsi di una citazione in giudizio con cui il cittadino Berlusconi intende tutelare i propri diritti.
Dovrebbero presentare un esposto perché il Primo Ministro Berlusconi sia costretto a rispondere delle sue azioni.
In questo modo, la pregiudiziale penale bloccherebbe l’azione civile e Berlusconi sarebbe costretto a rinunciare all’ombrello del Lodo Alfano.

La voce di Patrizia

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/07/2009

PallaDiVetroL’Espresso e Repubblica pubblicano i dialoghi di Berlusconi e Patrizia D’Addario e i commenti della signora D’Addario sull’incontro con il Presidente del Consiglio.
Chissenefrega.
E’ la prima sensazione.
No.
La vera notizia, forse, non sono i dialoghi.
E’ la scelta del tempo di pubblicazione.
Un momento assai sonnacchioso.
Lontano dalla calda attenzione dei mesi passati.
Un momento in cui la narrazione dell’incontro del capo del Governo fa poca notizia perché la gente o è in vacanza o sta cercando di sgombrare la scrivania per andare in vacanza.
L’Espresso non vuole mandare Berlusconi a casa.
Vuole tenerlo sotto schiaffo.
Non pare un esempio da manuale di giornalismo investigativo.
Assomiglia a un pizzino.

Irrituale

14 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/07/2009

NapolitanoNapolitano ha promulgato la legge sulla sicurezza.
Lo ha fatto sforzando le prassi presidenziali in punto di applicazione dell’art. 74, Cost.
Per questa disposizione, il Presidente della Repubblica può rinviare alle Camere la deliberazione legislativa sottoposta alla sua firma, chiedendo una nuova deliberazione con un messaggio motivato.
In questo caso, invece, il Capo dello Stato ha promulgato la legge, manifestando le proprie attente perplessità in una lettera al Capo del Governo ed al Ministro della Giustizia, inviata per conoscenza anche ai presidenti dei due rami del Parlamento. Il Primo ministro ha subito risposto con soddisfazione.
Questa lettera mostra due criticità, cui se ne aggiunge una terza.
Prima di tutto, il Capo dello Stato può promulgare una legge della cui costituzionalità dubita?
Forse no.
Forse, in questo modo, il Presidente della Repubblica commette un qualcosa di non lontano dall’alto tradimento.
In secondo luogo, Napolitano ha scritto al Capo del Governo, indirizzando all’esecutivo delle doglianze che riguadano il merito di un testo legislativo, il che significa che, per il Presidente della Repubblica, il motore della attività legislativa del Parlamento non sono le Camere ma è l’esecutivo.
Così, il Capo dello Stato ammette che l’attuale forma di governo ha superato il portato precettivo dell’art. 70, Cost., per il quale la funzione legislativa appartiene alle Camere.
E’ un secondo attentato alla Costituzione.
Soprattutto, però, la lettera del Capo dello Stato al Capo del Governo e la prontamente soddisfatta risposta del Primo ministro evidenziano un mutamento ancora più profonda della forma di governo: la funzione di indirizzo politico viene ad essere oggetto di condivisione fra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri, con una prassi eversiva dell’art. 87, Cost., che prevede un dialogo fra Capo dello Stato e Camere, ma non anche con il Governo.
Ci si avvicina, molto, alla Quinta Repubblica francese, dove primo ministro e presidente della repubblica sono costretti a coabitare e il presidente della repubblica non si può rivolgere al parlamento.
Con una torsione delle forme costituzionali molto evidente.
Anche se la realtà è che se le Camere non sono in grado di esercitare la funzione legislativa al di fuori della direzione impressa alla loro attività dal Consiglio dei Ministri, se il Parlamento è un simulacro poiché non esistono le condizioni politiche per poter esprimere la sfiducia al Governo, se la Corte costituzionale va a cena con i destinatari della lettera del Capo dello Stato, allora il Quirinale diventa l’unico organo costituzionale in grado di influenzare le scelte di Palazzo Chigi e, rapidamente, conquista i vuoti di potere lasciati aperti dal venire meno di ogni altro check and balance costituzionale.

Chi li ha sciolti? (Potta e nutella)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
08/07/2009

PottaENutellaBerluschini (ovvero il Berlusconi di Ghedini), forse, dovrebbe pensare meno al Guardian e di più al Vernacoliere.
Il temutissimo scoop per il G8 dell’Aquila, difatti, non viene né dalla stampa della perfida Albione, né dagli altezzosi spagnoli del Pais.
Ma dal Vernacoliere, noto periodico di area labronico-sciovinista con tendenze spartachiste, che ha abbandonato i consueti temi arcadici per dedicarsi alla attualità.
Il povero Berlusconi (ovvero il Berlusconi dei coglioni, quello vero) temeva, a ragione, che l’argomento per il quale la sua prostata non gli consentirebbe rigidità tali da poter elegantemente trafiggere le signorine di Villa Certosa, portato avanti dalla ghigna dei suoi più fedeli commensali, venisse meno.
Così è stato.
Il cuoco Michele preparava le signorine con abbondanti aspersioni di nutella che consentivano di esercitare per via organolettica prassi normalmente inguinali.
Notizia tremenda per il leader di un paese che fa dell’inguine il centro della propria corteccia epidurale.
Un leader moscio non può guidare un esercito che ha come motto L’ho_duro, anziché Giuro.
Ovvero che invece di professare fedeltà alla Repubblica, si impegna a seguire la propria verga.
Pare che il Giornale del fratello Paolo stia per far uscire un fotomontaggio: Berlusc_Holmes che con la prodigiosa lancia ben oltre i novanta gradi di ordinanza si accompagna con ventiquattro pulzelle, trafiggendole ad una ad una.
Ma lo scoop del Vernacoliere potrebbe non essere finito: dopo la nutella invernale, infatti sembra che apparirà la pastiera pasquale, accompagnata da una Malvasia delle Lipari, e perfino il cocomero estivo, servito su Dolcetto d’Alba ben ghiacciato.
Il tutto naturalmente sarà ben documentato dalle fotografie che il giornale è riuscito a procurarsi grazie alla propria saggia politica editoriale.

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