Aborto: le verità nascoste
Le verità nascoste sull’aborto sono la pagina in costruzione del Movimento per la vita.
Singolare e significativo.
Le verità nascoste sull’aborto sono la pagina in costruzione del Movimento per la vita.
Singolare e significativo.
E’ da qualche parte su splinder.
Mi ci è cascato l’occhio.
Lui racconta tutto contento che la moglie è tornata e lo ha svegliato, lo ha baciato e gli ha chiesto: Senti nulla di diverso? (bella domanda del piffero per uno che fino ad un attimo prima dormiva della grossa, viene da dire)
Lui dice di non aver sentito nulla di diverso, ma lei gli avrebbe confessato: Sai sono uscita con ____, abbiamo fatto l’amore, lui ha sversato nella mia bocca ed io non mi sono potuta "esumare" dal trangugiare tutto il suo desiderio.
Avrei risposto con un: E me lo vieni anche a dire? Brutta ____ che non sei altro!
La mia flemma, temo, si sarebbe trasfigurata in sonori ceffoni.
Lui, no.
Era tutto contento: Come la amo … Come è stata carina … Come mi eccita …
Sarò anche limitato ma non riesco a condividere.
Essere baciato da una che ha in bocca il sapore di un altro mi manderebbe in bestia.
Parecchio.
Esiste una tipa con questa fissazione.
Ne e’ posseduta.
Dapprima, ha disegnato una serie di manifesti in perfetto stile: Disegno cosi’ perche’ mi devono capire anche i marziani.
Poi ha fatto un video. Orrendo.
Non ha sortito alcu effetto.
E’ passata al piano del diritto.
Ha elaborato un regolamento.
Ne riporto uno stralcio: Nessuno puo’ danneggiare o sporcare le cose comuni. Chiunque contravviene a questo obbligo, ad esempio: abbandonando rifiuti di qualsiasi genere: carte, cicche, giornali, non completamente biodegradabili, sara’ assoggettato alle sanzioni di cui all’art. 194 del Codice dell’Ambiente.
Tanta lana: e’ la norma sulle discariche abusive.
Un po’ troppo per una cicca, no?
Personalmente smaltirei l’autrice – abusivamente, ma comunque in discarica.
Esiste una ampia vulgata sulle allieve procaci che diventano professori ferocissimi.
Non ne conosco poche.
Ma ci sono esseri ancora peggiori.
O forse no.
Non saprei.
Immaginate un oggettino – una delikatessen – che riesce a procacciarsi un concorso.
Un concorsino, poco più di una borsa di studio.
Ma di questi tempi non è semplice.
Perciò la guardi con curiosità, conoscendo i gusti del suo sponsor.
E vedi: due piedi a papera, di quelli che guardano le botteghe con attenzione sublime; due gambe ad X, il genere che potrebbe dedicarsi a feticismi che le signorine con la sesta praticano nei siti specializzati; un sedere basso, sul tipo con glutei che scopano per terra; ventre_addome_torace_tutto_d’un_pezzo, senza nessuna soluzione di continuità.
Il tuo sguardo torna al cervello venato di incredulità.
Il suo sponsor non è uno stinco di santo ma nemmeno un passionista di vespasiani.
Lo trovi per caso su un treno.
Non puoi non parlarci.
Preferiresti il tuo blackberry, ma sei costretto ad una conversazione cortese.
Naturalmente non accenni a nulla.
Lui entra nel discorso: Hai conosciuto la dott.ssa ____
Si
Che ne pensi?
Mi sembra una persona molto seria [Che devo dire? Che assomiglia al lupo della tasmania in lingerie e tacchi a spillo?]
Assolutamente. Poi non è nemmeno brutta, non ti pare?
Per nulla. Può avere un suo fascino. Ha uno sguardo assolutamente interessanti [sono occhi da tiroide, il genere che ti fissa come se fosse un pesce rosso in una palla di vetro]
Ma si. Una persona seria. E nemmeno brutta – ripete.
Scendiamo dal treno.
Saluti.
Abbracci.
Resto stupito.
Faccio un paio di telefonate.
E’ la moglie del figlio.
Un nuovo genere di delikatessen.
La moglie sfigata del figlio sfigato.
Tutunci Hamedani Mohsen è un venditore di tappeti.
Le sue aste televisive sono state invasive fra gli anni ottanta e gli anni novanta.
Parla un arabo-fiorentino che assomiglia al tosco-calabrese dei muratori passati dal lametino al pratese su una impalcatura.
Si può sospettare che tutunci sia originario più di Pizzo Calabro che di Shiraz.
In televisione urlava: Ricorda un tappeto è per sempre.
Sapeva della pubblicità dei diamanti sul Readers digest.
Ieri è tornato.
Con una gnoccona improbabile, il cui merito era di avere scritto un libro intitolato: Come prometterla a tutti e non darla a nessuno.
In questo modo, il povero Tutunci è passato dalle arti minori alla letteratura.
Ma è rimasto un venditore di tappeti.
Fiona in fiorentino non suona benissimo.
Sottintende una "c" aspirata che può non essere particolarmente lusinghiera.
Fiona assomiglia in maniera quasi speculare alla sposa di Shrek.
La può impersonare in un film non di animazione.
O in una versione Roger Rabbit del cartone animato.
Il suo problema è che non se rende conto.
Agita i suo tacchi n. 12.
Infagotta le gambe in tristissime calze color carne.
Si costringe in un tailleur di almeno due taglie sotto la sua.
Viola.
Orrendamente viola.
Butta sul viso – con la mestolina dell’intonaco – un trucco pesantissimo, disfatto alle dieci del mattino.
Difficile guardarla senza avere paura.
Parla.
Parla.
Parla.
Avvicinando il viso all’interlocutore, portando i suoi denti macchiati di rossetto ad una distanza imbarazzante, alitando ferocemente.
Ancora una volta, il bussolotto delle caramelle contro il mal di gola è provvidenziale.
Gli sms di auguri sembrano essere stati oltre un miliardo.
Nella sola Italia e solo per il nuovo anno.
Molti affatto inutili. Il semplice frutto di un acritico send to many.
In ogni caso, gli sms di auguri sono diventati una singolare forma letteraria.
Uno strumento che consente di non perdere completamente il contatto con la lingua scritta.
Taluni meritano di essere segnalati:
Un 2008 proficuo (ovvero vantaggioso. Ma sotto quale profilo? Economicamente proficuo, moralmente proficuo, sentimentalmente proficuo?)
Auguri sinceri (e’ una precisazione che non puo’ non far pensare)
Un. 2008 ricco di successi (si sara’ accorto che non faccio il cantante?)
Ricco di tante belle novita’ (ma se sto benissimo cosi’?)
In questo 2008, ti auguro di ricevere in ogni momento, in ogni luogo, in ogni circostanza il meglio che c’e’ (sara’ mica il caso di toccarsi?)
Etc.
In tutti questi casi, una cartolina prestampata – con un costo non eccessivamente superiore – avrebbe fatto assai miglior figura.
Il capodanno è un momento fantastico per osservare le degenerazioni estetiche degli umani.
Prima di tutto, ci sono i petardi.
Non ne scoppiano mai abbastanza in mano agli idioti che li comprano.
Poi, l’abbigliamento.
La Stampa di oggi dava la notizia di una coppia – madre e figlia – che ha rapinato un negozio di intimo per poter disporre degli indumenti rossi più adatti alla serata.
Quest’anno, però, più che le intramontabili mutande rosse, che sembrano sortilegi per trasformare gli stanchi mariti in tori, sembrano essere d’obbligo gli stivali.
Non normali stivali da donna, del genere che si può osservare senza avere un sussulto demoralizzato ai lombi.
No, si parla di quegli stivali che superano il ginocchio.
Quegli stivali che andavano di moda fra i moschettieri di Dumas.
Cose terrificanti, appena portabili da diciassettenni modelle efebiche, ma che indossati da porcelle stagionate come capocolli e travestite da gran dame fanno venire voglia di fuggire sulla luna.
Il cognato Osvaldo è un grande rompicoglioni.
La caratteristica essenziale del cognato Osvaldo, che non è mio cognato, è di essere un entusiasta assertore del controllo chirurgico delle nascite.
A trenta anni, il cognato Osvaldo si è operato con una vasectomia, ovvero si è fatto tagliare e legare i dotti referenti degli spermatozoi.
Ha anche convinto la sorella Annabella, che non è mia sorella, alla salpingectomia, che è la stessa cosa ma fatta alle tube.
Adesso hanno cinquanta anni.
Dicono di essere contenti.
Hanno un cane, Ulisse, o qualcosa del genere, che tengono come un figliolo.
Hanno anche un anziano padre che tengono come un cane.
Trattano il genere umano come se fosse composto esclusivamente da irresponsabili che non si prendono a cuore il problema della sovrappopolazione.
Il che mi starebbe assolutamente bene se vivessero come missionari.
Ma non è così.
Vivono per il loro cane e nonostante il loro anziano padre.
Il che mi ha sempre fatto pensare che il normale funzionamento dell’apparato riproduttivo sia un formidabile fattore di salute mentale.
Il cinema è il luogo delle giuste distanze: dal tuo vicino, dallo schermo, dalla storia, dalle immagini, e così via.
Il cinema è lo spazio di una esperienza lontana, necessariamente d’altri, di una narrazione solitaria.
I cinema sono bellissimi quando non c’è nessuno ed è possibile sedersi esattamente al centro della sala e lasciarsi avvolgere dalla storia come da una coperta.
Se in un cinema vuoto, entra un altro spettatore è una piccola delusione.
Se l’altro solitario spettatore decide di sedersi accanto al primo solitario spettatore è una tragedia.
Se il secondo solitario spettatore è di quelli che hanno bisogno di commentare, viene inevitabilmente voglia di alzarsi ed andare via.
Ma si resta.
Un pò per cortesia.
Un pò per curiosità.
Così se il film è inutilmente buonista: il tunisino brutto ma buono si innamora della maestrina italiana bella e brava finché vittima dei pregiudizi di un paese viene condannato per il suo omicidio, i commenti diventano la cosa più interessante.
Soprattutto se il secondo spettatore, una donnetta sulla cinquantina, forse non del tutto compos sui, alla scoperta del cadavere della maestrina se ne esce con un: Ben gli sta, così impara a andare con i marocchini …
Inutile dire che era tunisino e che i marocchini non sono più tunisini di quanto gli italiani non siano francesi.