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Tag Archive for: chi li ha sciolti

Il caldo fa male

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2022

Mattina, intorno delle otto, piazza della Repubblica, assoluto centro di Firenze.

Professore di mezz’età in bicicletta con giacca e cappello incrocia signora di mezz’età con gonna in bici con cestino.

Lei viene da sinistra, lui viene da destra.

Lui non dà la precedenza: non veniva da sinistra.

La signora inveisce. A lungo. In termini che immagina spiritosi e da signora. Pensa, evidentemente, che il codice della strada dovesse essere scritto da Giovanni Dalla Casa.

Lui, che finge di non essersi accorto di niente – è bravissimo in questo – pensa di avere torto: se non avesse torto, una signora non lo potrebbe sgridare. Perfino una signora come quella.

Ma non ha torto. Veniva da destra. E il galateo non ha niente a che vedere con le regole sulla circolazione.

Generalizza, allora, il suo pensiero: il suo problema è pensare di avere sempre torto con le donne. Le donne lo fanno sentire in colpa, solo alzando la voce.

Anche questa è parità di genere. Ma non basta una legge o una revisione costituzionale a risolverla.

Avventurose arringhe (Il rolex)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/07/2022

La storia è molto semplice: un tipo dorme in un albergo di lusso, doppia uso singola o qualcosa del genere, si sveglia, va a fare colazione: l’ingombrante orologio da polso lo ingombra e lo appoggia sul tavolo per leggere il giornale con maggior agio, viene colto da un bisogno che non tollera dilazioni, si precipita in bagno, ritorna al tavolo e non trova più l’orologio da polso, presenta la denuncia, vengono perquisiti tutti i dipendenti ma l’orologio non viene rintracciato.

Banale cronaca nera di piccolo e tristo cabotaggio.

Ma la storia potrebbe essere ancora più semplice: un tipo dorme in un albergo di lusso, doppia uso singola ma non troppo singola perché si accompagna a un qualche genere di partner, dopo aver soddisfatto quanto sperato per la serata, si addormenta lasciando l’orologio sul comodino, quando si sveglia non trova né l’orologio né il partner.

Quale più verosimile?

E quale può avere pensato la moglie del tipo quando ha letto la prima versione della storia sul giornale?

Da grande voglio fare il Rettore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/03/2022

Fra le tanti mutazioni che interessano l’essere umano, una delle più interessanti è osservare la trasformazione in professore dell’assistente volontario.

Esseri mitissimi che sono solito scomparire nei corridoi se non per ossequiare reverenti anche il figlio del bidello improvvisamente diventano temutissimi Ustasha.

Ancora più interessante è la mutazione del professore in rettore.

Colui che fu un essere umano e che si è mutato in Ustasha, per tutto il tempo in cui è candidato, si trasforma in una sorta di Abbé Pierre.

Ricerca tutti i colleghi, manda mail ai bidelli, si presenta come il collettore di una democrazia che nasce dall’ascolto e scrive pagine e pagine di messaggi che ripetono tutte la stessa cosa: I tempi sono difficili ma sono anche opportuni per un forte cambiamento nella continuità.

La certezza è che se dovesse diventare rettore subirebbe una ulteriore mutazione: nei fumetti, il generale degli Ustasha è un vampiro o un maestro della notte.

Ma queste sono cose che dice uno che non sarà mai candidato a rettore.

Quello che invece viene da rammentare è che uno dei candidati a rettore, in questa campagna elettorale segnata da una primavera particolarmente piacevole, uno scrittore molto prolifico di messaggi elettorali, tanti e di straordinaria lunghezza, è stato a lungo preside.

In quel periodo, una delle sue attività predilette era appostarsi dinanzi all’ingresso del Dipartimento, in prossimità dei lungarni, e inserire nelle biciclette degli studenti e dei docenti dei biglietti che invitavano all’uso delle rastrelliere, minacciando pene corporee e la scomunica.

Mi viene da chiedermi e se questo dovesse arrivare al successo nella sua candidatura?

Inizio a temere che vorrebbe fare la stessa cosa con chi fa la pipì senza la precisione dei vent’anni.

L’uomo che corre

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/08/2021

L’uomo che corre non è Lucio Bezzana, anche se questa storia gli potrebbe piacere.

E’ un tipo che si vede spesso, nei posti più improbabili e alle ore più improbabili.

Corre, corre sempre. Talvolta con i pantaloncini e la canottiera da runner, ma più da mercato rionale che da Isolotto dello Sport. Più spesso vestito di un paio di jeans sudici e di una camicia sudata. Ai piedi delle scarpe da ginnastica consumata.

La sua non è un’ultramaratona. Assomiglia a una fuga. Corre e basta. Parla con se stesso mentre corre. Dice cose senza senso a chi incontra.

Non so quante persone lo conoscono. Ma fa parte dell’asfalto cittadino come il vigile con i capelli rossi o il furgone che porta via il ferro.

In ogni caso, non fa male a nessuno.

Oggi correva verso le cinque vie. Quando è arrivato a San Felice è stato urtato da una macchina. E’ caduto e ha mandato il conducente a quel paese. La macchina si è fermata e un sessantenne aggressivo, ha preso un bastone che teneva accanto al sedile del conducente e si è avvicinato urlando

Io ti ammazzo

L’uomo che corre lo ha solo guardato. Uno sguardo di Cristo. Senza neppure alzarsi da terra.

Il tizio si è sentito nudo come uno che ha cacato il proprio buco del culo. E’ risalito in macchina ed è andato via.

L’uomo che corre si è rialzato e ha ricominciato a correre, zoppicando, claudicando. Non fugge dalle sue domande. Fugge da tutto ciò che ha dentro un uomo quando viaggia con un bastone in macchina per essere pronto a picchiare i propri simili.

Martini al mattino

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/12/2019

Mattino pisano.

Lungarno, molto vicino al Rettorato.

Bar.

Vedo il Coffey Gin di Nikka. Non riesco a non chiedere un martini cocktail.

Il mio amico chiede un succo di pomodoro condito.

Il barista confessa di non avere succo di pomodoro e chiede che cosa può portare al suo posto.

La tipa che sorseggia il caffé al banco alza lo sguardo:

Porti una cosa da ‘briachi anche a lui…

Signorina è una espressione temeraria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/07/2019

Alle sette, non manca già nessuno.
Il popolo della sala d’aspetto si è accomodato al suo posto.
All’apertura del cancello è sciamato come all’ingresso di scuola. La stessa inutile fretta. Incomprensibile perché le maestre assegnano il banco al cominciare dell’anno e così è qui dentro: il banco delle urgenze, il banco dei diabetici, il bando dei prelievi comuni e quello dei cronici.
Non c’è nessun bisogno di avere fretta, ma fa parte della stessa idea di assembramento il bisogno di passare avanti, di arrivare prima e qui il prima è mostra della propria sofferenza, della propria vecchiaia affamata di dolore. Quel dolore che fa sentire vivi perché la vita è speranza e il dolore apre il cuore alla speranza del sollievo. Chi soffre spera senza sosta di stare meglio, di riuscire a respirare senza affanno, chi ha sofferto non sta mai bene perché in quell’istante teme di tornare a stare male, sa che tornerà a stare male. Gode di questo spazio in cui può riuscire a passare avanti (sto un po’ peggio di voi) e magari a lasciare indietro chi sta peggio di lui/lei perché la sofferenza degli altri fa sempre compagnia e dà un grande sollievo, come una coperta carica di pulci per un mendicante che singhiozza di freddo.
L’ecosistema è tutto qui.
Manca solo la “signorina” dietro il banco.
Non ho idea di chi abbia avuto l’idea di definire “signorina” la cortesia più o meno sgraziata che siede davanti al computer dell’accettazione. E’ una definizione crudele.
Lo sottolinea il tipo che viene brontolato perché non si era accorto di essere chiamato, non aveva colmato lo spazio fra il suo banco e la cattedra nel tempo che gli era stato assegnato.
Accetta il rimprovero a testa bassa, ma poi alza gli occhi: “Signorina …, certo che signorina, nel suo caso, è davvero una espressione temeraria”

Salvini e Padre Pio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
07/05/2019

La non – notizia di oggi è che Salvini prega Padre Pio.

Il protettore degli studenti, dei maturandi, dei camionisti, degli spacciatori e di tutto ciò a cui Jacopo da Varagine non aveva pensato.

Salvini è un uomo intelligente e non privo di una certa disinvoltura opportunistica e la scelta di Padre Pio appare assolutamente indovinata.

Non perché Padre Pio rappresenti benissimo l’Italia della prima repubblica, quella che costruiva le autostrade e che andava a messa.

Ma perché, a Napoli, Padre Pio si mette negli angoli dove le persone altrimenti farebbero pipì e un santo pipifugo è quello di cui Salvini ha bisogno.

Quasi quanto della intelligenza elettorale di papà Verdini.

Il ricatto dei rider

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/04/2019

1971

Norma Rangeri sul Manifesto di questa mattina ha preso una posizione chiara a favore dei rider, i fattorini che portano piatti pronti dai ristoranti alle case dei loro clienti.

I rider hanno fatto notare ai clienti, ricchi e famosi ma anche piuttosto tirchi, che sanno dove abitano.

Il che suona come Voi non ci date la mancia e noi raccontiamo a tutti dove state di casa, così imparate

Per Norma Rangeri, non ci sarebbe niente di male in un fattorino che chiede la mancia e ciascuno dovrebbe sentire il dovere di remunerare spontaneamente il lavoro di chi sa non essere pagato in misura tale da poter vivere una esistenza libera e dignitosa secondo il contratto collettivo di riferimento.

Una posizione più che discutibile e molto vicina alla retribuzione compassionevole del cameriere nei paesi di lingua inglese.

La prima volta che sono stato in un albergo di lusso, il facchino mi prese la borsa malgrado le mie proteste, mi accompagnò alla camera, mi mostrò con cortesia tutto quello che dovevo sapere e, quando tirai fuori di tasca cinquemila lire, disse Questo è il mio lavoro chiudendo la porta sul mio imbarazzo.

La lotta per un contratto più giusto ed equo è ragionevole, legittima e, spesso, degna di ammirazione.

Il ricatto per la mancia è altro. E’ l’assalto dei miserabili al palazzo del re.

Dispiace leggere sul Manifesto la sua difesa ma un tempo in via Tomacelli c’era anche l’ufficio di Craxi e non solo la redazione del più puro fra i quotidiani della nazione.

Il Cicisbeo e le sedie da giardino (ambizione e tenerezza)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/04/2019

AmbizioneETenerezza

Il Cicisbeo è un personaggio. Uno di quelli che hanno bisogno di farsi ricordare. Che quando entra in un negozio deve farsi riconoscere. Che crede di essere simpatico e che la sua simpatia sia l’arroganza di chi non ha saputo invecchiare e pensa di avere un’età che permette tutto. I cinque anni dei bambini che non hanno l’intelligenza per capire che Ma che bel bambino spesso significa Se potessi, ti spedirei sulla Luna con un calcio.

Il Cicisbeo ha deciso di acquistare delle sedie da giardino. Ha deciso di farle comprare da sua moglie e di accompagnarla. La povera donna sa quello che l’aspetta. Lo ha sposato come si sposa un matrimonio maldestro come un elettrodomestico aggiustato con lo scotch e adesso entra nel negozio portandosi dietro tutte le pene di una bocca che quando si apre è un vulcano che spruzza lava di merda.

Le sedie sono belle ma costano troppo. Il Cicisbeo sa come ottenere uno sconto. Avvicina un sorriso di otturazioni perfette e dentifricio alla commessa:

Alla Metro, le pago la metà

La commessa ha abbastanza anni da avere imparato da uno sguardo alla moglie del Cicisbeo i disturbi del personaggio e, soprattutto, non è la commessa ma la proprietaria e non le frega niente di perdere un cliente risponde, secca:

Su Amazon, di meno, e soprattutto, almeno lì, nessuno la vede

Anche questa, in fondo, è tenerezza e ambizione.

O ambizione e tenerezza?

Natura morta con Governo

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/11/2018

Traballa ma non crolla

Il futuro del governo Conte sembra aggrappato a due fili assai tenui.

Da una parte, il giudizio sulla manovra da parte dell’Unione Europea e, dall’altra parte, lo strano scambio fra il decreto anticorruzione e il decreto sicurezza in cui si rivela tutta la fragilità di un governo fondato su un contratto.

Sul primo aspetto, pesa il silenzio di Savona: l’unico che non ha preso la parola in un dibattito piuttosto acceso, e il ragionevole timore che se aprisse bocca, i mercati non gradirebbero.

Sul secondo aspetto, pesano i franchi tiratori  che hanno fatto cadere la maggioranza su un emendamento significativamente presentato da un parlamentare eletto con il Movimento 5 Stelle e subito espulso perché legato alla massoneria (Catiello Vitello).

Quello che pesa di più, però, in vista delle elezioni europee, è il progressivo smarrimento del senso di diversità che ha giustificato l’erompere del M5S: l’alleanza con Salvini mostra la lenta costruzione di un partito costretto a scendere a patti con logiche di potere che non appartengono al suo patrimonio genetico.

Elezioni anticipate?

In questa situazione, per evitare una sconfitta alle elezioni europee, la strategia più razionale per il Movimento potrebbero essere le elezioni politiche anticipate, magari favorite da una nuova legge elettorale confezionata su misura per dare il governo al partito che ottiene più voti.

Il Movimento è storicamente debole nelle competizioni europee e invece forte nelle elezioni nazionali e Di Maio è troppo intelligente per non rendersi conto che una sconfitta potrebbe allontanarlo dal potere, forse per sempre: Renzi insegna che la perdita del potere logora di più della sua mancanza.

Sono questi, più o meno, i commenti della rassegna stampa di oggi e fanno venire voglia di arrivare prima possibile alla pagina del sudoku, perché il vero rompicapo non è se il governo dura o non dura, se la melliflua capacità di mediazione di Conte riuscirà a tenere insieme il Capitano e il suo isterico sodale.

Il rompicapo di oggi è il cleavage della minoranza

Il rompicapo è la sorte del Movimento perché la sua capacità di essere diverso ha dato voce a un cleavage della rappresentanza politica forte, quello di coloro che si sentono esclusi dalla tradizione liberale e che non hanno mai avuto voce principalmente perché non sanno pensare in termini politici ma pesano con bisogni che hanno la forza del dolore e dell’esclusione contro chi, invece, sa pensare e pesa con la forza del proprio pensiero anche se questa forza è esclusione e capacità di profitto.

Sembra essere questo il vero problema e, forse, guardare alla Germania, dove i verdi crescono grazie alla combinazione di solidarietà e tutela dell’ambiente, grazie alla promozione dei valori forti della cittadinanza, potrebbe aiutare.

Potrebbe essere questo l’orizzonte del partito democratico, ma la discussione fra Minniti e Zingaretti, che ieri è venuto a Pisa per dire che si candida per “paura”, non appassiona nemmeno i loro familiari, logorando una base oramai impalpabile.

Renzi ha molto correttamente commentato il voto della Camera come la certificazione del venire meno della maggioranza. Ma non ha aggiunto che perché una maggioranza scompaia occorre una minoranza capace di farla cadere e, oggi, questa minoranza, forse, può essere raggiunta in Parlamento, grazie ai franchi tiratori, ma sicuramente manca nel Paese.

C’è aria di 1924

Il futuro del Governo è apparentemente agganciato a due fili assai tenui.

Il Governo traballa ma non molla perché non esiste una minoranza che ne possa causare il crollo con la forza delle proprie idee.

Perché la minoranza non si è ancora assestata sulla nuova linea di frattura della rappresentanza politica impostata dalla Lega a 5 Stelle, continua a parlare il linguaggio della destra e della sinistra, a individuare il fronte del dialogo politico su una linea Maginot che non esiste più.

Deve invece trovare un linguaggio diverso perché capace di interpretare valori che sono diversi, i valori dell’eredità liberale e della solidarietà.

In questa situazione, il Governo può cadere solo se vuole cadere e può voler cadere perché i suoi sostenitori sanno di non avere avversari nella interpretazione dei bisogni di rappresentanza politica che sono espressi da una società profondamente divisa.

C’è aria di 1924: anche allora un movimento politico aveva capito che i cleavage della rappresentanza politica erano cambiati e seppe approfittarsi della incapacità di analisi dei propri avversari.

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