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Tag Archive for: chi li ha sciolti

Chi li ha sciolti? (Negrobus)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/10/2017
Uomo diversamente colorato che usa l'autobus

Negrobus sul 22

Il Negrobus è l’immigrato da mezzi pubblici. Una particolare categoria di extracomunitario nota a tutti i pendolari.

Con l’avvertenza che i negrobus non sono solo originari dell’Africa subsahariana. Ci sono negrobus rom, cinesi e anche italiani.

La domanda che non riesco a non pormi ha per oggetto il biglietto che tiene fra i denti.

Nasce da anni passati sul Feccia Nera, il treno che unisce Pisa a Firenze ma anche Firenze a Pisa e consente a Montelupo, Empoli, San Miniato, Santa Croce, Pontedera e Cascina di non essere ingoiati da un universo parallelo.

Sul Feccia Nera i negrobus viaggiano solitamente senza biglietto.

Quando il controllore li ferma, scendono dal treno. Aspettano il successivo e prima o poi arrivano a destinazione senza mai fermarsi alla biglietteria.

Questo ha il biglietto e lo tiene in bocca ostentamente, come un osso.

Lo fa per dire:

Sono diverso da tutti gli altri e pago il biglietto

Oppure sta lanciando una sfida:

Chi ha il coraggio di controllare il timbro su un biglietto sbavato?

Non è facile da spiegare (A proposito dei concorsi truccati)

3 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/09/2017

Concorsi Truccati

Non è facile da spiegare il problema dei concorsi truccati per l’accesso all’insegnamento universitario nel settore del diritto tributario.

Non è facile se si conoscono, per varie ragioni, molte delle persone coinvolte in questo affare e di alcune si è più che amici e si intende sostenere una tesi controcorrente.

Non fare l’inglese

L’inizio di tutto è una registrazione in cui il maestro spiega all’allievo che non potrà vincere il concorso e che, in questa situazione, per evitare la bocciatura è preferibile lasciar cadere la domanda.

L’allievo ritiene di non meritare una bocciatura, cerca di resistere, il maestro gli dice di non fare l’inglese, perché la mamma dell’allievo è inglese e lo è anche la sua cultura.

Sono cose che non si dicono e non perché non si devono dire ma anche perché non si devono fare.

Non si può dire a una persona di rinunciare a un concorso per ragioni di opportunità tattica diverse dal merito e dai valori in gioco perché non si può alterare – in un concorso – la logica del merito e dei valori in gioco.

Ritirarsi in un concorso può essere meglio che essere giudicati negativamente e se l’allievo avesse corso il rischio di essere respinto con un giudizio negativo dalla Commissione, il suo maestro lo avrebbe dovuto avvertire e consigliare di ritirarsi.

Non dicendo che era il più bravo, dicendo che altri erano più bravi e spiegando – con la necessaria autorevolezza – le ragioni per cui l’allievo correva il rischio di non essere giudicato positivamente.

In tutto questo, c’è un’avvertenza che, forse, chi ha trascritto le intercettazioni e le ha generosamente girate ai giornali ha ignorato. Nel linguaggio dell’università, non solo quella italiana, le parole non esprimono mai il significato che hanno nella vita comune. Quando ti viene detto che hai studiato e che sei una persona intelligente, ma che avevi bisogno di completare la tua preparazione, ti viene semplicemente detto che devi tornare al prossimo appello. Ma con la cortesia che ti evita di sentirti umiliato dalla bocciatura e che consente a chi ti ha interrogato di proseguire senza dover ascoltare le tue proteste.

Sicuramente non era questo il caso, ma vale la pena segnalare questa possibilità, visto che l’intercettazione è stata captata a Firenze e chi teorizzava questo modo di respingere gli studenti più pigri era il maestro dell’autore della frase incriminata, almeno secondo certe fonti orali.

L’anatomia dello scandalo

Lo scandalo è nelle parole di uno dei decani della materia: il prof. Augusto Fantozzi. Si dovrebbe creare una cupola che sia di garanzia per tutti coloro che intendono accedere alla carriera universitaria.

Qui il discorso è particolarmente complesso e rischia di essere più controcorrente di un salmone a pois.

Chi decide di fare la carriera universitaria decide di investire qualche decina di anni della sua vita su una strada che potrebbe non arrivare in nessun luogo e lo fa perché ci crede.

Ci sono due cose che deve dimostrare: di essere in grado di affrontare un problema scientifico in maniera seria e originale e di essere in grado di insegnare ai suoi studenti in maniera seria e comprensibile.

Il resto sono, onestamente, baggianate che possono essere considerate secondarie rispetto a questi due doveri.

Non si dimostra di essere degli scienziati e dei professori in pochi giorni e un concorso, probabilmente, rischia di essere illusorio, perché premia la persona che ha avuto la fortuna di trovare una traccia fortunata e non quella che ha studiato seriamente per tutta la vita ma è incappato in una giornata di febbre alta.

Dal punto di vista di un maestro, un concorso rischia di travolgere anni di lavoro e di premiare una persona che appena vinta la cattedra scompare, perché fare il professore è come fare il prete: ci si può ammazzare di fatica ma si può anche non fare nulla per tutta la vita incassando uno stipendio magro ma certo.

Per il precario che si gioca tutto con il concorso è ancora peggio. Ha investito tutta la sua energia intellettuale seguendo un maestro che gli ha consigliato degli ambiti di ricerca, ha suggerito dei metodi di analisi, ha corretto i suoi lavori via via che venivano scritti e, infine, ha fatto in modo che venissero pubblicati e, possibilmente, anche letti.

In ambito giuridico, ma il discorso vale per ogni settore non bibliometrico e forse anche per quelli bibliometrici, è facile demolire in buona fede il lavoro di un giovane. Ci sono scuole che hanno un approccio al diritto completamente diverso da quello di altre scuole. Per alcuni, il diritto costituzionale è scienza della politica e per altri è diritto processuale, per fare un esempio. Se un cultore del diritto come processo incappa in una commissione di cultori del diritto come storia politica, rischia di ricevere un giudizio negativo.

Questo giudizio negativo non riguarda il giovane studioso ma la scuola alla quale appartiene. Chi è stato indirizzato verso lo studio dal suo maestro ed è stato seguito dal suo maestro, deve anche essere tutelato dal suo maestro quando affronta le prove concorsuali.

Nessun maestro, né oggi e nemmeno ai tempi di Accursio o di Giustiniano, ha una verità vera e inoppugnabile. Ma ciascuno deve essere in grado di comprendere le ragioni degli altri e di giustificare le proprie.

Se si fa questo, non si partecipa a una cupola.

Si partecipa a una comunità scientifica, che è il mestiere di ogni docente universitario.

Non è più tempo di gentiluomini

I concorsi universitari sono da tempo oggetto di attenzione penetrante da parte della magistratura, sia di quella inquirente che di quella amministrativa, ed è giusto che dove ci sono dei fatti che integrano fattispecie di reato queste siano portate alla luce e che dove vi è un andamento delle operazioni concorsuali viziato da violazioni di legge o da eccessi di potere, questi concorsi siano annullati dal giudice amministrativo.

Vi sono delle precisazioni, però, anche in questo caso.

La prima è che se un giudizio è espresso in termini larvatamente positivi può darsi che la sua sostanza sia invece fortemente negativa. Le parole nell’accademia hanno un significato diverso da quello che hanno nel linguaggio comune e non sempre la magistratura, che non frequenta i consigli di dipartimento, è abituata a comprenderne le sfaccettature.

La seconda è che la magistratura, in questo paese, sta assumendo un ruolo sempre più dilagante, di supplenza sia del sistema politico che di quello amministrativo.

Nei concorsi universitari di un tempo era impensabile il ricorso al giudice, perché si sapeva che chi ci giudicava meritava fiducia per la sua levatura intellettuale e per le sue conoscenze del settore. I maestri erano maestri e la loro opinione meritava il massimo rispetto perché avevano davvero letto tutto e lo ricordavano anche, oltre che saperlo raccontare.

I maestri di oggi non sono più così. Sono gli epigoni di pensieri deboli, specialisti di microsettori, entomologi del diritto o, per usare un’espressione d’altri: cesellatori di cocomeri.

Se non si prova rispetto per chi ci giudica, si ricorre al giudice.

Probabilmente nelle materie giuridiche i giudici possono giudicare della preparazione dei docenti universitari e valutare se meritano di insegnare le materie che anche loro hanno studiato.

Forse il Tar del Lazio è più attendibile di una commissione del Miur per valutare l’idoneità dei professori di diritto tributario.

Ma sicuramente non di quelli di meccanica razionale e, forse, affidare anche il governo della università alla magistratura potrebbe essere pericoloso.

Povera Livorno: il Nido del Cuculo può fare qualcosa?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/09/2017

Livorno è pubblicizzata da uno splendido video della Società che gestisce gli approdi delle navi da crociere con lo scopo di attirare turisti da tutto il mondo.

Vale la pena guardarlo con cura.

Soprattutto se si conosce Livorno.

La protagonista è una ragazzina che si potrebbe chiamare Rugiada, come la storiella della tipa che scende da uno yacht su una banchina del Mediceo. Meravigliosamente leggiadra. Il rude ormeggiatore le chiede come si chiama e lei risponde Rugiada.

Boia, che culo. Se nascevi a Livorno, ti chiamavano Guazza…

Guazza vede tutte le bellezze della città.

La terrazza Mascagni che non è così. E’ accanto alle baracche dove si frigge il pesce h24, ma il puzzo di pesce fritto su Vimeo non si sente.

La teleferica per Montenero che non è così. E’ tutto alluvionato e fa ancora male al cuore andarci.

La terrazza del Grand Hotel Palazzo che non è così. Se ti giri, pare di essere a Beirut.

Il culmine si raggiunge quando Guazza si tuffa in un punto in cui la Capitaneria di Porto ha imposto il divieto di balneazione.

Ma si potrebbe continuare.

Livorno deve essere una città delle crociere?

Crea ricchezza alla città un flusso ininterrotto di turisti cheap che scendono in città per andare a Firenze, Pisa e San Gimignano.

Tutto in un giorno solo, con un ritmo da ironmen?

E’ vero che la pubblicità ingannevole e il cattivo gusto non sono reati, ma, in altri tempi, una interrogazione parlamentare ci sarebbe stata proprio bene.

Visto che la società che gestisce il traffico delle crociere è partecipata dall’Autorità Portuale e le Autorità Portuali sono pubbliche amministrazioni a tutti gli effetti.

La speranza è che i ragazzi del Nido del Cuculo lo guardino prima possibile.

Nardella e la prostituzione (Nemo auditur propriam turpitudinem alligans)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/09/2017

Si ascolta chi si approfitta della legge per esercitare un commercio immorale?

Nardella nell’affrontare la prostituzione impone qualche osservazione anche a un costituzionalista e non solo a Vladimir Luxuria.

C’è un che di stridente nell’agganciare il divieto della prostituzione alla forza di una multa che viene notificata a casa (e quindi alla moglie del colpevole) e affermare che sarebbe ragionevole riaprire le case chiuse.

Nemo auditur propriam turpitudinem alligans è un antico brocardo latino.

Significa che nessuno può essere ascoltato se il suo diritto si fonda su un presupposto moralmente inaccettabile.

Non appartiene alla tradizione romana ma a quella canonica e ha tutto il sapore della sua ipocrisia. De Cupis lo utilizza nella sua opera sul risarcimento del danno per spiegare il caso in cui l’ingiustizia del danno discende da un’attività giuridicamente lecita ma moralmente inaccettabile.

Il proprietario di un appartamento accanto al quale viene autorizzata l’apertura di una casa chiusa può chiedere al titolare del bordello di essere risarcito del deprezzamento subito dalla sua proprietà: tolerantia lupanarum non abstergit meretricibus turpitudinem.

Di nuovo, il latino canonico e non quello romano.

Nardella e la prostituzione per strada

Nardella si è scontrato, da par suo, con il mondo di questi brocardi affrontando il tema della prostituzione.

Dapprima con una ordinanza nella quale punisce chi contratta per strada con una lucciola.

L’ordinanza appartiene al genere delle ordinanze contigibili e urgenti, che sono lo strumento con cui il Sindaco può fare fronte a situazioni talmente gravi da non poter essere oggetto di alcun altro intervento, e chi disobbedisce è punito perché non ha osservato un ordine legalmente dato.

Il presupposto di questa ordinanza è la situazione di grave degrado generata dalla prostituzione e il suo obiettivo, secondo il Sindaco di Firenze, dovrebbe essere la tutela delle donne e degli uomini costretti a fare commercio del proprio corpo.

L’oggetto dell’ordinanza è la contrattazione della prestazione sessuale come scambio di piacere contro denaro inteso come immorale.

Fin qui tutto bene, forse.

Perché le ordinanze contigibili e urgenti servono per far fronte a situazioni straordinarie e di una gravità che non tollera ritardi dal momento che alterano la struttura democratica del processo normativo.

La formazione di un divieto non discende dal Parlamento e dalla rappresentanza politica ma dall’urgenza: necessitas non habet legem e, questa volta, il latino è quello romano e non quello canonico.

Indubbiamente, vi è nel commercio del corpo di una persona costretta al proprio degrado dalla crudeltà della vita qualcosa di terribile che impone un intervento pubblico.

Nardella e le case d’appuntamenti

Il problema viene dopo.

Il problema viene quando Nardella dice che si può parlare di riaprire le case chiuse perché quel divieto avrebbe un che di ipocrita e perché non si potrebbe chiudere gli occhi dinanzi a un male sostanzialmente inevitabile.

Non può essere così: se il commercio del proprio corpo è moralmente (e costituzionalmente) inaccettabile, lo è sia per strada che in appartamento e l’autorizzazione all’esercizio della prostituzione significa costringere l’ordinamento giuridico ad accettare che una persona possa cedere la propria dignità contro una somma di denaro.

Vi è una contraddizione stridente fra l’ordinanza che vieta la prostituzione per strada in via contingibile e urgente e l’apertura politica verso una tolleranza per le case chiuse.

Non si può affermare che un negozio giuridico debba essere vietato se concluso per strada e ammesso se concluso in un appartamento.

La morale in casa può essere diversa dalla morale per strada?

La morale non cambia a seconda del luogo in cui ci si trova.

Forse, però, e dispiace dirlo il problema è la ricerca del consenso che, per Nardella, in questo caso, sembra molto più importante della ricerca dei valori e della morale.

La prima ordinanza ha strizzato l’occhio al mondo di quanti sono scandalizzati dall’esercizio della prostituzione e ha scontentato quanti apprezzano il piacere sessuale nel buio di un parcheggio di periferia.

Nardella si è accorto che votano anche questi e la sua apertura politica ha cercato il loro consenso.

Gli ha detto che il sindaco è il Sindaco di tutti, anche di quelli che vanno con le signorine e non vogliono farlo sapere a casa.

In questo modo, Nardella, che qualcuno chiama cavallo – il cavallo è l’unico che resta sempre in sella – alludendo alle sue abilità tattiche, finisce per assomigliare a una lucciola impazzita.

La morale non è l’educazione che ammette comportamenti diversi a seconda delle circostanze in cui si trova: la morale discende dai valori e questi, se ci sono, non ci sono solo per strada.

Ci sono anche in casa.

Parole e significati: esistono i sinonimi divergenti?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/09/2017

Poema ferroviario

In Mosca – Petuski, Erofeev spiega che vi sono più di cinquanta sinonimi divergenti in russo per definire l’ubriachezza.

Più di cinquanta modi di essere ubriachi, a ciascuno dei quali corrisponde una esatta parola.

Lo stesso vale per Neve, in finlandese, secondo il Wagner di Luna di ghiaccio e per la parola Pietra in croato, secondo Radio 3.

Queste parole fissano un concetto talmente essenziale per quella cultura da riflettersi in diverse sfumature che a loro volta diventano concetti e perciò lemmi.

Non sono propriamente sinonimi, parole che hanno lo stesso significato di altre parole di cui possono prendere il posto per evitare ripetizioni, ma sinonimi divergenti: parole che ricordano uno stesso significato di altre parole e lo individuano con una diversa sfumatura.

Il contrario delle parole che possono avere più significati diversi e che affaticano i vocabolari di latino e greco del ginnasio, quando la fatica del tradurre era cercare di individuare un significato all’interno di un contesto in cui tutto poteva voler dire altro ed era semplice perdersi.

Mi sono interrogato a lungo sulla parola che può avere un così grande numero di sinonimi in italiano: la mia ignoranza mi ha impedito di svolgere la stessa indagine in lingue diverse.

In effetti, l’idea di ubriachezza identifica la cultura russa, come l’idea di amore è centrale nella Grecia classica, la neve individua una parte dell’anima del nord finlandese e la schiavitù della pietra è caratteristica del ruolo della Croazia nell’economia Ottomana.

Dopo tre o quattro notti insonni, sono arrivato alla conclusione che l’unica parola italiana con un così elevato numero di sinonimi divergenti si trovi esattamente al centro delle donne.

Il che dice molto della nostra cultura e, forse, anche di un Parlamento che invece di parlare di riforme elettorali si perde nelle discussioni sui vitalizi dei suoi membri, scambiando la Luna con il dito ma senza perdere il vero senso delle dita per il nostro vocabolario.

Esecrabile: quello che non vorrei avere pensato

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/08/2017

Due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, si appartano su una spiaggia di una nota località balneare.

Di notte.

Vengono trovati da un gruppo di ragazzi meno fortunati di loro e più forti di loro.

Il ragazzo viene picchiato come un animale e lasciato per morte.

La ragazza viene violentata e buttata in mare.

Il gruppo di ragazzi fugge e continua la sua notte di violenza con un lavoratore del sesso che esercita ai margini di una strada.

Di tutto questo, ciò che è esecrabile non è solo la bestiale violenza del branco che si muoveva la notte di qualche giorno fa in quella località balneare.

La violenza ha sempre delle giustificazioni, sociali, economiche, culturali.

Un uomo diventa un animale perché è un animale e basta poco a farglielo ricordare.

Ciò che è esecrabile sono io.

Io che ho pensato che se due ragazzi si appartano al buio su una spiaggia di notte, può succedere di tutto.

Come se vivessimo in un fumetto di Dylan Dog che passa a trovare Dampyr.

Questo è esecrabile e davvero inaccettabile.

Nessuno può pensare che non si può vivere un chiar di luna sul mare perché è normale che ci siano degli licantropi che si aggirano di notte.

Né a Rimini, né a Saint Tropez, e nemmeno a Dover.

 

Chi li ha sciolti? (Crucci Katia o Catia, comunque Hatia)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/05/2017
Dal concessionario in attesa del tagliando. 
Buongiorno. Sono Crucci Katia. Sono la prima e devo essere servita….
Nessun problema, Signora. Dica 
Questo il solerte tipo dell’accettazione (il Solerte). Per parte mia, faccio finta di nulla come se fossi davvero l’ultimo. È talmente sudata nel suo abitino beige di cellulite e bigodini che non essere cavaliere sarebbe masochismo: se si alza, si rimette le scarpe e i suoi piedi fanno recere.
Ascolto fuori dall’acquario, in cui il Solerte riceve i clienti. Con quest’aria di clinica privata che fa un po’ Sassaroli e un po’ Fanfani Analytics.
Senta giovane. Ho comprato questa macchina. Bellissima. L’ho aspettata due secoli e l’ho pagata mill’anni. Ma lo sa che ai semafori si spegne? E gli pare una città seria?
Il Solerte fa gli occhi da Padre Pio e spiega lo start and go come se fosse la più grande novità della meccanica e anche lui lo avesse appena scoperto. 
Ma non è santo abbastanza e soprattutto non è per niente beato sicché lei capisce di avere fatto la figura della carampana. Capisce di essere una carampana e sorridendo più triste di un fado si alza e va a riprendere la macchina in officina. 
La guardo. Senza sorridere. Come si fissa un punto in controluce sul viale del tramonto. 

Renzi a Cavriglia è Arezzo news

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26/04/2017

La rassegna stampa locale dà atto dell’intervento di Renzi a Cavriglia.

Un intervento di interesse costituzionale perché riafferma la necessità di modificare la Costituzione malgrado l’esito del referendum del 4 dicembre.

Lo cerco febbrilmente nel fascio di giornali nazionali del mattino.

Non lo trovo.

La vera notizia di oggi è che Renzi fa parlare solo Arezzo News e poco più.

Che la riforma della Costituzione, le primarie del principale partito del Paese, la ricerca di una formula politica in grado di governare le tensioni religiose alla base del terrorismo sono la cronaca di Arezzo della Nazione.

Non è un buco dei principali giornali.

E’ la fotografia dello stato del paese.

Tutti a letto è tardi e non c’è nulla da vedere in TV

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05/12/2016

Il seguito del referendum è il sonno della Repubblica?

Italian Prime Minister Matteo Renzi, partecipates at the gathering of Scout "Agesci Route Nazionale 2014" in San Rossore, near Pisa, Italy, 10 August 2014. ANSA/FRANCO SILVI

Il premier, poco dopo la mezzanotte, è entrato nelle case degli italiani che seguivano la notte del referendum e ha mandato tutti a dormire.

Ha perso con un secco 3 a 2, che nel calcio è una bella partita mentre in politica è un incolmabile 60:40 e lo ha ammesso con le lacrime sotto la pelle.

Come un capo scout che sta lasciando l’unità che ha guidato facendo del proprio meglio.

Con quelle stesse lacrime sotto pelle che qualsiasi capo scout ricorda dalla sua ultima gita dei passaggi, quando nel racconto dei Cani Rossi Akela muore per davvero.

Il premier ha salutato indicando ai leader del variegato fronte del No l’agenda politica dei prossimi mesi: la legge di stabilità e una riforma elettorale che consenta alla democrazia italiana di lavorare correttamente a partire dalla diciottesima Legislatura.

Il saluto del Presidente del Consiglio dei ministri agli italiani è stato simbolicamente anticipato alla mezzanotte, quando gli exit poll erano stabili ma i risultati elettorali non ancora.

La mezzanotte è l’ora in cui si va a letto e si dà la buona notte ai propri figlioli.

La sconfitta al referendum è una buona notte.

E’ l’addio di una idea di democrazia basata sull’efficienza decisionale e sulla trasparenza dei circuiti di controllo che la riforma introduceva.

Soprattutto è la [buona] notte di una repubblica che preferisce rinnovarsi attraverso le tattiche elettorali.

Domani, che è oggi, non parliamo più di come potrebbe essere riformato il circuito dell’indirizzo politico di maggioranza, di come potrebbe essere avvicinato ai cittadini.

Riprendiamo da dove ci eravamo fermati nel 2006: da una legge elettorale.

La legge elettorale trasforma i voti in seggi.

La riforma della Costituzione spiega a cosa servono i seggi.

La prima senza la seconda è solo tattica, senza strategia.

Ma è quello che abbiamo voluto per i nostri figli: molto poco per paura di tutto.

Il referendum costituzionale e il Buontalenti di Badiani

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/11/2016

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Badiani è una gelateria e non ha niente a che fare con il referendum costituzionale.

Il suo Buontalenti è uno dei gelati più buoni di Firenze, anche se i suoi commessi non sono simpatici quanto questa crema, anzi, e non sono poche le persone che lo evitano per questa ragione.

Una delle tappe del mio roadshow sul contenuto del referendum costituzionale è passata vicina a Badiani: l’alto magistrato in pensione che sosteneva le ragioni del No dal punto di vista di Magistratura Democratica ha spiegato che la riforma non si poteva votare.

Di più, non si doveva nemmeno perdere tempo a leggerla.

Difatti, la riforma costituzionale deve essere rigettata perché proviene dal Governo e il Governo non potrebbe presentare un progetto di riforma della Costituzione.

E’ la solita citazione di Calamandrei, slegata dal contesto, che era l’inizio della discussione in aula sul progetto di costituzione varato dalla Commissione dei 75, quando l’assenza del governo si giustificava perché l’assemblea costituente non discuteva su di una proposta del governo ma su di un testo elaborato da una commissione appositamente costituita.

Ci si scorda però che quel governo aveva un ministero per la costituente e la commissione dei 75 aveva iniziato i suoi lavori su una serie di proposte elaborate dalle commissioni Forti, che erano commissioni governative.

In secondo luogo, la riforma costituzionale deve essere rigettata perché è stata votata da un Parlamento eletto in base a un sistema elettorale successivamente dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale.

Sono due argomenti che sul piano costituzionale non dicono nulla: nessuna disposizione della Costituzione vieta l’iniziativa legislativa al Governo in materia costituzionale e la sentenza della Corte 1/2014 che ha dichiarato incostituzionale il sistema elettorale ha precisato che non vi sono effetti di alcun tipo per il Parlamento eletto in base a quelle norme.

Sono argomenti che assomigliano molto al non assaggiare il Buontalenti di Badiani perché i commessi sono antipatici.

Ovviamente non è così: vale la pena assaggiare il Buontalenti di Badiani, perché è buono, e vale la pena interrogarsi sul merito della riforma costituzionale perché potrebbe essere molto meglio delle sue critiche.

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