08/08/2024
Il tema caldo di un agosto particolarmente caldo dovrebbero essere le meduse che infestano il mar Ligure e che impediscono di fare il bagno ai villeggianti di Forte dei Marmi e invece è la ricandidatura di Eugenio Giani come governatore della Regione Toscana.
Lo ha fatto intendere con una certa crudeltà il segretario regionale del Partito Democratico, Fossi, dapprima sul Corriere Fiorentino e poi in una intervista di Domenico Guarino su Controradio: la candidatura non deve riguardare una persona ma un programma per la Toscana del futuro e questo programma deve essere elaborato con i movimenti politici che hanno in comune una precisa scelta di campo: il campo largo della Schlein.
Fossi ha anche elencato questi movimenti: il partito democratico, ovvero la istituzionalizzazione inconsapevole delle convergenze parallele fra quello che resta del partito comunista e quello che non si è decomposto della democrazia cristiana; il movimento cinque stelle, quello di Conte; AVS, la strana combriccola di coloro che hanno votato democrazia proletaria quando avevano l’età e non sono voluti crescere; Più Europa, i nostalgici del partito di azione e i sopravvissuti alla personalità di Pannella.
Significativamente non ha indicato Renzi che, però, fa parte della maggioranza di Giani, al contrario dei cinque stelle.
La situazione è ben rappresentata dalle immagini con cui il Corriere Fiorentino ha voluto commentare le esternazioni di Fossi (Giani fa parte di un cleavage, il circolo dei canottieri, che riunisce esemplificando l’elettorato di Renzi) e la replica di Giani (se vuoi restare, Giani deve percorrere le piste tracciate da Sara_Sarà).
Il campo contro è rappresentato, ovviamente, da questa destra che vince e sa vincere perché ha una leader che dice qualcosa, che sa parlare alle persone, non solo al loro stomaco, come è troppo facile dire, ma, sembra di poter dire, anche da Renzi, avvertito come pericoloso da una sinistra che ne avverte il potenziale egemonico e ne teme l’intelligenza manovriera.
Giani è troppo intelligente per non sapere che la sua sopravvivenza politica dipende da queste manovre e che queste manovre, a loro volta, non dipendono da lui.
Ma tutto questo, dal punto di vista di un elettore preoccupato, è pressoché incomprensibile.
Per questo elettore, quello che dovrebbe contare è la Toscana del futuro, il progetto intorno al quale Fossi vorrebbe costruire il campo largo in vista delle prossime elezioni regionali e che non sembra molto diverso da Firenze plurale: tanti progetti, la FI_PI_LI, la Darsena Europa, l’innovazione intorno ai quali costruire un programma.
C’è qualcosa di stonato in questo modo di costruire le alleanze, di stonato e, nello stesso tempo, di autoaccusatorio: la Toscana del futuro di Fossi non è molto diversa dall’Italia del discorso di Stradella di Depretis. In entrambi i casi, non contano le idee, conta il trovarsi d’accordo su singoli progetti di infrastrutture, allora erano le ferrovie, oggi sono le vie di grandi comunicazione, ma non cambia niente. Il trasformismo di Depretis ha logorato la sinistra storica consentendo la nascita prima di un partito socialista forte e dopo di un movimento antagonista egemone di destra.
Ma questa lezione non viene imparata: la sinistra se vuole vincere deve tornare alle sue radici e chiedersi quali sono.
Se ha ancora un senso credere che la diseguaglianza ha un valore solo se determina un vantaggio per i meno fortunati, allora, non ha senso fissarsi sulla Toscana del futuro. La Toscana del futuro è quella che crede in questo ideale, non che lo annacqua nel campo largo.