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Tag Archive for: chiosco degli sportivi

Il giorno dopo del giorno prima

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/10/2018

Il giorno dopo del giorno prima è una trattoria livornese.

La più tradizionale delle trattorie livornesi in cui gli unici turisti che sono arrivati, reduci di una crociera alla maniera di zek in “fuga di convalescenza” nella Kolyma di Salomov, probabilmente sono finiti nel cacciucco del giorno dopo.

Il tavolo degli intellettuali, praticamente una buca delle orate con i più fini cesellatori di triglie che la natura labronica abbia saputo produrre (con il deretano), si interroga a voce alta.

Uno dei suoi animatori (culturali) si produce nel noto: Bisogna pagare bene perché chi paga bene sa cosa paga e chi sa cosa paga conosce quello che compra. In Thailandia, si paga bene… A Cuba si paga bene…

Qui non ci sono né professori universitari che parlano del futuro dell’uomo occidentale né architetti d’affari che parlano di lottizzazioni. Ma un bel po’ di puzzo l’uomo lo fa anche qui.

Salvini e Matterella: incontri al Quirinale

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/07/2018

1 – Oggi Salvini, ministro dell’interno, vice premier e segretario della Lega, incontra Mattarella, il Capo dello Stato.

Salvini ha chiesto di incontrare Mattarella per parlare di una sentenza che conferma un sequestro di 49MlnEuro sui conti del suo partito. La magistratura non farebbe sempre il suo dovere e compito del Capo dello Stato sarebbe assicurare l’indipendenza della magistratura, l’applicazione della legge in maniera esattamente uniforme e imparziale nei confronti di qualsiasi cittadino.

Mattarella ha accettato l’incontro per parlare con Salvini di quanto il ministro dell’interno sta facendo e quindi dell’indirizzo politico del governo, particolarmente in materia di immigrazione clandestina. Read more →

Meglio Palaia: la grande batosta elettorale di Renzi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/06/2018

1 – Chi incontra Renzi per strada e sul Ponte Vecchio, gli dice Meglio Palaia.

Meglio Palaia si dice quando non si può fare peggio: Palaia fu distrutta dalle truppe di Carlo V in una maniera così crudele che quando qualcuno si lamentava per le angherie subite, gli si faceva osservare che a Palaia non sarebbe stato meglio.

La grande batosta elettorale del Partito democratico è evidente.

Come a Palaia, peggio non si poteva fare: ha perso tre roccaforti molto significative sul piano identitario: Pisa, Massa e Siena.

La città in cui è nato il sessantotto italiano, la città del Monte dei Paschi e la città delle lotte anarchiche e libertarie.

Il partito democratico non riesce più a parlare al suo popolo ma non ci si può dimenticare che solo quattro anni fa, aveva trovato un leader che aveva conquistato più del quaranta per cento dei suffragi e che sapeva parlare non solo al suo popolo, sapeva parlare anche al centro e trovare i voti della maggioranza degli elettori.

Lo faceva con una narrazione forte e convincente: Rottamiamoli tutti.

E’ evidente anche la batosta elettorale del M5S, anche se ha vinto quasi tutti i ballottaggi cui ha partecipato ma non è quasi mai arrivato al ballottaggio e talvolta non è neppure riuscito a selezionare i candidati per partecipare alle elezioni.

Salvini ha vinto, ma potrebbe essere meno immortale delle sue felpe e scomparire presto, come è successo a Renzi. Read more →

Il negozio politico (A proposito di Torino – Lione, Ilva e tassa di soggiorno)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/05/2018

1 – Il negozio politico è l’accordo di coalizione. Il negozio politico, come il negozio giuridico, ha bisogno di una causa per poter essere considerato lecito.

La causa del negozio politico dovrebbe essere la giustizia sociale, se manca la giustizia sociale, il negozio politico diventa il luogo di scambio di clientele basate su interessi particolari.

Praticamente, la bottega dei souvenir di Ho Chi Minh. Read more →

Siamo di uno stesso sangue, fratellino, tu ed io

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/04/2018

Luigi Di Maio, in occasione della conferenza stampa “I say no to save Italy’s future” indetta dal M5s sul referendum del 4 dicembre, Roma, 17 ottobre 2016.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Siamo di uno stesso sangue, fratellino, tu ed io è la parola maestra di Chil e racconta dell’amicizia fra un bambino e gli animali della Giungla in quel Pinocchio colonialista cui lo scoutismo ha collegato un metodo educativo.

Significa che un essere umano può essere accolto da un serpente altrimenti terribile come se fossero della stessa razza e che lo stesso può accadere con i lupi e le pantere ma non con le scimmie e i cani rossi.

Si può essere amici di chi è diverso da noi ma riconosce la superiorità della legge.

Non si può essere amici di chi non si sottomette alla legge e perciò deve essere sterminato. Read more →

Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/04/2018

Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide potrebbe essere stato il modo con cui Iacoboni avrebbe potuto evitare le polemiche che invece si sono scatenate quando il giornalista – non accreditato – non è stato ammesso a partecipare ai lavori del convegno organizzato da Casaleggio per discutere di politica con un respiro più ampio rispetto agli eventi di questi giorni.

Non lo ha fatto e non è stato ammesso a partecipare ai lavori: chi chiede di essere ammesso in un luogo privato aperto al pubblico deve dimostrare di essere in possesso del titolo di ammissione.

Detto così sarebbe molto semplice.

In realtà, però, dietro all’esclusione di Iacoboni dai lavori di un convegno in cui un soggetto pubblico, anche se non esplicitamente politico, si preoccupa dei valori che devono essere perseguiti per costruire un futuro condiviso, è di per sé preoccupante perché nasconde il desiderio di scegliere chi ci racconta.

Scegliere chi ci racconta, però, non parla di un free market of ideas, secondo la felice espressione di John Stuart Mill, ma ricorda piuttosto il meraviglioso Aspettando il voto delle bestie selvagge di Kourouma.

Detto così è un po’ più complicato ma ancora abbastanza semplice.

In verità, tuttavia, i giornalisti non sempre rispettano la verità e qualche volta nemmeno la verosimiglianza. Non è sempre facile ottenere la pubblicazione di una notizia o l’ascolto dei lettori. Nemmeno è facile che quello che si vorrebbe dire sia tradotto in maniera imparziale.

Il ruolo del giornalista dovrebbe essere la mediazione fra la complessità di un racconto e l’interesse dell’opinione pubblica a farsi un’idea, talvolta però la nobiltà di questo compito degrada verso il mestiere del promotore di un determinato interesse o di una determinata visione della realtà.

Detto così è definitivamente complicato, un rebus irrisolvibile se non si tiene conto che chi sta raccontando al paese una visione del mondo per ottenerne il consenso, non può negare a nessuno di dire la sua su questa visione del mondo. Ma anche che i giornalisti appartengono a un albo e sarebbe molto bello se questo albo si facesse effettivamente carico del decoro della professione.

Gli albi, però, sono troppo spesso alibi.

#consultazioni2018: oggi, mi sento un po’ monarchico

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/04/2018

Ho sempre passato il 2 giugno 1946 con una certezza: se ci fossi stato, avrei votato per la repubblica e non per la monarchia.

Oggi, sono meno certo di ieri e lo sono guardando il valzer delle #consultazioni2018, sfogliando i giornali e pensando alla persona incaricata di trovare una soluzione a questo rebus.

Il capo dello Stato enigmistico (Matterella ha l’aria di uno che si fa mettere la Settimana Enigmistica fra il Sole 24 Ore e il  Corriere della Sera dal giornalaio) è incaricato di trovare una possibile soluzione di governo, tenendo conto che:

(i) la soluzione più ragionevole nel caso di due partiti vittoriosi (un partito e una coalizione, in realtà, ma in realtà il partito è un movimento e la realtà non fa parte della Settimana Enigmistica) è una diarchia, il modello Craxi – De Mita che ha segnato la fine della Prima Repubblica;

(ii) la soluzione più ragionevole nel caso di due partiti vittoriosi e di una società in crisi è un governo di solidarietà nazionale, in cui ciascun partito riconosce la necessità di ripartire dalla Costituzione, dal riconoscimento reciproco che è necessario attuare la Costituzione: il modello Moro che ha cercato di comprendere le ragioni profonde di una lunga transizione;

(iii) il contratto alla tedesca come la ricerca di un forno più caldo fra quelli disponibili non sembrano ipotesi serie, ma tatticismi di una strategia che pensa a nuove elezioni;

(iv) è difficile che possa accadere qualcosa prima del 10 aprile, quando il DEF dovrà essere presentato alle Camere e se ci fosse un nuovo governo, questo si dovrebbe assumere la responsabilità di scelte non necessariamente coerenti con il proprio programma di governo;

(v) il 29 aprile, ci sono le elezioni regionali in Molise e in Friuli Venezia Giulia, che daranno dei consigli oggettivi misurando di nuovo la temperatura dell’elettorato a pochi mesi dal terremoto elettorale del 4 marzo.

Tutti questi temi compongono un puzzle che il capo dello Stato deve risolvere, ma il capo dello Stato, il supremo reggitore dello stato di crisi, interviene dall’alto della sua esperienza (e della sua storia) di uomo politico e con la legittimazione che gli deriva da un’elezione politica.

In questi momenti, mi viene da chiedere ma se il capo dello Stato fosse un re, educato a fare il re, lontano dagli affanni della politica perché al di sopra delle parti per diritto ereditario, Di Maio avrebbe la stessa faccia dell’omino in lebole che si reca dal capo ufficio, Salvini porterebbe la giacca sulla spalla come il rappresentante della Martini & Rossi che va in discoteca, Berlusconi si farebbe attorniare da due tailleur come un avvocato che riceve i clienti circondato dalle segretarie, la delegazione del PD arriverebbe a piedi con un’aria fra il mezzogiorno di fuoco e la gita al camposanto?

Forse no.

Il bello delle monarchie è che sembrano una cosa seria anche a chi non ci crede e mettono tutti a posto con la forza della tradizione.

Ma, mi dico, alla fine di questa riflessione, la nostra era una monarchia stanca, che aveva poco a che fare con il Conte Verde e parecchio con un Principe di Maggio, e un Vittorio Emanuele di Savoia assai difficilmente saprebbe fare meglio di Mattarella nelle #consultazioni2018, a meno che Salvini o Di Maio provino a salire sulla sua barca.

Consultazioni: Sergio Mattarella dal punto di vista di Antonio da Mestre

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/04/2018

Le consultazioni iniziano oggi e la situazione politica è talmente complessa che molti italiani, come Antonio da Mestre e Alvaro da Pisa, vorrebbero essere al posto di Mattarella.

Per la prima volta, da molti anni, le consultazioni per la formazione del governo sono al centro delle discussioni nei bar della penisola e i vari Gigi da Palermo danno consigli all’allenatore, come se si trattasse della nazionale ai tempi di Ezio Sella.

Le tesi di fondo che si contrappongono sono due.

La tesi pentastellata: il partito che ha ottenuto più voti ha diritto di formare il governo perché ha ottenuto più voti.

La tesi leghista: la coalizione che ha ottenuto più voti ha diritto di formare il governo perché ha ottenuto più voti.

La prima non tiene conto del fatto che il Movimento 5 Stelle non può essere considerato un partito politico, perché manca di una ideologia. Se manca una ideologia è difficile dire di avere preso più voti degli altri partiti, perché è difficile capire cosa hanno votato i cittadini che lo hanno votato.

Il Movimento deve sciogliere non pochi nodi al proprio interno per poter dire di avere conquistato la maggioranza dei voti, perché allo stato è articolato come la Democrazia Cristiana degli anni sessanta.

La seconda non tiene conto del fatto che una coalizione ha senso quando è in gioco un premio di maggioranza che garantisce la governabilità. Senza questo premio di maggioranza non significa nulla. Sono tre partiti che contano per i voti che hanno conquistato e soprattutto per i seggi che gli sono stati distintamente assegnati.

Nel sistema che si è venuto a creare con la Terza Repubblica, le consultazioni devono fare a meno dei partiti politici e delle ideologie sottostanti.

Ma se è così, il Capo dello Stato si trova davanti a un compito davvero complesso, perché non deve negoziare con delle piattaforme ideali ma con delle persone reali, con i loro vizi e le loro caratteristiche.

Un compito nel quale i vari Mimmo da Macerata e Carlo di Aosta fanno quello che fanno tutti gli atleti da bar: applaudono se stessi se la loro squadra vince seguendo il canone Io lo avevo detto e infamano l’allenatore se perde, senza cambiare assolutamente canone.

Chi li ha sciolti? Gino e il Sor Luigi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/03/2018

Firenze, due persone che si possono trovare dappertutto ma che in fiorentino danno il meglio di se stesse, anche perché riescono a parlarlo ancora come se fosse un dialetto.

Il barbiere Gino, affacciato su una piazza remota del centro, immobile dagli anni trenta, gli stendardi della Fiorentina e gli immancabili diplomi di improbabili accademie.

Il Sor Luigi, un pezzo dell’arredamento, come la sedia girevole, entra, senza nemmeno sfilare il mezzo toscano mezzo acceso dall’angolo della bocca, apre il giornale, legge i titoli, allunga un paio di madonne, come se fosse Ognissanti invece che Venerdì Santo.

Ha trovato un posto per la bicicletta, nel garage della Stazione.

Il barbiere, con la sapienza di chi ha visto tutto senza guardare nulla, dice Ah si, lo gestisce un negro.

Il Sor Luigi, con l’ignoranza di chi ha guardato tutto senza vedere nulla, risponde: Quasi: un handicappato.

Brufoli (Brutta come la strega nocciola)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/10/2017

E’ brutta.

Oggettivamente brutta.

Brutta come può essere brutta un’adolescente, dove essere brutta non è solo una questione estetica, è anche accettare l’inaccettabile. Il dolore di non essere all’altezza dei propri desideri. Di essere brufoli e un naso enorme, quando si vorrebbe avere una pelle di seta e un nasino alla francese.

Siccome è brutta è anche antipatica e siccome è antipatica non è difficile prenderla in giro.

Nessuno sa chi le ha dato il soprannome di Lesbo_Scoppola, perché le brutte si chiamano per cognome e anche se non si chiama Scoppola le starebbe benissimo.

Nessuno sa chi le ha rubato le scarpe nuove dallo spogliatoio della palestra mentre faceva ginnastica con le altre ragazze.

E nessuno sa chi ha risposto “Prova a darla” quando ha chiesto un euro perché aveva fame e voleva comprare una schiacciatina all’uscita di scuola.

Ma tutti sappiamo che quello che i giornalisti chiamano bullismo è la crudele invenzione dei brufoli da parte di un dio che non sapeva come fare a togliere le fiabe dall’anima della più bella fra le sue creazioni.

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