22/05/2014
Il Fatto Quotidiano, dopo il comizio di Grillo in piazza Ss. Annunziata, a Firenze, la città di Renzi e in cui Nardella mira a una vittoria al primo turno caratterizzata dalla continuità di indirizzo politico – amministrativo con l’attuale Presidente del Consiglio, alle otto era già esaurito in edicola.
Difficile non trarne le conseguenze. C’è una larga fetta di città che non si riconosce nel Più di prima di Nardella e che vuole tirare un calcio alla continuità con Renzi, che non pensa più che Renzi sia un innovatore della politica, ma lo identifica nella cerchia dei poteri più o meno forti che governano la città dai tempi di Bogianckino e ancora da prima.
Renzi non ne tira le conseguenze nel momento in cui sottolinea che le elezioni europee e le elezioni amministrative non sono elezioni politiche, perché non è vero che quando la gente va a votare pensa al seggio che sta eleggendo ed esprime una preferenza diversa a seconda della qualità di rappresentanza che sta contribuendo a eleggere nella piramide della democrazia. E’ vero esattamente il contrario: nel momento in cui si vota si esprime la propria idea di governo (nel senso più atecnico possibile) che quel preciso momento storico e temporale ci ispira, una idea che è valida solo per quell’istante ma che in quell’istante è tremendamente valida e assoluta nella sua purezza.
Nello stesso tempo, quando il Presidente della Repubblica per effetto del terremoto elettorale che ha travolto la legittimazione del Parlamento non è libero di sciogliere le Camere, questa idea è ancora più valida, perché le preferenze che saranno espresse nella tornata europea e amministrativa non sono incostituzionali, al contrario della rappresentanza che le ultime elezioni politiche hanno sortito.
Il vero punto è che lo slogan di questi giorni, quello che parla agli stomachi dei sanculotti, non è Più di prima, ma è Mai più come prima, e questo slogan non riesce a essere intercettato dalle sinistre e dalle destre “storiche”. E’ uno slogan fatto per il populismo più o meno elegantemente interpretato dai capelli di Grillo o dalle cravatte regimental di Farage.
E l’idea che questo populismo, se vincesse, lascerà dietro di sé solo macerie non è molto convincente per chi nelle macerie è abituato a vivere da tempo e pensa che sia giusto che anche gli altri, i politici che vanno in prigione su una BMW X6 o gli industriali che parlano ai giovani dell’importanza di avere fame e curiosità appoggiati su scarpe fatte su misura, debbano cominciare a fare i conti con la rovina delle case in cui vivono.
Si tratta di impostare una nuova sfida convincendo le pance che stanno sugli spalti della convenzione che il terrore non è auspicabile, che le libertà sono inviolabili, prima di tutto le loro, che esiste una democrazia capace di essere forte della propria mitezza.
Ma, in questi tempi, ci vuole davvero coraggio per essere moderati, e dispiace che questa frase di Fouque sia oggi ricordata da Maurizio Lupi.